Sono rimasto molto colpito da questa
storia di cui oggi hanno parlato e scritto tutti i media e riguarda un dramma non
per tutti evidente, quello relativo alla perdita della dignità conseguente
alla mancanza di lavoro, anche se la tragedia che ha colpito Adriano Urso non pare
strettamente legata a problemi economici. E quando passione e attività primaria coincidono, il non poter alimentare una delle due componenti porta ad un disagio che pare privo di confini.
Adriano era un pianista jazz molto
noto ed era considerato,
insieme al fratello Emanuele - conosciuto come King of Swing, anche lui
jazzista - uno degli artisti più talentuosi del panorama romano.
Ho avuto modo di ascoltare una breve
intervista che oggi ha rilasciato Emanuele, dalla quale emerge un quadro
familiare ben preciso: “ragazzi” antichi i due fratelli, probabilmente fuori
dal tempo sin dal periodo scolastico, lontani dalle mode del momento e amanti
della musica del passato, così come di tutti quegli aspetti che potrebbero tranquillamente
definirsi retrò.
Utilizzo di auto d’epoca, vestiti di
un’altra epoca, linguaggio di un’altra epoca.
Abituato ad esibirsi quotidianamente
in differenti contesti, Adriano aveva all’improvviso perso la sua musica la
scorsa primavera, ritrovandola in estate ma rimanendo nuovamente senza da
ottobre in poi.
Emanuele sottolinea come il vivere tutti assieme in una grande casa - immagino in famiglia - eliminasse l’urgenza immediata di avere entrate utili al sostentamento, ma il bisogno di incontrare la "sua" gente e alimentare lo status di “uomo che vive nella notte”, lo aveva spinto a trovare una sorta di impiego come “rider”, lui, diplomato in violoncello e laureato in Farmacia, un grande musicista, non solo un pianista… un musicista!
Fra gli appassionati uno ha ricordato:
«Quando suonava si stava improvvisamente zitti ad ascoltarlo».
È morto all’età di 41 anni, mentre
cercava di consegnare cibo a domicilio, tradito dalla sua Fiat 750 d’epoca, costretto
a spingerla inutilmente con l’aiuto di due passanti, sino a che il cuore ballerino
- che il giorno successivo avrebbe dovuto essere oggetto di controllo - è scoppiato.
Un infarto, forse causato dallo
sforzo fatto e dal freddo intenso che non gli ha lasciato scampo.
Morire, di questi tempi, non fa notizia, nemmeno se sei un giovanotto di quarant’anni, ma riesco a far mio il grande dolore di chi improvvisamente resta a mani nude, privato di ciò che ha di più importante, e se parliamo di musica e dintorni non si può chiudere gli occhi davanti ai tanti professionisti che, ultimamente, hanno perso… la professione.
Lascio agli esperti - politici,
sociologi, scienziati e antropologi - la ricerca delle cause profonde, mi
limito a prendere atto delle conseguenze e mi intristisco.
Quando la nebbia cala e offusca la
mente la razionalità perde valore. Rivela un’amica di Adriano:
“Prima di Natale mi hai scritto
che d’ora in avanti avremmo suonato solo per noi, che anche con la fine
dell’epidemia non sarebbe cambiato nulla. Senza musica eri perso, vedevi tutto
nero”.
Ecco chi era e cosa era in grado di
fare…