“In A
State Of Altered Unconsciousness” è l’album d’esordio degli Earthset,
giovane band bolognese che, dopo un primo EP demo, autoproduce un gioiellino
davvero notevole e inusuale.
E’ bastato captare un
frammento della loro musica per trovare la spinta verso una conoscenza più approfondita: la quantità
della proposta musicale è oggigiorno talmente elevata che esiste il rischio
concreto di perdere la qualità che si nasconde nella massa, ed è quindi un
obiettivo primario, per gli artisti emergenti, trovare il miglior biglietto da
visita possibile.
L’idea che mi sono
fatto degli Earthset, leggendo le
loro risposte e provando ad entrare in punta di piedi nel loro mondo musicale, è
che siamo al cospetto di ragazzi con le idee cristalline, dotati di una buona
cultura che consente loro di creare un percorso lineare nonostante le tante
deviazioni naturali presentate dal terreno, e se la somma di idee innovative, competenze
e gusto dovesse mantenersi su questo standard - fatto auspicabile - , e non si
arrivasse mai a cadute verso l’autoreferenzialità - cosa di per sé comprensibile quando manca l’esperienza
di vita - le soddisfazioni potrebbero arrivare copiose.
Il termine “soddisfazione”
applicato alla musica degli Earthset non
può a mio giudizio significare buona visibilità entro i nostri confini, perché non
mi pare ci siano i presupposti per il compromesso, approccio che porterebbe a modificare
un modello espressivo che a mi sembra davvero innovativo, ma il successo si può
manifestare in modi differenti, e il trovare un ruolo preciso all’interno della
comunità musicale potrebbe decisamente far sorridere. L’estero è l’alternativa.
Si esprimono in inglese
gli Earthset - e non poteva essere
altrimenti! - e realizzano un disco che solo alla fine si palesa come
concettuale; il focus ruota attorno ai significati di coscienza e incoscienza
che caratterizzano il nostro quotidiano, le nostre esistenze condizionate dal
disagio, spesso tangibile per chi ne è vittima, ma a volte subdolamente
nascosto per chi non lo percepisce e realizza una quasi pacifica convivenza tra i due stati, un equilibrio che all’improvviso può esplodere e regalarci alcune verità - prese di coscienza - che potrebbero
dare il colpo di grazia, oppure fornire la spinta per risalire e trovare la
giusta luce per illuminare il sentiero che abbiamo davanti: ricominciare a
vivere è la sola cosa che possiamo fare.
La musica degli Earthset può essere afferrata in modo
meno… consapevole, come ci accadeva negli anni ’70, quando ci innamoravamo
perdutamente di ciò che arrivava d’oltremanica, quando i messaggi intrappolati nelle
liriche risultavano quasi sempre incomprensibili, visto l’idioma utilizzato.
Difficile per me
trovare un disegno già conosciuto, perché ad ogni nuovo angolo corrisponde ciò
che non ci si può aspettare se si ragiona in termini di similitudine rispetto
alla traccia precedente; i generi si miscelano e non credo di uscire fuori tema
se affermo di aver trovato tracce di rock tradizionale, punk, psichedelia
canterburiana, progressive, britpop e un profumo intenso di Seattle.
Pregevole l’utilizzo
della voce, strumento aggiunto, come spesso capitava in ambito prog e, tanto
per sottolineare la precedente chiosa, esistono passaggi dove si ha l’impressione
che Peter Hammill e Eddie Vedder trovino il punto di incontro nella proposta
degli Earthset.
Non mancano i momenti
intimistici e vorrei segnalare la bellezza di un brano struggente come Epiphany (https://www.youtube.com/watch?v=ZgRg43ULLTA),
che fornisce un’idea precisa delle atmosfere rarefatte e di impatto create
dalla band.
Da tenere d’occhio
questi ragazzi, il loro album convince e seguirli con curiosità è il minimo che
si possa fare.
L’INTERVISTA
Domanda d’obbligo: come, dove e quando nascono gli Earthset?
Gli Earthset nascono un pò per caso, un pò per fortuna… un pò
per la voglia di suonare ed un pò per l’incoscienza di quattro giovani studenti
fuori sede. Come un “blob” l’entità Earthset ha avvinto prima Luigi e
Costantino, per poi intrappolare anche Emanuele ed Ezio. Il tempo di gestazione
è stato piuttosto breve, un mese scarso a cavallo tra fine 2011 ed inizio 2012,
tant’è che la comunità scientifica non riesce ancora a stabilirne la natura
umana o aliena… Ma alla fine Earthset è nato. Ovviamente c’era solo un posto
sulla Terra in grado di fornire le condizioni ambientali per lo sviluppo di
questa entità critica, colta, incazzata e giovanilmente antica: Bologna.
Non amo molto le etichette ma vi chiedo come spieghereste a
parole, a chi non vi conosce, quale sia la vostra proposta musicale.
Neanche noi amiamo le
etichette, cose appiccicose che ti si incollano addosso, utili più per chi
vende che per chi fa musica/arte in generale. Però per semplificare la
comprensione di chi legge diremmo così: suoniamo un rock acido e tagliente, di
base senza distorsioni pesanti, ma che a volte si accendono improvvisamente
(caratteristica del grunge/alternative). È un rock molto d’atmosfera e per “immagini
sonore” (psichedelia), in cui prevale un costante dialogo tra gli strumenti e
la voce ed una ricerca di armonie non tipicamente rock, a volte
classicheggianti (qualcuno ci vede del progressive) o non perfettamente
consonanti (noise).
Forse più che chiarire abbiamo alimentato la confusione… Consigliamo
di ascoltare il disco perché suona meglio di come lo si spiega!
“In A State Of Altered Unconsciousness” è il vostro album di
esordio: mi raccontate i contenuti?
È un disco che raccoglie dieci brani, più una Ouverture
strumentale, scritti tra metà 2012 e metà 2014. Abbiamo scritto il materiale e
poi selezionato queste dieci canzoni nel momento in cui ci siamo accorti che
presentavano, sia musicalmente che testualmente, degli elementi comuni che
avrebbero consentito di dare maggior coerenza al lavoro.
Tre dei brani del disco erano già presenti nel nostro primo
demo EP, che abbiamo ritenuto giusto registrare nuovamente perché la versione
demo non aveva reso giustizia all’idea che di questi brani avevamo noi in testa.
C’è molta varietà di stili e suoni, ma è un disordine apparente, dietro il
quale si cela una coerenza di fondo data dalla ricerca di soluzioni inaspettate
o comunque capaci di sorprendere l’ascoltatore.
Trattasi di album concettuale?
Alla fine si, è risultato un album concettuale, anche se il
“tema” si è palesato solo a scrittura ultimata. Il concetto di base è una
riflessione sul significato di coscienza/incoscienza e su come sotto il velo di
razionalità e lucidità di determinate scelte di vita, anche quotidiana, si
nascondano vere e proprie voragini di incoscienza di sé. Se si volesse trovare
un messaggio in ciò, sarebbe un invito ad una presa di coscienza, per vivere
meglio con noi stessi e quindi anche con gli altri. Ed è divertente pensare che
questo appello alla coscienza ed alla conoscenza di sé sia emerso in modo
inconsapevole - e quindi incosciente - nella nostra produzione musicale…
Un paradosso, che però ci riporta al concetto iniziale: da
una coscienza apparente, ad una vera e propria presa di coscienza attraverso
stati alterati di Incoscienza.
Esistono modelli a cui vi rifate, artisti che considerate per
voi formativi e punti di riferimento?
Sì e no, nel senso che ognuno di noi ha i propri modelli a
livello di formazione musicale, i più vari e diversi. Per cui indicarne uno che
accomuni tutti è praticamente impossibile … Come ascolti siamo tutti
ascoltatori voraci ed anche abbastanza curiosi, quindi in questo caso il
problema è opposto.
Quanto è importante per voi la nuova tecnologia, sia dal
punto di vista del vostro lavoro realizzativo che da quello della
pubblicizzazione?
Abbiamo un rapporto normale con la tecnologia. Nel nostro
lavoro incide come in quello di tutti. Il web e i social sono diventati
indispensabili per la pubblicizzazione di un qualsiasi lavoro. Per quel che
riguarda la produzione, ovviamente le possibilità offerte da schede audio e
relativi software che consentono a chiunque di produrre anche interi dischi
totalmente in digitale, sono assolutamente straordinarie. Noi non ne facciamo
un gran uso, preferiamo un approccio più analogico, dettato non tanto da
atteggiamento hipster, quanto piuttosto dalla considerazione secondo cui la
musica è qualcosa di “fisico”: quindi vogliamo mantenere quella fisicità nei
nostri suoni e nel nostro sound.
Come avete prodotto e come distribuirete l’album?
L’album è stato autoprodotto insieme a Carlo Marrone ed
Enrico Capalbo (in arte Soren Larsen). Carlo ha curato maggiormente l’aspetto “artistico”,
seguendoci in sala prove in corso di scrittura. Il suo è stato un approccio
“maieutico”: non ci ha mai detto cosa fare o cosa modificare nello specifico,
ma si è sempre espresso con sincerità suggerendo idee o possibili sviluppi di
arrangiamento, lasciandoci sempre libertà nella concreta realizzazione. Ed era
divertente per noi provare a trovare delle soluzioni che, pur andando nella
direzione da lui indicata, avrebbero potuto sorprenderlo.
Enrico ci ha seguito prevalentemente in studio di registrazione
ed in fase di mix/master, mettendo al nostro servizio la sua incomparabile
professionalità ed esperienza. È stato un privilegio poter lavorare con loro,
oltre che un piacere essendo dei carissimi amici.
Il disco è distribuito da Audioglobe e The Orchard, sia in
digitale sui principali stores online che in copie fisiche.
Come giudicate lo stato attuale della musica in casa nostra?
Possibile fare confronti con il resto del mondo?
Generalmente la musica italiana è abbastanza chiusa e,
quindi, poco rilevante all’estero (Non ci esprimiamo sulla produzione pop di
derivazione talent…).
Purtroppo anche il mondo indipendente, che dovrebbe essere il
più aperto, ha registrato una certa chiusura ed autoreferenzialità. Proliferano
proposte musicali poco originali, abbastanza derivative e comunque prive di
personalità. Forse la scena elettronica italiana è più al passo con il resto
del mondo, ma il rock indipendente di casa nostra esce abbastanza malconcio dal
paragone con l’estero. Ovviamente ci sono delle eccezioni, ma parlando in
generale la vediamo abbastanza così.
Come sono gli Earthset dal vivo?
Ah chi lo sa… noi stiamo sempre dal lato del palco in cui non
si vede. Voci di corridoio dicono che il bassista è troppo inglese, il
batterista picchia, il chitarrista balla il tip tap sui pedalini ed il cantante
alla chitarra ha i capelli spettinati davanti agli occhi, che il tutto è molto
potente ed abbastanza “viaggione”, soprattutto con la nuova scaletta da tour.
Speriamo di riuscire a vedere anche noi tutto questo prima o poi!
Non vado mai a… cercarmi del lavoro, per il semplice fatto
che mi manca il tempo, ma quando ho sentito il vostro primo singolo sono rimasto
colpito e ho cercato di saperne di più: quanto credete sia importante curare
l’impatto, l’immagine, la parte visual affiancata ad un brano d’effetto?
A nostro parere quel che conta di più è la musica, anche se
oggi l’immagine è indispensabile. Molta gente ascolta la musica attraverso i
video di youtube, per cui musica ed immagine non sono mai state così
intimamente connesse come in questo frangente storico…è diventata
imprescindibile.
Per cui per “rEvolution of the Species” abbiamo realizzato
anche un videoclip, prodotto da Humareels ed El Garaje. Abbiamo cercato di
creare insieme un immaginario visivo da associare alla canzone, in cui
protagonista non è il gruppo, ma la situazione che a sua volta racconta la
canzone e la integra di significato… è un video cucito addosso a questo brano,
proprio per esserne in tutto e per tutto la rappresentazione visiva.
Quale potrebbe essere, o meglio, come vorreste che fosse il
vostro futuro prossimo, restando con in piedi saldi per terra?
La nostra più grande aspirazione al momento è suonare.
Suonare e portare il nostro disco in giro, offrirlo al pubblico… magari
provando a fare qualche puntata all’estero, dove pare che i primi echi della
(r)Evolution siano stati uditi ed apprezzati.
Tracklist
1. Ouverture
2. Drop
3. The Absence Theory
4. rEvolution of the Species
5. Epiphany
6. So what!?
7. Skizofonìa
8. Gone
9. A.S.T.R.A.Y.
10. Lovecraft
11. Circle Sea
Members:
Luca Zanni -
Vocals
Francesco
Giacometti - Guitar & Vocals
Michele
Giovanardi - Guitar & Leads
Riccardo
Grazia - Drum
Marco Luciani – Bass
Genere: indie
psych rock/grunge/prog/new wave/punk
Label:
Seahorse Recordings
Distribuzione:
Audioglobe/The Orchard
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