Compie oggi 76 anni Pete Townshend, nato il 19 maggio
del 1945 a Londra.
Ispirandomi ad un’immagine
trovata sul web, e rielaborata da Cristina
Mantisi, ho scritto questa storia “immaginaria”, inserita un po' di anni
fa nel book “Cosa Resterà di me?”,
scritto in collaborazione con Max Pacini.
Nella mia invenzione
estemporanea ho descritto un possibile comportamento di Pete, nel corso del
primo concerto dopo la scomparsa di Keith
Moon.
Tanti
auguri Pete!
Forse
sarebbe stato un concerto come tanti, con mulinelli a gogò conditi dalle
peggiori imprecazioni.
Aveva
bevuto troppo prima di salire sul palco… da un pò di tempo era la regola.
La
musica fluiva con regolarità, e la cascata di note sembrava mascherare chissà
quale stato d’animo.
Non
era mai stato così energico e allo stesso tempo assente… Pete.
Ogni
accordo era ripetuto con ossessione, e il rock si era trasformato in un
flamenco.
Sembrava
sgorgassero i colori, muovendosi a ondate, ma erano tinte tendenti al buio più
totale.
Lui
stesso ne era investito, mentre dal suo corpo, radiografato da lastre di suoni,
usciva tutto il suo malessere.
Guardò
Roger, ma non fu rassicurato dalla sua presenza… non erano mai stati in vero
accordo e lui, adesso, stava cercando la simbiosi totale.
Decise
di continuare a saltare prima di girarsi ancora.
I
colpi di basso elettrico gli ricordarono che su quel palco c’era la sua
generazione… almeno John non l’avrebbe tradito.
Ma
quanto tempo sarebbe ancora passato prima di voltarsi indietro? Forse un album
intero?
Quando
partirono i violini, e Baba volgeva al termine, trovò il coraggio per ruotare
su sé stesso, sperando che nulla fosse cambiato, magari un sogno, un incubo, e
nulla più.
Un
ultimo salto, un ultimo FA maggiore e Pete incontrò la verità che cercava di
allontanare. Era il 1978, forse novembre.
Cercò
lo sguardo di un pazzo, gli occhi di un uomo dannato, la mano di un amico
sicuro, e… niente di tutto questo.
Era
tutto vero, Keith era partito per sempre e nessuno avrebbe mai potuto
sostituirlo.
“Chissà se manca solo a me?”, provò a
cantare Pete.
Quel
palco era un vero inferno e mai più niente sarebbe stato come prima!
Airportman, band piemontese di lungo corso, per l’occasione
rivisitò uno dei brani storici degli Who, “Behind Blue Eyes”, trasformandolo totalmente: la bellezza della musica è anche questa… ognuno può
viverla e reinterpretarla secondo una visione personale che avrà il valore dell'unicità!