Stefano
Orlando Puracchio propone un nuovo
scritto focalizzato sul Rock Progressivo.
E’ il quarto suo book che ho la possibilità di leggere, e dopo la
“progressione evolutiva” rappresentata dai primi tre (i sottotitoli forniscono
le corrette indicazioni: “Una guida”,
“Linee di confine” e “A gentile richiesta”), arriva il momento
di tirare le somme.
Il “Manuale
Minimo del Rock Progressivo” rappresenta molte cose: un sunto
delle puntate precedenti - con annesso materiale inedito -, una semplificazione
di ciò che appare di difficile presa per la pomposità della denominazione -
peraltro sviluppatasi nel tempo -, un aiuto a rispolverare la memoria, un
diverso punto di vista che permette il confronto per chi è già introdotto e una
via di iniziazione per chi fosse incuriosito dai termini e dal “sentito dire”
di genitori e di conoscenti.
Il libro si presenta diviso in differenti sezioni e, partendo dallo
splendore degli albori arriva ai tempi recenti, passando per lunghi anni di fasi
alterne.
Il prog ha avuto un solo lustro di piena luce, basti pensare che proporre
ad un’etichetta discografica un nuovo album all’interno di quel genere, ad
esempio nel 1976, poteva significare quasi sicuramente un rifiuto e,
soprattutto, il successivo oblio totale, quel buio che troverà riscatto quasi
sempre nel nuovo millennio attraverso le reunion sollecitate dal ritorno al
prog e dallo sviluppo tecnologico. Eppure sarebbe bastato “concepire il disco”
un anno prima e il corso della storia avrebbe seguito altri percorsi.
Ma se appare doveroso fornire date di inizio e fine - la storia lo
richiede - sembra altrettanto evidente come siano esistite importanti anticipazioni, quel
proto-prog che nasce con i Procol Harum, i Moody Blues e i Vanilla Fudge, senza
dimenticare il patrimonio dell’Unesco rappresentato da Sgt. Pepper.
SOP racconta la nascita del movimento e il suo progredire, esponendo il
suo pensiero personale, tra elementi tecnici e idee innovative, ma non
dimenticando la testimonianza diretta, quella dei protagonisti - gli attori
presenti, sul palco e non - di un’era irripetibile: “Dalla genesi alla fine dell’età dell’oro”, tanto per usare parole
di Puracchio.
Esiste poi una seconda fase dove vengono analizzati album particolari di
gruppi precisi, stranieri e italiani, fornendo anche gli strumenti per poter
essere autonomi, ovvero per diventare commentatori - di solito si usa il
termine “recensori” - e fornire un giudizio critico.
Non esistono più figure che, in generico ambito rock, possano determinare
le sorti di un album con la propria analisi, ma confrontare le idee, dopo
attento ascolto, mi pare cosa saggia e utile.
L’elenco degli album - e delle band - stilato da SOP appare
sufficientemente obiettivo, ma la presentazione di album e brani da parte di un
musicofilo passa obbligatoriamente per le proprie passioni, e quindi appare
difficile realizzare una perfetta dicotomia tra elementi oggettivi e soggettivi:
sviscerare un album degli YES o dei Genesis, volendo sceglierne il più
rappresentativo, impone a mio giudizio un intervento - più o meno conscio -
della percezione personale, del periodo in cui è avvenuto il contatto,
dell’atmosfera del momento, della capacità da parte di certe sonorità di
evocare memorie/odori/immagini.
Insisto. E’ meglio raccontare in modo perfetto ciò che l’ortodossia
musicale ritiene significativo o è anche bene evidenziare qualcosa che, magari
ha meno “numeri” storici, ma propone attimi capaci di scatenare forti brividi,
anche a distanza di anni?
Puracchio possiede un modo naturale di realizzare il compromesso tra le
due cose, sposando professionalità - che da sola potrebbe risultare noiosa, o
solo per pochi - e cuore, unendo gli aspetti informativi/formativi alla
descrizione di un mondo che, obtorto collo, gli avrà procurato un bene
interiore che decide di mettere a disposizione di terzi.
Giusto per stimolare la curiosità, sottolineo che, nella fase dedicata
all’analisi storica delle band e dei loro dischi, troviamo mostri sacri
stranieri (Genesis, Yes, Pink Floyd, King Crimson, Jethro Tull, Gentle Giant,
Van der Graaf Generator, ELP…) miscelati a quelli di “casa nostra” (PFM, ORME,
BMS, Osanna…), passando per gruppi altrettanto importanti ma di minore
visibilità, magari arrivati al traguardo qualche secondo dopo, a volte a tempo
scaduto.
Quali i titoli scelti da SOP? Beh, forse è meglio scoprirlo leggendo il
libro! Nell’indice a fine articolo fornisco comunque elementi decisivi per…
saperne di più e lasciare spazio all’immaginazione.
Una terza sezione è dedicata a una fetta di “Europa Settentrionale”, dove accanto ai popolari Focus troviamo Bo
Hanson, Embryo e Secret Oyster, realtà da indagare maggiormente.
Si arriva poi oltre cortina, con artisti di cui sapevo poco (Mini,
Solaris e SBB), e che ho iniziato ad approfondire (ecco uno dei pregi di questo
tipo di letture: l’effetto domino).
La quinta parte è nobile, ancora più delle altre quattro, per la
denominazione che mette in allarme il neofita: “Livello Avanzato”.
Beh, Magma e Gong necessitano realmente di una fase di preparazione
perché l’impatto, soprattutto con i primi, potrebbe essere devastante.
Qui diventa complesso dare definizioni legate alla musica progressiva, un
contenitore che - in ambito italiano e trattato nel book - vede al suo interno
ensemble come La Locanda delle Fate e Perigeo o Area, proposte musicali molto
diverse tra loro; ma non mi voglio soffermare su tali significati, evidenzio
invece - banalizzando - il concetto valido per tutte le stagioni, che fa
riferimento all’estrema libertà espressiva - tra musica classica, rock jazz - traducibile
con la chiosa “apertura ad ogni tipo di
contaminazione”.
I Gong non sono paragonabili ai Magma e Puracchio aiuta nella
decodificazione del loro ingegno, introducendo il possibile curioso ad un micro cosmo
tutto da scoprire.
Si conclude con “Il Consiglio dei
Saggi”, ovvero quatto saggi brevi di cui non vorrei svelare molto, ma che
ci permettono, ad esempio, di focalizzarci su “tre Peter” storici: Sinfield,
Hammill e Gabriel.
Come dice Stefano Orlando Puracchio, il suo intento non era quello di
realizzare un lavoro estremamente tecnico, ma bensì un “manuale divulgativo”.
I libri sulla musica progressiva si moltiplicano e pare difficile
inventare o scoprire novità, anche se la mia esperienza personale riporta al
racconto, non mio, di musica progressiva che arriva da ogni parte del mondo e
che in pochi conoscono; ma ancor più mi stupisce trovare del “nuovo” (cioè “vecchio”
ma a me non noto) proprio in quel periodo magico individuato nei primi ’70, e
che mi porta spesso a dire, tra stupore e indignazione: “Ma come ho fatto a non accorgermi di loro?”.
Aggiungo un suggerimento ai lettori di questo libro, ai più giovani e a quelli che tutto sanno: ci vuole un pò di umiltà e voglia di allargare la propria
mente, aperti al nuovo, aperti al vecchio, pur sapendo che la perfezione di “Selling England By The Pound” è irraggiungibile
e può essere usata come punto di riferimento, il “peso campione” con cui tutti
devono fare i conti quanto si sbilanciano nel parlare di un bell’album.
Stefano Orlando Puracchio facilita il compito, con la sua scrittura che è
compendio di didattica, documento e passione, e regalandoci il suo punto di
vista prova ad osare, riuscendo a “inventare” qualcosa che, in questi termini,
non esisteva ancora.
Lettura piacevole.