Circa un anno fa raccontai di Giacobs
e del suo album di esordio, La
Rivoluzione della Domenica; era
evidente l’entusiasmo legato all’obiettivo raggiunto, la realizzazione di un disco che si andava ad
inserire all’interno della sfera cantautorale genovese, senza peraltro
ricordare un qualche predecessore, e il non avere una’etichetta appiccicata in
fronte mi è parsa una delle caratteristiche di questo atipico cantautore, nato
nella terra dei mostri sacri del genere.
Nello spazio di pochi mesi trovo un artista
profondamente cambiato, che si racconta evidenziando un certo disagio
personale, che in modo assolutamente genuino rovescia nelle proprie creazioni.
Il nuovo lavoro, Bastava
Essere Felici, contiene dieci brani magici che evidenziano
quadretti intimistici che, ne sono certo, appartengono ad ogni essere sulla
terra, ma per incapacità, scarsa sensibilità e mero pudore, si ha la tendenza a
celare.
Giacobs presenta uno scenario che
sembrerebbe inusuale come secondo atto di un percorso, si spoglia di ogni
orpello e si mette in gioco come fosse in una stanza, da solo, lui e i suoi
strumenti utili alla creazione, una testa, un cuore e una chitarra.
Niente di studiato a tavolino, soltanto la
necessità di comunicare nella maniera più conosciuta, utilizzando una merce
rara, la sincerità, che permette di mettersi a nudo, totalmente, e quindi
induce alla rinuncia di qualsiasi artificio e abbellimento, perché il pregio della
musica di Giacobs non risiede nel vestito, ma nel contenuto… la carne, le ossa,
la pelle e… la voce, quel modo triste di proporre i pensieri e la quotidianità.
Il giovane Giacobs si interroga su temi
profondi, forse più tipici di un’età matura, ma il privilegio di “arrivarci
prima” di altri, diventa una sorta di condanna che spinge ad urlare “sottovoce “
il proprio sentimento.
Ho scelto “Un segreto” per
esemplificare l’album di Giacobs, un contenitore minimalista nella
realizzazione, ma pieno zeppo di significati.
Coraggio e idee chiare non potranno che
benedire la strada di Giacobs.
E’
passato poco meno di un anno da quando parlai del tuo album di esordio, “La
rivoluzione della domenica”: che cosa ti è capitato di interessante,
musicalmente parlando, da quel giorno ad oggi?
Sì, è passato solo un anno dal mio album d’esordio, ma di cose
ne sono successe parecchie, soprattutto dentro di me. Ho passato varie fasi, da
quella iniziale di normale esaltazione, fortunatamente puntuale quando
pubblichi un album in cui credi, a una seconda che definirei “di realtà” e
altrettanto normale, in cui le canzoni esistono e si assestano nel mondo, e una
terza decisamente non normale di profonda depressione, in cui non mi rendeva
più felice per il solo fatto di fare musica, poiché non mi sentivo (e non mi
sento) compreso a fondo, forse neanche da me stesso. Sono arrivato ad avere
violenti attacchi di panico e questo mi ha portato, come normale ed istintiva
reazione di difesa, a voler abbandonare tutto; il problema è che la musica e la
poesia fanno parte di me, “non mi mollano”,
ne ho un esigenza vitale perché è l’unico modo che conosco per
comunicare, e comunicare per quanto mi riguarda è qualcosa di cui non posso
fare a meno.
Di
cosa parla “Bastava essere felici”, il disco appena uscito?
“Bastava essere felici” è un concetto provocatoriamente ironico,
che nasconde in realtà messaggi di profonda inquietudine che in qualche caso
diventa addirittura disperazione.
Se guardi la copertina sono rappresentati tre forme umane
perfettamente identiche, ma quello al centro rispetto agli altri due è nero e
non bianco, e non sorride, ma è triste perché è diverso, e anche se ci ha
provato in tutti i modi non riesce ad adeguarsi e a fare parte del branco sentendosi
appagato, anche se lo vorrebbe con tutto se stesso, poiché potrebbe essere
finalmente felice come tutti gli altri, ma purtroppo non basta volerlo, lui è
condannato perché è troppo cosciente e vuole
scegliere.
Rispetto
alla tua prima “fatica”, appari completamente autonomo, con una strumentazione
minimalista e una proposta assolutamente acustica: è questa la tua dimensione
reale o altri eventi hanno inciso sulle tue scelte?
La scelta rispecchia perfettamente il momento di assoluta riflessione,
mi sono sentito solo e da solo ho voluto proporre le cose così come sono uscite,
senza nessun filtro. Ho capito cosa intendesse dire Nick Drake quando sosteneva
che le sue canzoni prendevano anima quando erano eseguite solo voce e chitarra,
rispetto a quando qualche produttore gli imponeva di inserire altri strumenti e
realizzare arrangiamenti complessi. Spesso nella musica abbiamo il concetto di
bello se “pieno”, ma in effetti dipende dai casi; nel mio avrei potuto avere a
disposizione due orchestre sinfoniche, ma immaginandomelo tante volte ho capito
che non serviva nulla di più di quello che c’era.
In futuro vedremo, mi immagino di fare un lungo viaggio in treno
senza mettermi seduto al mio posto fino all’arrivo, ma di continuare a
cambiarlo e con esso visioni, prospettive, suoni e rumori. Questo per
dirti di non stupirti se un giorno
magari me ne uscirò con un album elettronico, se in quel momento sarà il modo a
me più congeniale per comunicare.
Hai
cambiato anche studio di registrazione e collaboratori: come hai maturato il
cambiamento?
Dunque la scelta è frutto dell’agente che attualmente mi segue e
che conosceva “Zerodieci” di Roberto Vigo. Detto questo, confrontarsi con collaboratori
diversi stimola molto, perché obbliga a cambiare modo di lavorare cogliendo
quella tensione che non ti fa prendere troppa confidenza, evitando quindi
rilassamenti che fanno rischiare di perdere quella sorta di paura che rende poi
tutto più reale.
Trovi
qualcosa di cambiato sulla scena genovese… qualcosa che possa assomigliare al miglioramento,
e mi riferisco ovviamente agli aspetti culturali legati alla musica?
Trovo che ci siano persone che nonostante difficoltà di
proporzioni catastrofiche a livello economico, espressivo e comunicativo,
continuano a “sbattersi” per proporre cose interessanti e stimolanti, ma ahimè ti devo dire che la
risposta non è positiva; spesso mi capita di partecipare o assistere a delle
cose incredibilmente interessanti con pubblici quasi inesistenti, e questo è
motivo di profondo rammarico, soprattutto perché coinvolge anche quei pochi che
si professano dei paladini della cultura, e si lamentano sempre di non avere
spazi e idee, e poi sono i primi che non si vedono mai…. Genova poi è una città
molto difficile la gente è legata alle proprie abitudini e difficilmente si
apre e ha voglia di scoprire cose nuove. Ho avuto modo di fare concerti in altre città, come Torino per
esempio, dove c’è una mentalità profondamente diversa e la gente esce e va
sempre in posti nuovi in cerca di nuove proposte artistiche, e anche da parte
dei musicisti si formano delle sorte di laboratori in cui fare aggregazione, scambiare
progetti, idee e occasioni, mentre anche da questo punto di vista a Genova ci
si guarda male e si ha paura che l’altro ti possa rubare una possibilità, e
questo per quanto mi riguarda mi mette molto a disagio.
Come racconterai
al mondo “Bastava essere felici”…
hai pianificato qualche concerto?
Sì, ci sono diversi concerti già pianificati e altri in via di
definizione. Sarò per esempio al F.I.M di Genova (Palasport), al circolo
Metissage a Milano, al Localino a Roma, al Salotto di Mao a Torino, all’Arci
Camalli di Imperia ecc… ecc... invito comunque a visionare il sito ufficiale www.giacobs.it
per visualizzare le date nel dettaglio e, per chi ne avesse piacere, per
acquistare l’album al prezzo di cinque euro.
Track List
1)
Ti rincontrerò
2)
Bastava essere felici
3)
Un segreto
4)
Macerie
5)
Fior di luna
6)
Breve squarcio onirico ad un
lento lunedi
7)
Quel cielo che avevamo disegnato
8)
L’ultima volta che vidi il Sud
America
9)
L’uomo del luogo comune
10)E tu dicevi…che l’amore…
Testi e musiche: Giacobs
Arrangiamenti: Giacobs
Suonato da: Giacobs chitarra
acustica, kazoo, melodica
Registrato mixato e masterizzato
da: Roberto Vigo presso Zerodieci studio
Distribuzione: Zimbalam