sabato 20 aprile 2013

La musica dei Betters, secondo Gianni Sapia




I Betters parteciperanno al FIM, manifestazione di respiro internazionale che si terrà a Villanova d’Albenga nei giorni 25 e 26 maggio.
MAT2020 ha chiesto ad un esperto, Gianni Sapia, un pensiero sulla band e sulla produzione conosciuta.
Ne esce fuori un bel ritratto che fotografa appieno gli elementi base del giovane gruppo savonese.

L’esperienza ci fa uomini. La vita vissuta. Il mondo ci costringe ad interagire con esso e noi con esso interagiamo, fin da quando spuntiamo indifesi dalle viscere di nostra madre ed iniziamo a respirare l’aria, che del mondo fa parte e riempie i nostri polmoni raggrinziti annullandone le pieghe, come quando si soffia dentro un sacchetto di carta. Le prime sensazioni che viviamo sono di fastidio, di dolore. Forse è per questo che, inconsciamente, per il resto della nostra vita, cerchiamo la semplicità, la gioia, la felicità. E se cresciamo insieme a chi condivide con noi la voglia d’allegria, se condividiamo le nostre esperienze con chi come noi ha voglia di spensieratezza e se questa spensieratezza si traduce in musica… Pensate a Mick Jagger e Keith Richards: stessa generazione, stessi luoghi, stessa crescita, stesse esperienze. O a John Lennon e Paul McCartney, anche loro tante stesse cose. I gruppi musicali sono spesso fatti da uomini che hanno percorso e percorrono la stessa strada, perlomeno quelli più significativi e i Betters, cinque ragazzi anche loro con tante stesse cose in comune, hanno appena cominciato a percorrere la loro. Ossimoro, ecco la parola! Una parola che quasi non ricordavo, ma che è stata la prima che mi è venuta in mente ascoltando i Betters, perché la sensazione che ho avuto è stata di un pensiero spensierato. Questo è quello che mi è successo ascoltandoli la prima volta. Una sorta di scomposizione di idee il cui unico filo conduttore era quella musica così ventosa. Ventosa sì, perché mi rasserenava e mi increspava come il vento fa col mare e mi avvolgeva, come il vento in faccia e tra i capelli quando ancora andavo sul mio Primavera senza casco. È un ritmo che ti coinvolge fin da subito con la sua immediatezza e la sua oggettiva spontaneità. Non si riesce proprio a non ondeggiare la testa quando suonano i Betters. La loro semplicità e la voglia che ti fanno venire di saltellare e piroettare rendono onore meglio di ogni altra cosa al rock’n’roll. Lasciamo agli altri gli orpelli, noi suoniamo, ci divertiamo e speriamo di farvi divertire, questo è quello che sembra uscire dai loro amplificatori. Chitarra, basso, batteria e voce, senza tante menate. Loro stessi, in un’intervista rilasciata a MAT2020, alla domanda “che ruolo hanno le nuove tecnologie nella vostra idea musicale?”, rispondono, cito testualmente: “Dal punto di vista prettamente musicale, potremmo essere gli stessi anche tornando ai mezzi tecnici di 50 anni fa. Per noi il rock'n'roll è semplicità: una batteria, un basso, un pò di chitarre e una linea vocale orecchiabile” e sentite un po’ Mr. Keith Richards, uno che di rock se ne intende: “Per fare un disco rock la tecnologia è la cosa meno importante”. La lunghezza d’onda sembra proprio essere quella giusta. Un rock’n’roll proletario, popolare, pop-rock insomma, nell’accezione più nobile del termine. Non ci può essere niente di dispregiativo nel fare arte per la gente, per tutti. I Betters mi sembrano lontani dall’autocelebrazione, da una vanagloria che spesso colpisce i giovani musicisti. Permettetemi ancora una citazione, questa volta di Mr. Lou Reed, un altro che di rock ne sa: “Come può qualcuno imparare qualcosa da un’opera d’arte se questa riflette solo la vanità dell’artista e non la realtà?”. Il concetto quindi mi sembra chiaro: semplicità e immediatezza. Sono le parole d’ordine di Matteo "Matt" Scotolati (Voce), Riccardo "Richi" Marinucci (Chitarra), Agostino "Ago" Scotto (Chitarra), Matteo "Frume" Frumento (Basso), Simone "Simi Live" Brunzu (Batteria), ovvero i Betters. Non si può fare a meno, ascoltando i loro pezzi, di accostarli a gruppi come Oasis, The Verve o Blur, ma non basta. Penso a Marta, per esempio, il loro primo singolo. E penso ai Clash, a Tommy Gun. I cinque Betters sanno anche di punk. Inconsapevolmente ma in maniera altrettanto inevitabile (cosa c’è di più “primordiale” del punk?), i ragazzi spolverano di punk la loro musica come si spolvera il tiramisù col cacao amaro. Il riff di chitarra ti si insinua dentro, cadenzato da una ritmica che non lascia dubbi anche sulle qualità tecniche della band. In ordine cronologico, dopo Marta, arriviamo a Sveglio alle 6, forse il pezzo più rock’n’roll di tutti, a partire dalla schitarrata iniziale, che ricorda i Queen di Crazy Little Think Called Love. Ma mentre i Queen poi prendono una direzione più rock’n’blues, i Betters restano irrimediabilmente rock’n’roll, con, anche qui, qualche venatura punk che si può cogliere nei riff delle chitarre. Il ritmo di Simone “Simi Live” è sempre ben preciso e cadenzato e la giusta mescolanza tra tamburi e piatti colora il pezzo di giusti toni. Il gruppo resta omogeneo in un pezzo fatto di stop e riprese. E prima di arrivare al loro ultimo singolo, peraltro corredato di video, c’è da fare un passaggio sull’embrionale Se non Sai. Per ora ne esiste solo una versione acustica da chitarra in compagnia intorno al falò sulla spiaggia, ma vive già di una sua franchezza, così come gli altri pezzi. Aspetto con curiosità di sentirla elettrificata. E siamo a In Macchina. Il video mantiene fede a quella semplicità e immediatezza che ormai mi sembrano essere il loro marchio di fabbrica. Appaiono per quello che sono, con jeans, felpe, magliette e giacche, che credo siano le stesse che usano ogni giorno. Il video è incentrato su di loro che suonano, praticamente live, sul tetto di un edificio. Scelta azzeccatissima, vista la loro impronta. E sono carini! Per quanto io sia poco adatto a giudicare l’estetica maschile, direi che sono dei bei ragazzi, che non guasta mai. C’è anche una ragazza nel video e lei, di lei lo posso dire, è carina davvero! Anche qui confermano quanto di buono avevano già fatto sentire in precedenza. L’intreccio di chitarre resta morbido e pannoso, la ritmica mantiene la sua personalità e l’ironico e insieme malinconico canto di Matteo “Matt” Scotolati si amalgama perfettamente col resto dei suoni e quello che ne viene fuori possiede un proprio DNA. Un DNA all’insegna dell’allegria. Allegria che, come dicevo all’inizio, tutti noi ricerchiamo, anche se molti, troppi, vorrebbero far coincidere l’allegria e la semplicità con la superficialità e si nascondono ipocritamente dietro una profondità di pensiero, così profonda da non vederne la fine e l’unica cosa di cui non si vede la fine è il vuoto. La vera profondità d’animo, il vero coraggio, in questo mondo, è mantenersi semplici malgrado tutto e trasmettere felicità agli altri. Aspetto di sentire il vostro primo album, che dovrebbe uscire entro fine anno e nel frattempo grazie Betters, per non essere profondamente vuoti, ma coraggiosamente semplici.