Il vero coinvolgimento
musicale arriva e ti annienta nel corso di un concerto. Non sempre, ovvio, ed è
qui la differenza tra una serata riuscita ed una che non lascerà traccia.
La bravura non c’entra,
il mondo è pieno di musicsiti virtuosi, ma l’atmosfera giusta si crea solo in
alcune occasioni, e quando la scintilla scocca l’audience rimanderà al mittente
il feeling positivo, ed il loop rimarrà attivo per molte ore.
Ho passato uno di
questi momenti di pura felicità, in occasione della manifestazione a carattere benefico
organizzata da Aldo De Scalzi a Genova, un paio di mesi fa. Da queste pagine ho
sviscerato e commentato un bel momento di assoluta comunione di intenti.
E’ stata quella l’occasione
per fare alcune scoperte, artisti solo ascoltati episodicamente, ma mai
incontrati on stage. Tra questi il GnuQuartet, una sorprea piacevole.
Nell’occasione hanno
si sono esibiti come ensemble e come co protagonisti, e in tutte le situazioni
mi sono sembrati stratosferici.
Si cerca sempra la
novità, nonostante sia opinione diffusa che ci sia ben poco da inventare, ma è certo
che i componenti del gruppo profumano di vera novità.
Arrivano sul palco con
strumenti che, all’impatto, forniscono il brand all’esibizione che di lì a poco
arriverà… che tipo di sorpresa ci si aspetta da stumenti classici? E invece…
ecco il nuovo, la commistione tra tecnica e gusto, tra atmosfere classiche e
musica più “giovane”, tra rock e folk. Provo a sintetizzare con un termine:
musica totale.
La loro musica è
trasversale, e di fatto il GnuQuartet può navigare agevolmente acque che dal
pop conducono al prog, sfiorando ogni tipo di contaminazione.
Certo, c’è tanta
scuola dietro, ma il conservatorio non basta per emozionare un pubblico spesso
molto esigente.
La band è formata da
una… quota rosa, la flautista Francesca Rapetti che, molto gentilmente, ha
soddisfatto qualche mia curiosità.
L’INTERVISTA
Partiamo dall’ultimo
evento in senso cronologico, quello del Teatro Verdi organizzato da Aldo De
Scalzi. Approfitto della vostra esperienza da palco e vi chiedo se riuscite a
spiegare il successo di pubblico, dal mio punto di vista non collegato a niente
di razionale (il fine benefico, la dedica alla città, il cast).
E' uno
dei segreti delle serate live. Qualche giorno prima "senti" che sarà un botto. Non sappiamo spiegarlo neppure noi ma fa sempre piacere! Se qualcuno dei nostri amici di questa sera vi ha svelato come si ottiene un successo del genere ditecelo voi!
Nonostante io viva la
musica quotidianamente vi conoscevo superficialmente e sono rimasto sorpreso da
ciò che riuscite a dare sul palco. Fantasia e tecnica al servizio di una musica
che non saprei definire, ma che … colpisce duro. Come potreste raccontare la
vostra proposta?
Il modo
migliore che conosciamo per raccontare cose è suonare. Anche spiegare la nostra musica non è semplice. E' un contenitore di esperienze, il trampolino delle nostre emozioni e soprattutto il modo di comunicare più naturale che abbiamo.
Immagino che nelle
vostre storie singole ci sia molto studio rigoroso e applicazione: in che modo
siete stati contaminati da altre fonti musicali?
Con la
curiosità dei bambini continuiamo ad avvicinarci a tutto quello che di musicale non conosciamo, e lo osserviamo come uno scrigno che da un momento all'altro potrebbe aprirsi e rivelarci qualcosa di prezioso.
Leggendo la vostra
storia resta evidente il vostro essere trasversali, tra jazz, pop e
cantautorato: qual è la vera anima di GnuQuartet? Esiste un modello espressivo
che prediligete?
No. Abbiamo
cercato di creare un nostro modello che però non si cristallizzi mai. La ricchezza di essere quattro elementi paritari, diversi per gusti, modi, caratteri, ricerca si riflette nella nostra musica. Abbiamo il desiderio e la sensazione di non essere mai arrivati, forse, nel mondo complesso e ricchissimo nel quale viviamo, un modello monolitico è anacronistico. Panta rei.
Per chi vive di musica
la visibilità appare come elemento necessario, e spesso occorre scendere a
qualche piccolo compromesso: esistono nella vostra storia decisioni prese che,
col senno di poi, modifichereste?
Certo.
Abbiamo sbagliato tante scelte, ma ci siamo sempre sforzati di trarre linfa per il futuro dalle strade sbagliate che abbiamo preso. Brecht diceva: "Sto lavorando duro
per preparare il mio prossimo errore".
Che cosa pensate dello
stato attuale della musica, italiana e straniera? La rete fornisce solo opportunità
a rilascia anche qualche problema?
In
generale stiamo attraversando un periodo che definiremmo Ba-rock. Dalla “house” in poi non ci sono stati elementi di novità dal punto di vista estetico. Stiamo digerendo gli stimoli di un secolo di grandi rivoluzioni sperimentando mescole nuove, cristallizzando generi, scambiando pratiche esecutive. Negli ultimi anni gli strumentisti "classici" si sono avvicinati all'improvvisazione con la riscoperta del barocco mentre il jazz è diventato accademico, e oggi più che un genere è una forma mentale con la quale avvicinarsi alla musica. Non è un caso che gli inventori della “house” a Detroit fossero proprio jazzisti. La rete, come qualsiasi
altro strumento, porta occasioni nuove distruggendo i sistemi di condivisione della musica del passato. Non è facile esprimere un giudizio lucido; forse non è molto equo che iTunes o Spotify trattengano percentuali elevate dei proventi a scapito dei musicisti. D'altro canto la SIAE credo paghi 0,02 euro per canzone nei concerti con meno di 300 persone.
Credo che il palco sia
il vostro contesto naturale (come quasi tutti i musicisti), ma… esiste il
fascino da studio?
Abbiamo
una quantità impressionante di sessioni in studio, abbiamo sfiancato un buon numero di ingegneri del suono superando le 12 ore. Da quando abbiamo cominciato la collaborazione con Lorenzo Pattellani, nostro attuale fonico, è cambiato anche il rapporto con lo studio. Lo viviamo come uno strumento nuovo da studiare ed usare al meglio. Siamo molto soddisfatti dell'ultimo lavoro con i Tiromancino ad esempio - un'orchestra di oltre 40 elementi con un flauto che arricchisce alcune linee di colore o si stacca come solista. Il palco comunque è proprio il nostro habitat, ha il fascino dell'imprevisto, l'adrenalina dello sport estremo, la gioia di comunicare e la condivisione religiosa di un momento comune a pubblico e musicista che nel suo essere effimero raccoglie più significati filosofici sulla vita di quattrocento chili di trattati.
Pensate sia possibile
passare dei messaggi utilizzando una musica priva di liriche?
La
domanda se la sono posta per la prima volta intorno al '600… direi che c'è uno stuolo di eccellenti esempi da Bach a Chick Corea. A noi la musica strumentale parla con maggior chiarezza di quella testuale, lasciando più spazio alla fantasia personale ci appare come un libro rapportato ad un film. Può anche dare messaggi politici la musica
"pura", pensa a contestualizzarla, ad esempio, in un luogo nel quale è vietata o sgradita.
"pura", pensa a contestualizzarla, ad esempio, in un luogo nel quale è vietata o sgradita.
Cosa c’è dietro
l’angolo per il GNU Quartet?
La più grossa novità
sarà il nostro primo lavoro di brani originali - come i due che avete ascoltato nel corso della serata - che si chiamerà "Untitled" e sarà composto
di brani senza titolo, scelta voluta per condizionare il meno
possibile l'ascoltatore, dare meno riferimenti o suggerimenti
per permettere un maggior libertà immaginativa. Fra breve prenderemo parte
ai 2 concerti di apertura del Tour di Arisa all'Auditorium della Musica a Roma
(6 aprile) e agli Arcimboldi a Milano e poco prima
faremo una capatina oltreoceano a Baja Prog, uno dei più grossi
festival prog del mondo. In questi giorni abbiamo finito di registrare un EP di
omaggi a questo genere così ricco e così "italiano". Lo porteremo prima in
Messico e in Italia uscirà il 15 aprile. C'è stato subito grande
interesse, si sono mobilitati persino dalla Corea dove
stanno già stampando l'edizione coreana. Siamo ovviamente molto
contenti per l'interesse che stiamo suscitando in questo, per noi, nuovo mondo
musicale, oltre che alla riuscita dell'EP di cui tutti e 4
siamo molto soddisfatti.
La band:
Raffaele Rebaudengo-viola
Francesca Rapetti-flauto
Roberto Izzo- violino
Stefano Cabrera-violoncello
INFO