mercoledì 22 luglio 2020

Fabrizio Poggi-“For You”


 Fabrizio Poggi raggiunge il numero 23, una cifra cospicua di album che hanno puntellato la sua lunga strada fatta di blues e chilometri, quello spazio apparentemente enorme tra le origini e un profondo credo, in continuo equilibrio tra la “sua” Italia e la “sua” America, il paese straniero più amato, e proprio per questo potenziale oggetto di critiche costruttive.

Ciò che Fabrizio mi ha raccontato nel corso della nostra intervista descrive nei particolari il nuovo disco, “For You”, e il suo pensiero incrocia le mie impressioni d’ascolto che vado a delineare.


For You” è un disco quasi profetico, capace di diventare attuale in un momento di estrema emergenza come quello che stiamo vivendo, e questo nonostante la sua genesi risalga a momenti decisamente più sereni.
Mi viene da sottolineare che, nonostante si stia toccando oggi la punta dell’iceberg, la situazione di disagio, più o meno conscio, sia da tempo in crescita, mitigata da attimi di luce, un confortevole inverno della vita in cui gli spigoli taglienti vengono ammorbiditi da una spessa coltre di neve… ma poi ritorna la primavera, e i metalli acuminati riemergono, ferendo chi ne viene a contatto, senza particolari distinzioni, in modo quasi democratico.
In questo senso l’impegno specifico di Fabrizio Poggi si giustifica appieno all’interno del momento contingente, e ciò colpisce fortemente l’immaginazione collettiva, ma la sua azione avrebbe avuto la stessa valenza in momenti di calma apparente.

For You” è dedicato ad una persona in particolare - Patrizia Longo -, vittima del virus ma, come sottolinea l’autore, il concetto di “dono” va ampliato e assume etichetta universale, un rivolgersi a chi è solo, bisognoso di affetti, in attesa di una mano protesa verso di sé o di una semplice parola di conforto, mettendo al bando le divisioni e l’egoismo di ogni tipo: l’amore tutto può, ed è questo il collante che Poggi utilizza per cementare le dieci canzoni dell’album.
Dopo anni di autarchia la produzione è stata affidata a Stefano Spina - compositore e polistrumentista -, collaboratore di lunga data (è suo il lavoro che ha portato Poggi e Guy Davis a competere con i Rolling Stones ai Grammy Awards nel 2018). Ma Spina si è spinto oltre, superando il lavoro di produzione e quello strumentistico, dedicandosi anche agli arrangiamenti e alla guida della band di riferimento.

Sono dieci i brani proposti, di cui sei arrangiamenti di canzoni tradizionali, più tre inediti e la title track scritta dall’amico Eric Bibb.
Conosco bene la corposa fase live di Poggi e della sua band, ma il lavoro in studio fornisce possibilità che portano ad ampliamenti sonori non sempre riproducibili dal vivo, e l’utilizzo dei fiati (sax e tromba) riporta a quelle immagini “cinematografiche” che l’autore definisce come “… un viaggio che parte dalle radici africane per approdare ad Harlem, un percorso senza tempo tra il Mississippi e New Orleans, tra la madre Africa e le scale antincendio dei vecchi fabbricati di New York tanto cari a Woody Allen e Spike Lee…”.

Percepisco questo nuovo lavoro di Fabrizio Poggi come fortemente contaminato, e pur mantenendo la matrice di riferimento - il basico blues -, non mancano forti sottolineature rock e jazz. Provo a sintetizzare gli aspetti musicali, brano dopo brano.

Apre “Keep On Walkin’” riadattamento di un pezzo tradizionale. La ricerca spasmodica della terra della libertà, un cammino che non deve conoscere soste.
Arrangiamento raffinato con un rimbalzo tra lo strumento “voce” e l’armonica, e con il sax pronto a delineare toccanti atmosfere jazz.
Segue “If These Wings”, altro riadattamento che propone un arrangiamento da brividi, e spinge verso terre lontane e storie antiche.
Si prosegue con la tradizione e con “Chariot”, una traccia “voce/basso/armonica” che musicalmente riporta alle ragioni e alla semplicità del blues… ma è una condizione che oltrepassa etichette e barriere temporali.
La rivisitazione di “Don’t Get Worried” conduce verso un deciso rock che presenta gli stilemi sudamericani e che mi ha ricordato il primo “Santana”. Brano coinvolgente.
Con “I’m going there” si ritorna al blues più atavico, una trama oscura in cui l’armonica di Fabrizio conduce il gioco e penetra in profondità.
For You”, di Eric Bibb, è giudicata da Fabrizio “… la più bella canzone d’amore mai scritta…”. Un duetto tra voce/armonica e il pianoforte di Stefano Intelisano, con un arrangiamento di archi magico, una perla che suscita forti emozioni e che propongo a fine articolo.
My name is heart” è un inedito dell’autore e vede l’entrata in scena di Arsene Duevi (chitarra e voce), straordinario musicista originario del Togo. Traccia caratterizzata dagli aspetti corali, dalla tromba di Luca Calabrese e da liriche di grande impegno.
Just Love” è l’ultimo tradizionale, un giro di blues dove l’ukulele di Fabrizio si sposa ad aspetti più elettrici che trasformano il tutto in bisogno di dinamicità… muovere le gambe -oltre al cervello - sembrerebbe cosa naturale.
Altra chicca è “Sweet Jesus”, creazione di Fabrizio dal profumo quasi aulico negli intenti, ma dal ritornello “popolare” e accattivante.
In chiusura “It’s not too late”, che si apre con le parole di Arsene Duevi: “È tempo, Madre Terra piange, lacrima, urla. È tempo di udire la sua voce, guardare di nuovo il suo volto. È tempo, siamo in tempo. È tempo di fermare il tempo”.
Duetto vocale tra Poggi e Duevi per una canzone che rappresenta da sola il significato pieno di “For You”, un disco che non vuole calcare la mano sulla negatività che ci circonda, ma si focalizza piuttosto sul concetto di speranza, che in divenire diventa certezza, il convincimento che non tutto sia perduto per noi e per la terra in cui viviamo, e che si possa incidere sulle relazioni inadeguate che regolano il mondo, quelle che ritroviamo alla base di ogni stato di precarietà.

Nei dieci brani di “For You” c’è tutto questo… speranza, buoni propositi e un po' di fiducia, perché non tutto e perso, e anche la musica ce lo ricorda!


L'INTERVISTA

Vorrei partire dal titolo dell’album: dalle note del comunicato ho letto che esiste un riferimento ben preciso, ma immagino che “For You” possa avere un significato allargato…

Sì, la dedica ha decisamente un significato molto più vasto. “For You” trascende il proprio significato per assumere un senso più lato, più universale: l’amore infinito. Ecco perché, come ho scritto nella copertina del disco, “For you” è un disco “per”.
Un disco per te, per noi, per tutti. Perché uniti ce la faremo.
È un disco per tutti coloro che sono preoccupati. Per chi si sente solo e perduto.
Ed è un disco per questa terra di cui prima o poi dovremo cominciare a prenderci cura, perché non è troppo tardi, davvero…
È un disco per chiunque abbia bisogno di sentirsi dire che qualcuno ha fatto qualcosa “per te”. Solo per te…

Mi ha colpito una chiosa riferita al tuo nuovo lavoro inserita in fase di presentazione, “Un disco quasi cinematografico…”: quale film vuoi raccontare col tuo 23° album?

Per me la musica ha sempre avuto qualcosa di cinematografico. Le canzoni hanno fatto da colonna sonora ai miei sogni: veri e propri film che mi aiutavano a vivere una realtà spesso difficile e complicata. E in questo disco a mio parere ci sono parecchie canzoni che potrebbero fare da colonna sonora a film veri o inventati. Io ho solo dato lo spunto. Lascio all’ascoltatore, come è giusto, la libertà di scegliere che film far girare alla propria immaginazione …  

I temi sociali sono caratteristici del tuo impegno musicale, ma è tutto il blues che assolve alla funzione di racconto e al contempo di moderatore delle negatività, attraverso esempi concreti: che tipo di insegnamento possiamo trarre da questo periodo irripetibile, e come può aiutarci la riflessione fatta attraverso la musica?

“For you” è un disco purtroppo drammaticamente attuale, seppur pensato in un periodo che nulla lasciava presagire il dramma che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo oggi. È un disco resiliente. Resiliente come il blues. Una musica che da sempre, sin dalle origini infonde forza, speranza, fiducia. L’ondata di proteste che sta investendo gli Stati Uniti e di riflesso l’intero mondo occidentale ha riacceso l’attenzione sull’attualità delle tensioni razziali. Un’attenzione che per me non si era mai spenta. Sono ormai diversi anni che porto in giro lo spettacolo “Il soffio della Libertà”, con le canzoni e le storie che hanno fatto da soundtrack alle lotte per i diritti civili.
Con questo disco prosegue quindi il mio impegno civile allargandolo anche a temi ecologici e di giustizia sociale. Con questo disco voglio ricordare ancora una volta le parole “I HAVE A DREAM”,0 di Martin Luther King, quattro parole il cui profondo significato, espressione di valori universali, è ancora oggi, con il movimento “Black Lives Matterr” e il caso George Floyd dolorosamente valido. È attuale. Attualissimo.

Esiste a tuo giudizio uno spazio per rimediare ai nostri errori atavici?

“For You” è un disco di speranza. Sarò ingenuo, forse naif, ma a sessantadue anni io ci credo ancora. Credo ancora che la musica possa rendere questo mondo migliore. E lo dico ogni sera dal palco. C'è ancora tanta strada da percorrere per far diventare il sogno di Martin Luther King realtà ma io non ho perso la speranza e credo che le canzoni possano fare, ancora oggi, davvero tanto. Ognuno può fare ciò che vuole, ma io credo che sia un dovere per ogni artista cercare di rendere questo mondo più giusto e solidale. Non è per niente facile. Anzi è difficilissimo. E comprendo chi si arrende. Come dico spesso: “Se sarà la bellezza a salvare il mondo, io sono sicuro che il blues non si tirerà indietro e farà la sua parte”. 

Ho trovato il tuo disco aperto a nuove soluzioni, una deviazione rispetto a schemi rigorosi, con larghi spazi alla contaminazione: come lo definiresti dal punto di vista musicale?

Per la verità io non sono mai stato un bluesman così rigoroso. Come per altro non sono poi così tanto rigorosi molti dei miei eroi musicali. Gente che ha fatto la storia del blues. Il blues stesso è una musica nata da contaminazioni infinite che continuano ancora oggi. “For You” è un disco che parte dal blues e dallo spiritual ma che poi, attraverso brani originali e canzoni senza tempo, si è arricchito di sfumature folk, jazz e rock. E c’è anche un po’ di world music. In questo disco ho voluto affrontare percorsi per certi versi inediti, almeno per me, ma che alla fine si sono dimostrati estremamente affascinanti.

Per la prima volta ti sei affidato ad una produzione esterna, quella di Stefano Spina: come giudichi l’esperienza?

Estremamente positiva. Per la prima volta nel mio percorso artistico ho affidato il disco a un produttore esterno: Stefano Spina, che un compositore e polistrumentista con cui collaboro da diverso tempo. È lui ad aver registrato il disco che mi ha portato con Guy Davis a sfidare i Rolling Stones ai Grammy Awards nel 2018. Ma Stefano Spina non si è limitato al lavoro di produzione, registrazione, missaggio e a suonare diversi strumenti tra cui batteria e tastiere, ma ha anche scritto tutti gli arrangiamenti e ha sapientemente guidato una band di formidabili musicisti.

Mi racconti qualcosa di Arsene Duevi, per me novità assoluta?

Lo era anche per me. È stato Stefano Spina a farmelo conoscere. Arsene Duevi è un musicista straordinario, dalla vocalità quasi sciamanica. È originario del Togo e con grande poesia e generosità ha donato la sua voce e la sua chitarra in diversi brani dell’album. Toccanti le parole da lui cantate nella sua lingua madre in apertura del brano che chiude il disco. Parole senza tempo. Perché non è troppo tardi per rimediare al male che abbiamo fatto al nostro pianeta.

Guardando la tracklist emerge come sei tracce siano riprese dalla tradizione: come è avvenuta la scelta?

Anche questa è una scelta che ricorre spesso nelle mie incisioni. E in questo seppur con infinita modestia condivido ciò che grandi come Woody Guthrie, Bob Dylan e tanti hanno fatto nel passato. Prendere brani tradizionali e interpretarli come se li avessi scritti tu. Qui viene fuori forse il mio lato più folk. E nella musica tradizionale ci sono così tante belle canzoni che è bellissimo riportare a nuova vita.

Il completamento dell’album è dato da un brano di Eric Bibb e da tue creazioni: puoi raccontarmi qualcosa a tal proposito?

I brani autografi sono in gran parte frutto anche questi della collaborazione con Stefano Spina. Di alcuni Stefano ha suggerito anche la melodia e qualche idea letteraria. Altri invece sono mie creazioni che Stefano ha vestito con bellissimi arrangiamenti. “For you” per me è la più bella canzone d’amore mai scritta. L’ha composta il mio amico fraterno Eric Bibb con cui ho condiviso incisioni e palcoscenici. È una canzone che ho sempre desiderato cantare. E ad Eric la mia versione è piaciuta molto, cosa niente affatto scontata. Ha addirittura paragonato la mia voce a quella del leggendario Chet Baker.

Problemi sanitari permettendo, come e dove proporrai “For You” dal vivo nell’immediato futuro?

Stiamo riprendendo solo ora l’attività live che per un musicista è come l’aria: assolutamente vitale. Ma stiamo navigando a vista. Progetti a lunga scadenza non se ne possono fare, ma spero di riuscire a portare questo mio nuovo lavoro un po’ dappertutto. Non vedo l’ora di collaborare di nuovo sul palco con Stefano Spina e con tutti i musicisti che sapientemente mi hanno accompagnato in questo incredibile viaggio: Tito Mangialajo Rantzer al contrabbasso, Enrico Polverari e Giampiero Spina alle chitarre, Pee Wee Durante all’organo, Tullio Ricci al sassofono, Luca Calabrese alla tromba e Stefano Intelisano al pianoforte. E naturalmente Arsene Duevi.


TRACKLIST:

1-KEEP ON WALKIN’
2-IF THESE WINGS
3-CHARIOT
4-DON’T GET WORRIED
5-I’M GOIN’ THERE
6-FOR YOU
7-MY NAME IS EARTH
8-JUST LOVE
9-SWEET JESUS
10-IT’S NOT TOO LATE

Registrato, arrangiato, prodotto e mixato da Stefano Spina
Fabrizio Poggi: voce, armonica, ukulele, chitarra acustica
Stefano Apina: batteria, basso elettrico in “I’m goin’ there”, piano, tastiere
Arsene Duevi: chitarra classica, voce, in “My name is Earth” e “It’s not too late
Enrico Polverari: chitarra elettrica e acustica
Giampiero Spina: chitarra elettrica in “Keep on walkin
Tito Mangialajo Rantzer: contrabbasso
Pee Wee Durabte: organo
Tullio Ricci: sax
Luca Calabrese: tromba
Stefano Intelisano: piano in “For you
Laura Cerri, Elena Garbelli, Franca Lucarelli, Veronique Mangini, Massimo Minardi
Marco Mutti, Marilisa Rotondo, Simone Scarsellini, Ilaria Scola, Rossana Torri,
Mauro Vantadori: cori

Foto di copertina: Riccardo Piccirillo
Foro di retrocopertina: Mario Rota
Grafica: MANUELA HUBER
Fabrizio Poggi suona armoniche Hohner