MARIO BONANNO - “FENOMENOLOGIA DELL’ALTRO
BATTIATO”
COMPAGNIA NUOVE INDYE
Mi capita spesso di descrivere i
progetti letterari di Mario Bonanno,
specializzato nella perlustrazione dei sentieri che conducono alla canzone d’autore
e a chi ha contribuito alla sua creazione e divulgazione.
Oggi tocca a “Fenomenologia dell’altro Battiato”.
Il pericolo per chi commenta, avendo
in comune con lo scrittore passioni e “materia” trattata, è l’eccessiva
personalizzazione, mentre sarebbe opportuno fare opera di sintesi e trovare
elementi salienti in grado di incuriosire il potenziale lettore, dando risalto
all’opera di ricerca o più semplicemente alla bellezza estetica del contenuto.
Dipende dal contesto, non conosco una regola ferrea e indiscutibile.
Certo è che scrivere di Franco
Battiato, “l’altro” Battiato, mi riporta alla mente aneddoti fondamentali
della mia vita, uno in particolare che ho più volte esposto parlandone tra
amici e che, a mio giudizio, rafforza l’immagine che Bonanno realizza e quindi
non posso esimermi dal dare il mio piccolo contributo - anche fotografico -
certo di restare in tema, giacché l’artista analizzato nel periodo dei “seventies”
occupa grande spazio nella mente dello scrittore.
Dirò di più. A chi ha avuto l'opportunità di vedere l’ultimo
Battiato - quello da teatro nobile, da orchestra sinfonica, dal profumo aulico, quello
seduto per gran parte di concerto su di un tappeto rosso (il mio riferimento è
la performance del Carlo Felice di Genova, 13 febbraio 2013) - non sarà
sfuggito l’attimo liberatorio palese per gran parte del pubblico (non sono
certo per Franco!), in cui esplodeva la voglia di passato, un percorso che
dagli anni ’70 arrivava al decennio successivo, piccolo spazio temporale capace
di racchiudere molteplici vite musicali.
Ma, come anticipato, sono spinto a
tornare ancora indietro, ai miei diciotto anni appena compiuti.
Luglio 1974. Partecipo ad un festival
di due giorni in pieno stile Woodstock, uno di quei momenti comuni all’epoca,
come spiega l’autore a più riprese.
Ci si aggira nel campo tra le band:
Circus 2000, Il Balletto di Bronzo, Alan Sorrenti…
Due giornate dure per me, e tiro un sospiro
di sollievo quando al calar del sipario della manifestazione arrivano i miei genitori
per riportarmi a casa.
È quello il momento in cui un artista
di cui conoscevo solo il nome attraverso le pagine di Ciao 2001 - Battiato appunto
- chiude la kermesse.
Mentre imbocco il sentiero del ritorno
gli passo accanto e percepisco qualcosa di inascoltabile, per me, in quel
momento della mia esistenza.
“Rumori” impossibili, sonorità distorte, atmosfere da fantascienza, mentre il Battiato antico resta chinato sul suo attrezzo del mestiere e non si cura di cosa accade attorno a lui.
Mi aggancio al book riprendendone alcuni tratti:
“Il sintetizzatore aveva un nome
da film di fantascienza, VCS 3. Franco Battiato se ne era portato uno dall’Inghilterra.
All’inizio della sua fase sperimentale ne era come posseduto, ne dipendeva al
punto da farne uso smodato, come si dice. Non c’era raduno pop che non lo
vedesse all’opera - da solo o in gruppo - con i suoi suoni pre-mistici e ultra-sintetici.
Duravano minuti. Diversi minuti a insistere, talvolta su una nota sola.
Tra il pubblico dei concerti di Battiato, c’era chi gli lanciava contro i canonici pomodori e c’era chi invece si sforzava di capire, di coglierne il messaggio dietro la provocazione. A conti fatti nessuno avrebbe però immaginato l’escalation di cui quel giovane capelluto dall’aria impassibile e il look vagamente beat, si sarebbe reso protagonista di lì a poco, diventando il re-mida della pop music made in Italy, ma nessuno ancora ci avrebbe scommesso una lira”.
Mario Bonanno ci racconta Franco
Battiato attraverso alcune significative interviste che lo vedono protagonista
(partendo da quella di Gianni Minà del 1997 sino ad arrivare a quella realizzata
in proprio nel 2002), che si allargano nelle direzioni di alcuni collaboratori -
Filippo Destrieri, Gianfranco D’Adda - con l’analisi di alcuni testi
significativi e di album specifici e uno spazio conclusivo dedicato alla
discografia/bibliografia/filmografia, nonché una playlist di Spotify ascoltabile
scansionando il QRCode presente.
Ho trovato il libro un arricchimento
personale, anche se l’immagine globale che fuoriesce è quella che avevo già sviluppato
e consolidato nel tempo.
Ma la ricerca di Bonanno percorre
strade solitamente poco battute, attraverso un modus tipico dell’autore, che
privilegia intersecare storie e oggettività agli accadimenti generazionali,
indagando i fenomeni culturali e gli attori che li hanno promossi.
Proviamo a divertirci utilizzando
simboli e accostamenti affascinanti:
“Fenomenologia dell’altro Battiato”
può essere vissuto come un concerto, durante il quale viene messo in scena il
sunto di una vita, una intera evoluzione raccontata attraverso canzoni e
momenti storici. Seguendo le indicazioni di Bonanno, ognuno potrà scegliere,
interpretare, giudicare, e non sarà obbligatorio far parte dello zoccolo duro -
quello dei fan irriducibili - per arrivare a graduatorie universali.
Battiato è seduto, quasi immobile,
con le sole mani ad accompagnarsi, guidando un ensemble musicale di primo
ordine, dove gli strumenti tradizionali si sommano ad un quartetto d’archi, e
dove le tastiere interagiscono con gli ordinatori.
Il tappeto orientale su cui è seduto
contribuisce a illuminare il dettaglio, un uomo saggio che entra in piena
sintonia col pubblico e cerca di trasmettere i suoi valori, il suo credo, e
qualche spiegazione a tutto ciò che trascende. È un lungo momento di intimità,
e creare un magico e silenzioso attimo di estrema sintonia, di corrispondenza
totale, appare fatto difficilmente spiegabile con le sole parole.
Sembra quasi inchiodato nella sua
posizione meditativa mentre
sullo sfondo scorrono immagini suggestive.
E poi arriva il cambio di passo, né
meglio né peggio, solamente un’altra cosa. Battiato si alza e si avvicina al
suo pubblico ballando e toccando ogni mano possibile, suscita entusiasmo, e l’austerità
perde la razionalità, mentre passano uno dopo l’altro “Bandiera Bianca”, “Up
Patriots to Arms”, “L’era del cinghiale bianco”, “Voglio vederti Danzare”,
“Cuccurucucu”, dopo che anche “La Cura” e “La stagione dell’amore” hanno
colpito mente e cuore.
Ma non basta, occorre tornare ancora
più indietro, ed ecco che arriva il medley anni ’70, tanto desiderato dai fan
più antichi, e quei suoni dichiarati un tempo ostici diventano ora largamente
comprensibili.
Emerge così la figura di Franco Battiato, mistica e… terribilmente terrena, materia e spirito, preghiera e rivoluzione.
Sono certo che Mario Bonanno non sarà dispiaciuto del piccolo video - ahimè, di scarsa qualità - che propongo a seguire, paradigma dell'opera di un artista unico e irripetibile.