Fabio Zuffanti e Riccardo Storti presentano
il loro libro fresco d’uscita, “PROG ROCK!-101
dischi-dal 1967 al 1980”, alla Ubik di Savona, seconda tappa del consueto giro promulgativo. Giorno scelto il 4 marzo, data di nascita di Chris Squire e... di Lucio Dalla! Casualità.
A fine post è
possibile ripercorrere la prima parte dell’evento, grazie alla video ripresa di
Alberto Sgarlato.
Sala gremita, carica
di “ammalati” del genere - prog - con folta partecipazione di pubblico della
zona di Albenga, ovvero, come fare 50 km di strada per immergersi nell’argomento musicalmente più
amato.
Zuffanti e Storti sono
ormai una coppia consolidata: amici, stesse passioni, stessa città, quella
Genova che ha dato contributo fondamentale allo sviluppo del beat, del
cantautorato, della sperimentazione e, ovviamente, della musica progressiva.
Entrambi, di base, musicisti,
anche se la conformazione attuale prevede “dentro il mestiere pieno” il solo
Fabio, mentre Riccardo esercita altra professione, anche se la passione di
sempre lo ha portato ad essere parte attiva dello studio approfondito, della
ricerca, della pubblicazione delle sue scoperte, tra romanzo e documentazione tecnica
e storica.
Zuffanti propone le
sue idee da oltre vent’anni, e la sua fertilità creativa, l’inesauribile lancio
di progetti senza soluzione di continuità, lo rendono unico sulla scena
nazionale e non solo.
L’azione simbiotica
dei due passa attraverso molteplici collaborazioni, tra radio e TV, ma approda
oggi, per la prima volta, al book, in questo caso un volume di oltre 400 pagine
praticamente privo di immagini, e quindi lettura sostanziosa.
Per esperienza posso
dire che una scrittura a quattro mani e tutt’altro che facile, almeno quando il
risultato ricercato è la sintesi di pensiero, ovvero l’impossibilità di trovare,
nel corso di lettura, demarcazioni nette tra gli autori: due teste pensanti,
esperienze e culture diverse, ma un unico messaggio omogeneo come output.
Non è mio scopo, in
questo spazio, commentare il libro, ma piuttosto descrivere l’evento savonese,
ma viene spontaneo lasciare sul campo qualche pensiero.
Vorrei partire dalla
copertina - che pare piaccia solo a me -, probabilmente frutto della scelta
dell’editore.
Tra le mille
possibilità che potevano ricondurre all’arte tipicamente prog, mi ritrovo in
mano l’estrema - ed elegante - semplicità, con la porzione scritta, stilizzata,
completamente nera, posta su uno sfondo bianco lucido: mi piace pensare che
l’impatto minimalista si legato al contrasto cercato rispetto alla sontuosità
del contenuto, mettendo in moto da subito l’idea di progressione, di crescendo,
che ben si adatta alla dinamicità del tipo di musica trattata.
E poi si arriva alla
materia da leggere e, soprattutto, da ascoltare, quei 101 album che hanno
permeato la vita di un giovane Zuffanti, condizionandone presente e futuro; non
i più belli di sempre, non i super conosciuti, non solo quelli inglesi, ma… i
più significativi, quelli più amati, checché ne dica il mondo al contorno.
Ma tutto ciò
probabilmente non era sufficiente per ottenere la fermatura del cerchio, e
allora entra in gioco lo studioso e competente Storti, che contestualizza le
opere, prova a sviscerarle, descrive i dettagli tecnici e produce didattica in
modo soft.
Il rapporto osmotico
dei due autori provoca la miscela omogenea a cui facevo accenno in precedenza, e
nasce così un contenitore prezioso, la cui lettura - quella consigliata -
prevede la partenza dalla pagina 1 e via a seguire, perché solo così emergerà il
senso della continuità, della storia in divenire, con due paletti temporali
che, come dichiarato nel titolo, prevedono una partenza ufficiale, quella del
’67, ed una data seconda, il 1980, considerata da molti la fine ufficiale del
momento di piena visibilità della musica progressiva.
Ma la curiosità può
condurre ad una fruizione diversa, la consultazione dell’indice, una lettura
che dà immediatamente il senso dell’opera - che definisco democratica, essendo
gli artisti citati provenienti da tutto il mondo, e non solo dalla seminale
Inghilterra -, con la scoperta di tratti sconosciuti, il ritrovamento di elementi
persi da lustri, e la presenza di nomi che difficilmente vengono inseriti nelle
liste prog ufficiali: Aphrodite’s Child, Lucio Battisti, Claudio Lolli, Alberto
Fortis… ma allora viene spontaneo chiedersi: “Come può essere definito il prog
nella visione del terzo millennio?”. Domanda da un milione di dollari! Cito il
pensiero di Zuffanti e Storti, estratto dalla prefazione del book: “L’appellativo Prog riguarda tutte quelle
musiche che, a partire dai tardi anni Sessanta, hanno incominciato ad espandersi
e, contaminandosi con stili diversi, hanno allargato il concetto di Pop Song,
sperimentando arditi accostamenti tra diverse influenze, senza timore di
ricercare nuove melodie, armonie, suoni e strutture.”
Con questa logica,
nella casella “prog”, si possono fare rientrare i mostri sacri dell’allora rock
sinfonico (YES, Genesis, ELP ecc.) e al contempo Tito Schipa jr, Franco
Battiato, Angelo Branduardi, Alan Stivell, Juri Camisasca and so on.
Un libro pieno di
sorprese, con un titolo a mio giudizio non rappresentativo della sostanza
-ancorché fotografia esatta delle linee guida - che partendo dal punto di vista
assolutamente soggettivo approda ad un cosmo di cui fanno parte tutti i cultori
del genere “Musica”, nella sua più ampia accezione.
Occorre anche sottolineare
come i “101” siano accompagnati da un gran numero di suggerimenti discografici, e
alla fine si arriva ad una vera "moltiplicazione prog" che, personalmente, mi provoca
un significativo effetto domino, un altro/alto pregio dell’opera.
Settantacinque minuti
non sono bastati per soddisfare tutti i miei quesiti - era questo il mio
compito di giornata - e probabilmente anche il pubblico avrebbe voluto osare di
più, ma era comunque evidente la soddisfazione generale, frutto dell’intelligenza
propositiva che ha condotto all’interessamento di un pubblico attento,
certamente specializzato, ma molto partecipativo.
E per i primi tre
curiosi - e “coraggiosi” - è arrivato anche un piccolo cadeau… ma questa è tutta un’altra storia!