Fotografia di Enrico Rolandi
Il 4 aprile, il Teatro Verdi di Sestri Ponente (Genova) è stato testimone di un evento storico, per gli amanti della musica progressiva, ma della cultura in genere.
Dopo oltre quarant’anni
i Latte Miele,
band cittadina, attiva sin dall’inizio anni ’70, ha riproposto live la Passio Secundum Mattheum, una ripresa di un vecchio cammino iniziato nel 1972, ed ora
rivisitato con l’aggiunta di sette nuovi brani inediti e alcuni recitati.
Questa chiusura del cerchio è sintetizzata dalla ridondanza del titolo,
rispetto a quello originale, “The Complete Work”.
Serata ideata con l’aggiunta
di numerosi ospiti, la maggior parte dei quali protagonisti del nuovo album, da
pochi giorni rilasciato dalla Black
Widow Records.
Ma ad aprire la serata
…. la novità!
Il Tempio delle Clessidre non è certo una band da scoprire, ed
è sicuramente una delle più importanti dell’attuale panorama prog, ma i
presenti hanno potuto assistere ad una prima assoluta, e cioè la proposta acustica
di una piccola parte del loro repertorio.
Sorpresa per il pubblico,
ma probabilmente anche per la band, che ha tastato concretamente che
cosa possa regalare in chiave moderata una musica che è sempre stata presentata
nel modo “ufficiale”, sufficientemente complessa, fatta, anche, di molta
tecnica e di risvolti impegnativi che richiedono una buona concentrazione anche
per l’ascoltatore.
Alla fine del loro soundcheck
Paolo Carelli, nei pressi del palco,
si lasciava andare in un commento spontaneo in cui affermava di captare tracce di West
Coast. Non è quella la musica del Tempio, ma l’intreccio di voci e chitarre, il
tipo di disposizione, e la buona sincronizzazione dimostrata nell’occasione,
potevano in effetti riportare, nei frammenti, ad un mondo fatto di “apparente”
semplicità espressiva, laddove il termine semplicità serve solo a sottolineare la differenza rispetto alle articolazioni multiple della musica progressiva.
L’immagine arrivata al
pubblico è stata quella del team affiatato, cosa non sempre facile quando
esiste un frontman che ha il rapporto privilegiato con l’audience, o quando nel
gruppo esiste una figura di spicco come quella di Elisa Montaldo.
Oltre a Elisa,
tastierista, Fabio Gremo, che ha
riposto il basso elettrico a favore del suo originale amore, la chitarra
classica; e poi il vocalist ufficiale, Francesco
Ciapica - nell’occasione anche alla chitarra - Giulio Canepa, nel suo ruolo ufficiale di guitar man, e Andrea Montaldo alle percussioni.
Un set dalle dimensioni contenute, che ha comunque permesso di creare una piccola sintesi dei due album fino ad ora realizzati, con il totale gradimento dei presenti. Una strada da percorrere e da tenere viva in modo parallelo a quella primaria, le soddisfazioni arriveranno e forse le occasioni di vivere i live saranno maggiori, vista la ridotta difficoltà organizzativa, e di certo la qualità non ne patirà..
Un set dalle dimensioni contenute, che ha comunque permesso di creare una piccola sintesi dei due album fino ad ora realizzati, con il totale gradimento dei presenti. Una strada da percorrere e da tenere viva in modo parallelo a quella primaria, le soddisfazioni arriveranno e forse le occasioni di vivere i live saranno maggiori, vista la ridotta difficoltà organizzativa, e di certo la qualità non ne patirà..
E viene il momento
clou, ovvero la presentazione del disco di una band che vidi la prima volta nel
1972, quando ero un bambino, e ritrovarla in questa forma, nell’atto di
ricongiungere uno spazio temporale enorme, assume per me - ma forse per molti
altri - un significato che supera il
mero elemento musicale.
Il palco si riempie perché
i Latte Miele sono in buona e sostanziosa compagnia.
Manca l’archetipo del
batterista, Alfio Vitanza, ma viene
sostituito degnamente da Roberto
Maragliano, che completa la sezione ritmica assieme al bassista e vocalist Massimo Gori; Marcello Giancarlo Dellacasa occupa il suo posto alla chitarra
mentre Oliviero Lacagnina presidia
la zona tastiere. Il quinto L.M. è Aldo De Scalzi, elemento inserito
completamente all’interno della band: per lui trovare il singolo ruolo è
complicato… forse quello di “collante
musicale” andrebbe bene!
La loro musica, al di
là delle etiche precostituite, ha molto a che fare col l’espressione classica
applicata al rock, e all’interno dell’ensemble le due differenti anime sono ben
chiare, così come è evidente la loro semplicità di fusione.
Sono assenti gli archi del
GNU Quartet - rispetto al disco - ma non manca il coro spezzino Classe Mista, diretto dal Maestro Sergio Chierici… un duro lavoro per loro, in presa diretta con un pugno di cuori rockettari al fianco!
Atmosfera emozionante,
corroborata dalla sensazione di partecipare ad un evento musicalmente sacro,
impreziosito dalla volontà dei musicisti di fornire una visione alternativa
alla tradizione: può un lavoro di tali dimensioni, prolungato nel tempo,
passare inosservato?
La nuova Passio
viene riproposta per intero e questo permette l’entrata in scena di alcuni protagonista
della nostra storia musicale, in veste di attori recitanti: Paolo Carelli, Silvana Aliotta, Elisa Montaldo, Vittorio De Scalzi, Max
Manfredi, Pivio e Paolo Griguolo.
La commistione tra classico e rock è stata una delle
fondamenta di certa musica al debutto dei seventies, e quello che è andato in
scena al Verdi è la perfetta immagine capace di rappresentare un’epoca e
una dimensione musicale che, nonostante la nicchia di seguaci, continua a proporre
genialità e fantasia, dimostrando una significativa longevità che segue a mio
giudizio l’affermazione “la qualità non può morire”.
Nessuna graduatoria di merito, ognuno recita la
propria parte convincendo, e quando arriva lo stop di pochi minuti Alessandro
Mazzitelli, il fonico, tira il primo sospiro di sollievo.
Si riprende, con stralci dell’album Marco Polo
Sogni e Viaggi (San Marco e Carnival), per passare
a Fantasia Terza, un “solo” classico di Dellacasa; arriva
l’immancabile omaggio contingente a Francesco Di Giacomo, e Il Tempio delle
Clessidre ritorna per partecipare ad una particolarmente sentita Non
mi rompete; il set termina con una riduzione della lunghissima Pavana, da Aquile
e Scoiattoli. Lo stralcio delle produzione discografiche del passato si
conclude con il bis, Vision of Sunlight da Live Tasting.
Sul palco
solo professionisti, ma la competenza assoluta non è garanzia di risultato
quando si propone musica dal vivo.
Per i fortunati presenti
una serata che rimarrà nella memoria, difficilmente riproponibile in quelle
dimensioni, per ovvi problemi organizzativi, ed è quindi con estremo piacere
che mi accingo a condividere spezzoni di concerto, che meglio delle mie parole, sapranno disegnare la portata dell’evento.
A me resta in più un
quadretto, una picture entro cui inserisco la giovane Elisa Montaldo, alle
prese con un antico Autoharp, che si coordina con il “vecchio” Aldo De Scalzi,
impegnato con ogni nuova soluzione tecnologica, e chissà mai che dai loro strumenti
non possa nascere l’occasione per un nuovo incontro musicale!