Un altro contributo dell'amico Augusto Andreoli.
UNA COLLANA DI PERLE
In questo 6° blocco
lasceremo per un attimo da parte (ma solo relativamente!) i Jethro Tull e il
loro leader per mettere al centro del palcoscenico un personaggio senza il
quale, molto probabilmente, il sito che ci ospita non sarebbe mai nato.
Qualcuno di voi avrà già capito a chi mi riferisco. Sì, cari Itulliani vecchi o
giovani che siate, stiamo parlando di quel grande musicista – per molti aspetti
artisticamente scorretto, cioè troppo originale per rientrare in qualunque
rigida etichettatura jazzistica – che è stato Rashaan Roland Kirk.
Nato nel 1935 a Columbus (Ohio) e divenuto cieco in
giovanissima età, Ronald (questo il vero nome di battesimo, cambiato poi in
Roland) è stato un artista difficilmente catalogabile: usando la tecnica della
respirazione circolare suonava praticamente tutti i fiati, dai sax e clarini tradizionali
ad altri di sua stessa concezione (come lo stritch o il manzello), fino a tutta la famiglia dei flauti (incluso
il celebre nose flute) molto spesso
contemporaneamente. La sua concezione musicale, pur rifacendosi agli stilemi
più consolidati del jazz, era sostanzialmente un insieme di varie influenze, a
volte contraddittorie, ma tutte legate da un elemento fondamentale: l’urgenza
di esprimere il proprio buio mondo interiore attraverso la manipolazione e
l’esasperazione melodica e armonica di ogni tipo di materia sonora. Incluso un
orologio a cucù, acquistato durante un tour, che gli ispirerà l’intro del suo
brano flautistico forse più noto, Serenade to a Cuckoo, appunto (1964). Cioè quello che la leggenda tulliana narra essere
stato il primo pezzo in assoluto suonato sullo strumento da Ian Anderson, che
ha influenzato la sua tecnica e che poi è diventato la traccia numero 5 del
primo album dei neonati Jethro Tull, This
Was. In questo video, Kirk lo ripropone al pubblico durante la sua
partecipazione al Montreux Jazz Festival, 1972:
LP (Luoghi e Personaggi)
“Big Dipper riding
we'll
give the local lads a hiding
if
they keep us from the ladies
Già cantata da Ian, con nostalgia domestica da emigrante nella grande
Londra (“The Smoke below”), in Up the ‘Pool
(album Living in the Past, 1972),
Blackpool, città del Lancashire e una delle principali località balneari del
Regno Unito, torna ad essere protagonista 4 anni dopo in Big Dipper (album Too Old To Rock ‘N’ Roll: Too Young To Die,
1976). Il titolo richiama un’istituzione della città, le montagne russe, parte
del grande parco divertimenti (“the Pleasure Beach”) che si staglia, insieme alla celebre torre di
ferro stile Eiffel, sullo skyline del Golden Mile, il lungomare di Blackpool.
In questa
specie di Rimini inglese, tra un bagno nelle fredde acque del mare d’Irlanda e
una tazza di tè, non mancano certo le occasioni per tentare la sorte in qualche
coloratissima sala giochi. Anzi, nelle numerose penny arcades, dove
l’azzardo è lecito e regala ai turisti illusioni a buon mercato.
IPSE
SCRIPSIT-DIXIT
“Normally we have a drink at the hotel and then go to
bed to read Agatha Christie novels. Or we sit around and say: "Hey,
remember the time back in '73 when ..." and that's all we talk about”
(Di
solito ci facciamo un drink all’hotel e poi ce ne andiamo a letto a leggere i romanzi
di Agatha Christie. Oppure restiamo seduti dicendo “Ehi, vi ricordate quella
volta nel ’73 quando…” ed è tutto quello di cui parliamo)
Altro che vite dissolute da rockstar, sesso,
droga e rock’n’roll… Forse è proprio grazie a questa ordinaria e in fondo
rassicurante normalità che Anderson e compagni sono ancora in giro alive and well and living in !