Un nuova edizione del Porto Antico Prog Fest, la terza, è andata in
scena il 3 agosto a Genova, Piazza delle Feste.
Ancora una volta l’aspetto organizzativo è stato curato dalla Black
Widow Records, questa volta in collaborazione con la Cooperativa
DOC-L’ARTE SI FA VALORE, la cui mission è stata ampiamente spiegata nel
corso della serata: trattandosi di musica e del mondo che la circonda, sarebbe
buona cosa curiosare sul sito di riferimento…
Il pubblico ha premiato la nuova idea di aggregazione delle band, partecipando
in modo significativo e pronto a lasciarsi coinvolgere, sottolineando con
entusiasmo le varie performance. Ma qual è la nuova formula proposta? La grande
differenza rispetto al passato si sintetizza nella la presenza di due tribute
band, non prese certo a casaccio, ma capaci di riportare al sound del prog
originario, quello che ha aperto la strada a miriade di gruppi che ancor oggi
si rifanno ai fasti dei seventies; nel caso specifico mi riferisco alla musica dei
Genesis e dei Pink Floyd, ovvero due entità mitiche che, a distanza di quasi mezzo
secolo, riescono ancora a emozionare fan di ogni età.
La dicotomia di giudizio quando si fa riferimento a musica inedita e a
riproposizione di modelli del passato non trova mai un punto di incontro, ma
ciò che Massimo Gasperini e soci
hanno creato nell’occasione appare come un giusto equilibrio, l’utilizzo di
musica di forte richiamo per poter regalare al contempo qualcosa di “nuovo”,
con la speranza che l’effetto domino spinga ad allargare le conoscenze
personali.
Occorre anche riflettere sul fatto che per ascoltare dal vivo la musica
del "rock" del passato esista ormai una sola possibilità, quella che passa
attraverso gruppi di musicisti, anch’essi fan, che vestono i panni di ELP o
Gentle Giant e propongono le fondamenta del prog. Certo, occorre del talento e
della predisposizione naturale, quelle doti di cui hanno goduto i presenti al
Porto Antico Prog Fest.
Ad aprire le danze una band locale, gli Ancient
Veil, nati
dalle ceneri degli Eris Pluvia, artisti che, dopo un ventennio di sosta, sono
ritornati nel 2017 con un album di inediti targato Lizard, e che, nel 2018,
propongono ben due dischi: il primo è una rivisitazione dell’album omonimo del
1995 mentre il secondo racchiude il live de La Claque del 2017.
Il fil rouge tra il passato e il presente è rappresentato dal chitarrista
e cantante Alessandro Serri e dal
fiatista Edmondo Romano.
E’ un prog vivace e fresco quello che propongono e l’elemento
importante, seppur ovvio, è la dimostrazione del ritrovato affiatamento e della
sicurezza da palco, rapportata al concerto a La Claque, di cui sono testimone.
L’audience apprezza particolarmente la miscela di rock e folk in un set
che… finisce troppo presto!
Alla fine sono proprio Serri e Romano a raccontare le loro impressioni e
il nuovo percorso da poco inizato.
L’attuale formazione prevede inoltre Fabio Serri alle tastiere - già presente progetto originale -, Massimo Palermo - basso
- e Marco Fuliano alla batteria.
Un piccolo video a fine articolo racchiude particelle di festival,
purtroppo inficiate dall’infelice posizione di registrazione, ma utili a
presentare l’atmosfera di giornata.
In attesa del secondo gruppo c’è spazio per le parole, quelle che
portano on stage Mauro Serpe - Panther & C. - e Diego Banchero, de Il Segno del Comando.
E arriva il momento dei milanesi Get’Em Out, ovvero la musica dei Genesis, in questo caso circoscritta all’era
“Peter Gabriel”. E’ da subito un tripudio, e i presenti si immedesimano e provano
a sostituirsi a Franco Giaffreda - voce e flauto -, che suscita la “compassione”
dei presenti per l’utilizzo dei “vestiti di Gabriel” in una giornata di decisa
afa e alta temperatura.
Unico rammarico rispetto al
loro set è la presenza della luce naturale (erano all’incirca le 20) che ha
penalizzato gli aspetti visual proiettati sullo schermo alla spalle,
essendo il loro un progetto che ricalca nei particolari un periodo magico
targato Genesis, e i dettagli ricercati non sono solo quelli musicali.
Era la seconda volta che li
vedevo e penso che siano tra i migliori nel proporre una musica che, soprattutto
dal punto di vista tecnico, presenta un alto tasso di difficoltà: l’audience ha
gradito e cantato all’unisono le trame più conosciute… di più non si può
volere!
Gli altri membri sono: Dario
D'Amore - tastiere, chitarra acustica e voce
- Renato Giacomelli - batteria e voce - Gianfranco Oliveri -
chitarre, basso, bass pedal e voce - e Gianluca Oliveri alla chitarra.
Alla
fine Giaffreda/Gabriel si ferma a chiacchierare sul palco, raccontandoci del
suo recente passato come chitarrista de Il
Biglietto per L’inferno, soffermandosi sulla complessità della proposta
genesisiana.
Ancora
un siparietto con Paola Tagliaferro,
artista completa, in procinto di rilasciare il suo album “Fabulae” di cui parlerò a breve. La sua proposta si colloca decisamente
all’interno del mondo prog, essendo costituita da estrema libertà espressiva, avanguardia,
sperimentazione e spiritualità.
E
arriva il momento del prog napoletano, anche se Sophya Baccini può considerarsi una cittadina genovese, per
il legame artistico e affettivo che la lega alla città.
Difficile
inquadrarla tra i suoi tanti progetti; quello che propone a Genova nell’occasione
è il Sophya Baccini’s Aradia, che oltre a lei - cantante
e tastierista - prevede la presenza di altre tre donne - Marilena
Striano, Francesca Colaps, Isa Dido - e il chitarrista Peppe Gianfredi.
Propongono
un set incentrato sul loro secondo album, “Big
Red Dragon”, ma non mancano le “divagazioni”, come “Music” di John Miles,
particolarmente adatta alla situazione.
Sophya è un talento
naturale, sia dal punto creativo che espressivo, ma in questo progetto un pò anomalo
- quattro donne sul palco sono inusuali - emerge il sound gruppale, e la
proposta innovativa viene valutata positivamente dal pubblico, pronto a far
sentire il calore di cui l’artista ha sempre bisogno.
Performance di rilievo…
davvero bravi. Anche in questo caso alla fine dei brani la piccola sosta
permette di scambiare quattro chiacchiere con Sophya, visibilmente soddisfatta.
In attesa dell’arrivo
del quarto ensemble salgono sul palco
Fabio
Nicolazzo e Laura Menighetti, ovvero Una
Stagione all’Inferno, che ha appena rilasciato l’album “Il mostro di Firenze”, pubblicizzato a dovere nell’occasione, quasi
un obbligo trattandosi di un gruppo genovese dedito al prog.
Ultimo
ospite Gianmaria Zanier,
virtualmente conosciuto da tutti gli amanti del genere per il suo impegno in
rete e in radio… uno di quelli da… ringraziare per il lavoro divulgativo
quotidiano e instancabile!
A chiudere la kermesse gli Outside The Wall, ovvero il tributo
genovese ai Pink Floyd.
Vediamo i loro nomi: Renato Pastorino (chitarre e voce),
Mauro Vigo (batteria), Lorenzo Gazzano (tastiere), Fabio Cecchini (basso), Martin Grice (Sax) e Elisabetta Rondanina (voce).
Li avevo ascoltati pochi giorni fa nell’alessandrino, e anche in questa
occasione ho trovato un sound vincente, aggettivo che significa fedeltà di
proposta ed efficacia di un mix che si esalta attraverso la cura delle
sfumature e la capacità chitarristica.
E’ bene
sottolineare anche le doti canore della vocalist e il fatto che la band si
avvalga di un musicista di lungo corso, quel Martin Grice di provenienza Delirium
che diventa il valore aggiunto indiscutibile. A raccontarci sul palco qualcosa
degli OTW è il drummer Mauro Vigo,
impegnato in mille progetti rock.
Anche per loro
grande successo e bis, non previsto dalla rigida scaletta.
Una giornata
caldissima, toccata anche da un principio di nubifragio, tutti ingredienti che
potevamo minarne il risultato.
E’ andato invece
tutto bene, benissimo, e già si pensa alla prossima edizione!