Serata dei ricordi a Savona, sabato 2 febbraio, dove al Teatro Chiabrera erano di scena “La storia New Trolls” e “Le Orme”.
In un momento in cui
appare estremamente difficile riempire i luoghi deputati agli eventi, nascono
situazioni in cui anche i ferventi credenti de “la pantofola innanzitutto” trovano la forza per alzarsi dal divano
e percorrere i 500 metri - rigorosamente in auto - per raggiungere il ricordo
di tanti lustri fa, e forse la propria giovinezza.
La musica che i due
gruppi hanno proposto non ha niente di nuovo, intendo dal punto di vista della
creazione, anche se le novità sul versante genovese - Vittorio De Scalzi ne ha
fatto accenno - esistono e lasciano ben sperare.
E’ un momento
favorevole per un certo settore della musica, e l’Oriente è marcatamente
interessato al prog di casa nostra, ma anche la piazza italiana accoglie sempre
con favore i gruppi che hanno lasciato un segno indelebile.
Osservando il palco
con gli otto elementi miscelati - è accaduto durante i brani finali - era facile notare il rinnovamento anagrafico,
a mio giudizio necessario quando elementi non più giovanissimi, ancorché
artisti fantastici, decidono di programmare un progetto che guarda avanti, tra
passione e necessità, e questo piccolo particolare è quello che mi ha fatto
gustare la serata anche dal punto di vista razionale, brutto termine che quasi
mai utilizzo quando l’argomento è la musica, ma forse necessario se mi impongo
di guardare oltre.
La musica de L.S.N.T. e de Le Orme è immortale, chiunque sia a proporla, e la presenza in
massa di così tante persone, molte delle quali assistono a un concerto ogni tre
anni, quasi fosse un corso di aggiornamento obbligatorio (dalla mia postazione defilata
ne ho contate almeno trenta che conosco personalmente), ne è la conferma.
La storia New Trolls e de Le Orme ha
un elemento comune, un po’ di … “confusione da line up”. In molti pensavano di
trovare Tagliapietra o Belleno, e non si può tacciare di ignoranza chi non è
dentro alle cose musicali. Io che seguo con costanza questo mondo, ho sempre
fatto fatica nel capire l’evoluzione dei Trolls, nonostante una lunga
spiegazione estiva di Aldo De Scalzi,
fratello di Vittorio.
Ultimi anni complessi
anche per i veneti, tre anni fa sullo stesso palco con una formazione diversa.
Come si sa, una band è
spesso caratterizzata da una voce particolare, e mentre quella di Nico di Palo era
presente, mancava il corrispettivo sul versante Orme, ma non è certo una
critica, chi ama la musica sogna l’impossibile
e immagina situazioni da sogno e immutabili, mentre le relazioni umane
conducono a ben altre strade e non si può giudicare senza cognizione di causa.
Le Orme hanno
presentato il loro prog conosciuto, con un Michi Dei Rossi in vena di interazione e, soprattutto,
in smagliante forma psicofisica, coadiuvato dal funambolico mangiatore di tastiere
Michele Bon
e dall’ottimo Fabio
Trentini, diviso tra basso, chitarra acustica e voce.
Ma in realtà c’è stata
una bella novità, perché all’interno di un contenitore fatto di brani che normalmente
da loro ci si aspetta - da “Cemento Armato” a “Sguardo Verso il Cielo”,
passando per “Gioco di Bimba” - ha
trovato spazio una chicca che Dei Rossi preannuncia, senza svelare granché: questo
è l’anno in cui ricorre il quarantennale di “Felona e Sorona”, uno degli album
più famosi della band, e la sintesi che propongono è in lingua inglese, con i
testi originali di Peter Hammill.
Il pubblico dimostra
di gradire e Le Orme lasciano felici il
palco che li rivedrà protagonisti nel bis finale.
Entra “La Storia N.T.”, con due pilastri come Vittorio De Scalzi
e Nico Di Palo,
il primo alle prese con tastiere, flauto, chitarra e voce - e un fastidioso
problemino tecnico che lo accompagnerà per tutta la serata - e il secondo alle
tastiere e … all’inconfondibile voce. Incredibilmente efficacie il resto della
band: Andrea
Maddalone alla chitarra elettrica, e i fratelli Bellia alla sezione ritmica
- Giorgio alla batteria e Francesco al basso - due che giocano in casa.
Il loro set è più
vario, perché ripercorre punti salienti di una storia non focalizzata su di un solo genere.
Come Vittorio ricorda,
sono ben sette le partecipazioni al Festival di Sanremo, e va da se che l’anima
pop emerge e si mischia ai prodigi prog e alle commistioni col classico e con
le tematiche di Luis Bacalov.
E così “Visioni”, si alterna a “Concerto Grosso”, “Una miniera” a “La prima
goccia bagna il viso” in versione
integrale, “Signore io sono Irish” a “Le Roy Soleil”, con un bel tributo ad
Hendrix (Shadow, da Concerto Grosso).
Il gioco di voci è
insuperabile, ed è un tappeto perfetto su cui si inseriscono timbriche di
assoluto valore come quelle di Nico e di Vittorio.
Una grande
partecipazione e una palese soddisfazione sui volti della band.
Il top arriva con l’unione
delle forze, momento in cui gli otto musicisti si ritrovano assieme on stage
per divertire e divertirsi, come testimoniano le immagini a fine post.
Due pezzi a testa, forse
ritenuti sufficienti, ma l’audience è calorosa e richiede uno sforzo
supplementare, e quindi due invenzioni non programmate.
Tutto bene alla fine, con
una buona macchina organizzativa che porterà questa musica in varie parti d’Italia.
Ricordo perfettamente
l’attimo in cui un amico mi portò a casa “Collage” e mi fece conoscere quelle Orme che per me erano solo “Irene” e “Senti l’estate che torna”:
era il 1971 ed ero un adolescente; ricordo anche quel giorno in cui trovai “Concerto Grosso” nella vetrina
principale dell’unico negozio di dischi di uno sperduto paese della Corea del
Sud: era il 1992 e certa musica italiana non era solita viaggiare per il mondo.
A distanza di tempo ci
si emoziona sempre per la buona musica, e la sera del 2 febbraio mi lascia una
immagine particolare, quella di un signore di una certa età che, in uno stato di apparente trance musicale,
mima i passaggi di batteria di De Rossi, in piedi, nella “sua” zona
privilegiata di fronte al palco: una sera diversa per lui, forse più gradevole
del solito programma televisivo, e sono certo che tornerà sul luogo del
delitto.