RockVirus è l’album strumentale di Amedeo Miconi,
uscito da poco per Videoradio, che
prevede la presenza di super ospiti - Jennifer
Batten, Mel Collins e John Giblin. Tutti gli elementi e i particolari
importanti emergono nel corso dell’intervista a seguire.
Il
parco degli stranieri “nobili”, unito a quello dei nostrani di qualità, crea i
presupposti per un disco godibile, tra virtuosismo e sonorità rock, ma ciò che
Miconi realizza è un racconto, un intrecciarsi di storie e di emozioni dove la
comunicazione non verbale racconta molto di più delle parole. Momenti
struggenti, sollecitazioni alla dinamicità, attimi riflessivi e intimistici,
atmosfere cangianti e coinvolgenti: sono queste le sensazioni da post ascolto
che inducono a ripetuti giri di giostra, perché l’impegno e il rigore musicale
non sono necessariamente accompagnati dell’eccessiva cerebralità, e i momenti
di concentrazione, in questo caso, si abbinano all’istinto e alla “pancia”.
Un
album sufficientemente trasversale, tanto da poter essere consigliato a
chiunque ami la classe abbinata al mondo dei suoni.
Una
piacevole sorpresa, per me, Amedeo Miconi e il suo RockVirus.
Ma le sue parole spiegheranno molto meglio il personaggio e la sua idea di musica.
Ma le sue parole spiegheranno molto meglio il personaggio e la sua idea di musica.
La tua biografia è molto ricca, e
partendo dallo status di autodidatta si arriva all’acquisizione di competenze
importanti e di esperienze conseguenti: mi racconti in pillole le cose che a
tuo giudizio ti hanno cambiato la vita, musicalmente parlando?
Innazitutto credo che una parte
fondamentale sia stata quella di aver ascoltato tantissimi generi musicali, a
partire dai primissimi anni di età. Questo si è rivelato molto utile quando ho
cominciato a suonare la chitarra, intorno ai quattordici anni. Studiavo come
autodidatta su diversi metodi e tiravo giù le parti delle canzoni direttamente
dai dischi. È una pratica molto utile e quando si suona insieme ad una
registrazione si ha la sensazione di farlo con una band, e la cosa è sempre
molto stimolante. Poi ho suonato con molti gruppi musicali di vario genere e ho
iniziato a studiare in una struttura scolastica importante, con percorsi didattici
ben definiti. È stata una scelta molto utile che mi ha fatto dare un nome a
cose che già facevo, magari inconsciamente, e me ne ha fatte scoprire
moltissime altre.
Ricordo come un tempo Steve Howe
prendesse sempre due biglietti aerei, uno per sé e l’altro per la sua chitarra:
che cosa rappresenta per te lo strumento?
Lo strumento è molto importante per un
musicista, anche se credo che quelli a cui ci si affeziona di più non possano
essere moltissimi. Non sono un collezionista e alcune delle chitarre che ho
hanno diversi anni. Ovviamente al di là del valore oggettivo dello strumento c’è
una componente affettiva imprescindibile. Chiaramente poi c’è il discorso pratico
lavorativo, per cui si sceglie una chitarra piuttosto che un’altra a seconda
della sonorità che viene richiesta. Ho diverse chitarre alle quali sono molto
affezionato, ma quella alla quale tengo di più è una Charvel/Jackson del 1990,
chitarra dai connotati hard rock e metal ma che è davvero molto versatile e con
gli anni ha acquistato “molto suono”.
E’ uscito “Rockvirus”, l’album che hai realizzato coinvolgendo ospiti
stratosferici: come è nata la scelta dei vari musicisti?
La piacevole scelta della line up di
base è caduta su alcuni colleghi/amici noti nel panorama musicale italiano ed
internazionale, con i quali ho condiviso tantissime esperienze live/ studio
durante gli anni. Colgo l’occasione per ricordarli e per ringraziarli del loro
apporto fondamentale: Primiano Di Biase e Stefano Maggio - tastiere e
programmazione -, Salvatore Scorrano, Salvatore Leggieri e Gigi Zito alle
batterie, Mario Guarini al basso. Ho avuto l’onore ed il privilegio di avere
come special guest alcuni dei musicisti che ho sempre ammirato tantissimo,
quali Jennifer Batten - chitarrista, tra gli altri, di Michael Jackson e di Jeff
Beck -, Mel Collins - sassofonista al fianco dei Dire Straits, di Alan Parsons
e via dicendo - e John Giblin, bassista dei Simple Mind e di Peter Gabriel,
solo per citarne un paio. Pensare a loro è stato molto facile perché hanno
accompagnato alcuni dei miei artisti preferiti e li ho conosciuti, da ragazzo,
leggendo i credits di tantissimi album famosi, quindi conoscevo bene il tipo di
sound che avrei potuto ottenere e loro sono stati davvero fantastici!
L’album è completamente strumentale:
può la sola musica inviare i messaggi che solitamente sono delegati alle
liriche?
La musica ha un potere evocativo e
comunicativo immenso, e anche se un concetto può essere espresso al meglio e
arrivare più velocemente con le parole, le immagini e le emozioni suggerite da
una frase musicale o da una scelta sonora possono avere la stessa forza. “Tears” è il brano dell’album che ho
dedicato a mio padre, scomparso recentemente. Spero che riesca a trasmettere la
forte emozione ed il dolore di quando è stato composto. In quei momenti forse
sarebbe stato difficile scrivere delle parole, e una volta terminato ho avuto
la sensazione di aver “detto” tutto quello che avevo dentro. Mi piace molto la
musica strumentale ma anche molto quella cantata e ci sono alcuni brani in “Rockvirus” che hanno una struttura molto
“forma canzone”.
Immagino non sia semplice proporre dal
vivo un simile disco, assieme a tutti i protagonisti effettivi: sono state
pianificate date per presentarlo sul palco?
Portare dal vivo i brani dell’album è
un’idea che mi ha accompagnato durante tutta la lavorazione. Sarebbe un sogno
avere la line-up completa del disco, ma sarà quasi impossibile, parlando degli
ospiti stranieri, se non per congiunzioni astrali particolarmente favorevoli.
Tuttavia mi piacerebbe coinvolgere gli stessi amici/colleghi che hanno dato un valore
notevole a tutto il lavoro.
Mi dici il nome del chitarrista che
continua ad essere per te un punto di riferimento?
Ce ne sono tantissimi! Comunque direi
Jeff Beck. È un punto di riferimento per tante e variegate generazioni di
musicisti, oltretutto ha dimostrato di essere in continua evoluzione e di stare
al passo con i tempi, confermando il fatto che non si finisce mai di esplorare
il mondo musicale. Lui è riuscito a farlo arricchendo il suo linguaggio di sfumature
tecnico-espressive vicine alla voce umana. Non dimentichiamoci che nelle famose
session con Jimi Hendrix, (altro grande innovatore chitarristico-musicale), i
due hanno effettivamente avuto uno scambio che ha arricchito entrambi.
Come ti poni davanti alla tecnologia,
sia per la realizzazione della tua musica che per la sua pubblicizzazione?
Il computer ricopre un ruolo importantissimo nella produzione
musicale, con innegabili vantaggi: si possono avere tracce infinite da registrare,
ci si possono scambiare i files spostandoli da uno studio all’altro, e
sostanzialmente con un buon computer, una buona scheda audio e un microfono, si
ha a disposizione uno studio di registrazione completo. Chiaramente per
risultati totalmente professionali lo studio rimane un punto di riferimento
importantissimo. L’ambiente in cui si registra, le macchine molto costose e,
non ultima, la competenza dell’ingegnere del suono, sono fattori determinanti.
Uso tantissimo il computer nella pre-produzione dei brani, poi mi appoggio agli
studi professionali di cui sopra per mettere insieme il tutto, ma le
possibilità date oggi da questo tipo di supporto sono enormi. Ha sicuramente
semplificato moltissimi aspetti del lavoro. Per quanto riguarda l’aspetto pubblicitario
penso che sia un mezzo importantissimo per far conoscere i propri lavori. A tal
riguardo, invito chi fosse interessato a visitare la mia pagina FACEBOOK
Tra i tuoi ospiti c’è un certo Mel
Collins, e proprio in questi giorni i King Crimson sono in tour in Italia: ti
appassiona la musica progressiva?
Ecco che è uscito uno dei nomi degli
artisti di cui parlavamo prima, in questo caso un gruppo. Si, mi piace molto la
musica prog e l’impronta lasciata da gruppi quali i King Crimson, appunto, Yes,
Genesis, Van der Graaf Generator, Camel; è indelebile e ha ispirato tante
generazioni di musicisti. Senza dimenticare il prog italiano con gruppi come La
PFM, Le Orme, I New Trolls ed il Rovescio della Medaglia che è recentemente
uscito con un nuovo lavoro.
Mel Collins
Tra i tanti ruoli che hai ricoperto,
ce n’è uno che ti da soddisfazione maggiori?
Spesso accade di lavorare a cose
diverse in periodi diversi: sottofondi per immagini o colonne sonore, lavori in
studio, scrittura di brani, arrangiamenti e attività live. È bello passare da
un lavoro all’altro perché ognuno ha delle caratteristiche diverse ed è sempre stimolante.
Che cosa c’è nel futuro prossimo di
Amedeo Miconi?
Alcuni lavori in studio e live per
diversi artisti, la promozione dell’album che è partita in questi giorni (vorrei
ringraziare Beppe Aleo e Lucilla Corioni) e spero di riuscire a portare “Rockvirus” dal vivo il prima possibile.
John Giblin
Ma chi è Amedeo Miconi secondo la biografia ufficiale?
Inizia a suonare la chitarra all’età
di quattordici anni e la sua formazione è autodidatta sino ai vent’anni, quando
si iscrive all’università della musica di Roma. Ha acquisito parecchia
esperienza “live” suonando e collaborando con molti gruppi, (sia musica
originale che cover band), spaziando tra il Pop, il Pop-Rock, il Rock e l’Hard
rock, passando per il Blues fino alla musica Leggera, sia italiana che internazionale.
Ha partecipato a parecchie manifestazioni e programmi tv, quali La Grande Notte
del Lunedì di Rai2 (gruppo di accompagnamento musicale di Max Tortora, con il
quale è tuttora impegnato). Ha avuto occasione di accompagnare dal vivo,
Audio2, Luca Barbarossa, Francesca Alotta, Sergio Caputo, Stefano Di Battista,
Max Giusti. Ha fatto parte per due anni dello staff del Tour Music Fest,
festival internazionale della musica emergente, come docente degli stage
professionali di “Tecniche e Stili chitarristici” rivolti agli iscritti alla
gara, in collaborazione con Giampaolo Rosselli, Franco Fasano, Luca Pitteri,
Mogol, e come chitarrista della house band del festival. Ha lavorato in qualità
di turnista per diversi anni presso lo studio/edizioni musicali GIA.DA.MA.STER
di Roma, nella realizzazione di diverse produzioni discografiche, tra cui il
musical “San Francesco” di Ermanno Croce, brani per l’album di Monsignor
Milingo e la realizzazione di un album a proprio nome, (Background Guitars),
con David Scillia (Batteria), e Alberto Caneva, (Basso). Collabora da diversi
anni con la Rai, quasi sempre insieme a Stefano Maggio (Keyboard
player,Producer,Vocal coach, Singer…), alla realizzazione di sottofondi musicali
per programmi televisivi e radiofonici, come: Cominciamo bene, La vita in diretta,
Alle falde del Kilimangiaro, Geo & Geo, Uno mattina, A sua immagine, Pianeta
dimenticato e alla realizzazione di sottofondi musicali e sigle per i dvd allegati
alla Gazzetta dello Sport. Sempre per la Rai, realizza con Stefano Maggio e
Filippo Manni, la colonna sonora per il film “Deadly kitesurf” del regista
Antonio De Feo. Da qualche anno collabora con la Pop Virus Publishing (Monaco),
per la realizzazione di sottofondi musicali per le reti televisive tedesche. Da
alcuni anni è impegnato nell’insegnamento presso alcune scuole di musica Roma e
nel Lazio. Nel 2016 realizza l’album strumentale “Rockvirus” per Videoradio. Il
disco vanta la presenza di ospiti internazionali illustri, quali Jennifer
Batten, Mel Collins e John Giblin, e musicisti italiani che lavorano spesso al
fianco di grandi artisti nazionali ed internazionali, come Salvatore Scorrano, Gigi
Zito, Salvatore Leggieri, Mario Guarini e Stefano Maggio.