venerdì 14 agosto 2020

Nel ricordo di Roy Buchanan


Il 14 agosto del 1988 ci lasciava Roy Buchanan, considerato tra i 100 chitarristi più bravi di tutti i tempi. Il filmato che presento a seguire è "Sweet Dream", uno dei suoi pezzi più famosi, ma forse non rappresentativo delle enormi qualità chitarristiche di Roy.

Un po' di biografia...

È forse l'artista che ha avuto la carriera più difficile nella storia della musica ed è solo dopo l'uscita del suo primo album solista, nel 1972, che il pubblico si accorge di lui. Era però da oltre un decennio che Roy Buchanan suonava come session man, ruolo con cui si conquistò una fama quasi leggendaria. 

Nato a Ozark in Arkansas il 23 settembre 1939, figlio di un predicatore, cresce a Pixley in California ascoltando soprattutto gospel e folk. Inizia lo studio della steel guitar verso i nove anni poi a circa quindici anni si trasferisce prima a Los Angeles e poi a San Francisco. Nel 1958 entra a far parte del gruppo di Dale Hawkins, dove sta per tre anni e contribuisce a rendere "Suzie Q" un hit internazionale. Infatti l'assolo di chitarra inventato da James Burton viene ripreso e migliorato in modo eccezionale da Roy. Suona rockabilly e diventa musicista molto richiesto. Durante un tour a Toronto Roy incontra un giovanissimo Robbie Robertson che comincia a muovere i primi passi nell'ambiente musicale. Lo stesso Robbie Robertson ricorda: "Era grande, grandissimo, il miglior chitarrista che io abbia mai visto. Mi ricordo di avergli chiesto come aveva sviluppato il suo stile e lui mi rispose che era un lupo, per metà". Nel 1959 Roy riesce ad incidere anche alcuni singoli a suo nome. Nel 1962 partecipa insieme ad Al Downing al singolo di Bobby Gregg "The Jam", che entra nei Top 30 di quell'anno. 

Il 1963 è l'anno del trasferimento a Washington D.C., la città di sua moglie Judy, e quì suona nei clubs con varie bands da lui formate, ma le difficoltà a trovare ingaggi buoni lo costringono a lavorare part-time come barbiere senza però abbandonare la sua fedele Telecaster; in questo periodo affina sempre di più il suo personale stile chitarristico sperimentando suoni particolari con il feeback, il distorsore e il fuzztone. Fino alla fine dei '60 impartisce lezioni di chitarra e suona regolarmente al Crossroads Club di Bladensburgh nel Maryland, incide alcuni demos con la band del momento "The Sound Masters". Finalmente la stampa comincia ad occuparsi di Roy Buchanan e Rolling Stone lo definisce "Il miglior chitarrista sconosciuto del mondo", corre voce che anche i Rolling Stones lo vorrebbero con loro per sostituire Brian Jones. La Polydor che si comincia a muovere sul mercato americano lo mette sotto contratto e incarica il produttore Bob Johnston (Bob Dylan, Leonard Cohen) di occuparsi di Roy, affiancandolo ad un'altro emergente, Charlie Daniels. Pur senza aver inciso nessun disco Roy Buchanan riesce a fare il tutto esaurito alla Carnegie Hall; nel frattempo Tom Zito, dopo alcuni set di registrazioni, riesce a mettere insieme il materiale necessario per incidere il primo disco di Roy. 

Questo avviene nel settembre del 1972 ed il titolo è semplicemente "Roy Buchanan". Roy disse che la registrazione in studio durò soltanto cinque ore, ma ciò non impedì che fosse un ottimo album, un mix di Blues e Folk che rifletteva in pieno i trascorsi musicali di Buchanan supportato da assoli di chitarre limpidi e precisi. Le vendite dopo un anno raggiunsero la ragguardevole cifra delle 200.000 copie vendute. In verità il vero primo disco di Roy fu una autoproduzione dei primi anni Settanta, "Buch and The Snake Sretchers". Passato inosservato, raggiunse negli anni successivi notevoli quotazioni di mercato, mantenendo anche nella ristampa la sua originale confezione con il sacchetto di iuta. 

La Polydor visto il successo del primo disco pubblicò nel febbraio del 1973 "Second Album" il miglior disco in studio inciso da Buchanan, un perfetto connubio tra Blues e Musica delle radici, un successo di vendite con mezzo milione di copie. Il cruccio principale di Roy Buchanan è la scarsa propensione al canto, tanto che egli preferisce molto suonare brani strumentali, ma per motivi commerciali la casa gli impone di collaborare con dei cantanti e Roy ne cambia molti fino a quando non incontra Billy Price, un buon cantante con una spiccata tendenza alla musica nera. 
Con Price Roy, sempre nel '73, incide il terzo disco "That's What I Am Here For" mantenendosi sugli standard dei precedenti lavori. 

Con il quarto album "In Te Beginning" (in Europa con il titolo"Rescue Me") si hanno i primi segni di appannamento. Le cose vanno meglio con il successivo "Live Stock" registrato alla fine del '74 a New York, performance di notevole effetto. 

Nel Frattempo il contratto che lo lega alla Polydor si scinde e con l'Atlantic pubblica il suo sesto album "A Street Called Straight", seguito da "Loading Zone", lavori dignitosi ma molto lontani dai primi, con sonorità funky rock non particolarmente brillanti. Il secondo live, del '78, "Live In Japan", migliore del primo, contiene una versione stupenda di "Hey Joe", un grande omaggio a Jimi Hendrix. Nel 1980 è la volta di "My Babe" con l'etichetta "Waterhouse", lavoro da dimenticare; il momento più basso della carriera. Da questo momento Roy scompare dalla circolazione, assillato da problemi esistenziali, dall'alcol e dalla droga e si rifugia con la sua famiglia a Reston, in Virginia. Nel 1985 rientra in scena con un contratto con l'Allligator e pubblica i suoi ultimi lavori " When a Guitar Play The Blues" (1985), "Dancing on The Edge" (1986), "Hot Wires" (1987); ottimi dischi a cui si alternano tournees in Europa e in Australia, Roy sembra un uomo rinato ma purtroppo non è così, la dipendenza dall'alcol non gli evita di essere arrestato per ubriachezza ed il 14 agosto 1988 il nostro Roy s'impicca nella prigione della sua città. Scompare uno dei più grandi talenti chitarristici di tutti i tempi, sottovalutato da pubblico e critica, introverso e schivo, tormentato da problemi esistenziali ha vissuto una vita travagliata e sofferta come testimonia il brano "Dual Soliloquy" (sull'antologia Sweet Dreams) performance acustica di struggente carica emotiva.

Sweet Dream







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