Il 18 febbraio del 1933 nasceva Yoko Ono, che arriva quindi alla considerevole età
di 91 anni.
Per ricordarla
utilizzo un mio vecchio post...
Leggendo il libro “Rock
Notes-I grandi songwriters si raccontano”, del cantautore e critico
americano Paul Zollo, sono
“incappato” in alcune figure mai approfondite, come David Byrne, John Fogerty,
Leonard Choen e altri.
I libri dedicati alle
interviste (non solo musicali) sono quelli che preferisco, perché trovo che
domande intelligenti possano far emergere ed esaltare lati poco noti degli artisti
posti sotto i riflettori. Ma alcune immagini sono per me più forti di altre e
alcuni personaggi mi intrigano maggiormente.
All’interno di questo
libro ho trovato una notissima e controversa figura che ha colpito la fantasia
di tutti gli appassionati di musica della mia generazione.
Parlo di Yoko Ono,
che istintivamente ho sempre "rifiutato", per via del condizionamento
che ho subito attraverso i media.
Ciò che mi è sempre
“arrivato” è la negatività di questa donna, a cui molti hanno imputato lo
scioglimento dei Beatles.
Ovviamente non ho né i
mezzi né le informazioni per giudicare, e la mia antipatia antica era basata
su di un feeling comune che avevo fatto mio.
Nemmeno adesso
posseggo la verità, ma razionalmente mi piacerebbe fornire un’immagine
oggettiva per inquadrare il reale valore artistico, musicale, di questa ormai
anziana signora.
Nessuna biografia,
nessuna storia già ascoltata e nessun nuovo “reperto”, ma per la prima volta ho
“sentito” la sua voce e mi piace riproporre il suo pensiero, sollecitato da
alcune domande di Zollo.
La cosa su cui mi sono
soffermato, come premessa all’intervista (antica), è una poesia che fa parte
del disco “The Season of Glass”, lavoro uscito dopo la morte di Lennon:
Passa la primavera
e ci si ricorda della propria
innocenza
passa l’estate
e ci si ricorda della propria
esuberanza
passa l’autunno
e ci si ricorda della propria
venerazione
passa l’inverno
e ci si ricorda della propria
perseveranza.
C’è una stagione che non passa mai
Ed è la stagione del vetro
Leggendo l’intervista,
realizzata nel 1992 a New York, si apprendono alcuni importanti aspetti legati
al disco ed alla grafica proposta in copertina.
“Season of Glass”è stato un disco molto potente, e molto
significativo per un sacco di persone, quando è uscito.
Quando ho fatto
“Season of Glass” mi sentivo come se stessi camminando sott’acqua o qualcosa
del genere, quindi non ne sapevo davvero nulla della reazione della gente.
Oh sì, molto!
Ho letto di recente che nella Germania nazista, come atto di crudeltà,
spedivano gli occhiali sporchi di sangue degli uomini uccisi alle loro mogli.
Davvero? E’ terribile. Ma non è simbolico tutto questo? Vedi, ecco che
voglio dire, quando mi viene l’ispirazione di fare qualcosa del genere, io lo
faccio, perchè penso che ci sia qualcosa che mi sfugge. Mi sono anche
arrabbiata. Insomma, io stavo raccontando quello che mi era successo, e non mi
era certa successa una cosa bella!
La poesia intitolata”Season of Glass”, sul retro della copertina
dell’album, è bellissima e triste. Hai mai pensato di farla diventare una
canzone?
Ci ho pensato, ma non credo di esserne in grado. Non lo so.
In quella poesia hai scritto:” C’è una stagione che non passa mai ed è la
stagione del vetro”, che riecheggia lo stato d’animo provato da tanti, dopo la
morte di John, l’idea che questa sia un’epoca destinata a non passare mai. Pensi
che siamo ancora nella stessa stagione del vetro?
Non lo so, perché forse in qualche modo parlavo di qualcosa al di là
della morte di John. Allora, naturalmente, stavo raccontando la mia esperienza
personale. Ma proprio adesso sto realizzando un’opera per una mostra su una
famiglia seduta in un parco al momento del “meltdown” atomico, e quello a cui
pensavo era un “meltdown” della razza umana e della specie in pericolo. E
qualcuno mi ha detto che sembrava parlare anche del genocidio. Perciò è come se
la stagione del vetro fosse ancora qui, in tutto il mondo. Non siamo ancora
arrivati al punto in cui non ci siano più … occhiali sporchi di sangue.
Uno dei messaggi positivi che hai espresso, e che penso la gente non
abbia colto, è che sul retro della copertina di “Season…”, il bicchiere
d’acqua, che in copertina è mezzo vuoto, lì è pieno.
Sì. Oh, vuoi dire che ci hai fatto caso? Sono in pochissimi ad averlo
notato.
Pensi che i tuoi messaggi positivi siano stati spesso trascurati?
Beh, alcuni li hanno colti ed altri no, dipende anche dalla persona. Voglio
dire, tu ti sei accorto di qualcosa, giusto? Ma la maggior parte della gente
no. La verità contenuta nella poesia rimane costante, inalterata nonostante lo scorrere del tempo. Emerge in modo mirabile quello che stavano provando milioni di persone in tutto il mondo durante in momenti cupi seguiti a quel giorno nerissimo del dicembre 1980, quando John Lennon morì. Era quella una stagione destinata a non passare, una tragedia che non sarebbe stata banalizzata nel tempo, una ferita che non sarebbe guarita. E in un certo senso non si voleva che accadesse.
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