Utilizzo un articolo di Gianni Lucini,
scritto un pò di tempo fa, per ricordare un Jimi Hendrix “italiano”, descritto con “Orrore” dal solito incompetente di passaggio.
25 maggio 1968 – Orrore! Al Brancaccio c'è
Jimi Hendrix
Il 25 maggio 1968 il Teatro Brancaccio di Roma ha in
cartellone un concerto di Jimi Hendrix.
È il secondo e ultimo della breve permanenza romana del chitarrista la cui
popolarità si sta diffondendo anche in Italia dopo il successo ottenuto al
Festival di Monterey. Nonostante la buona campagna promozionale i giovani della
capitale non fanno la fila per essere presenti all’appuntamento ed Hendrix si
esibisce in un teatro che presenta numerosi posti vuoti. Non si tratta di
disinteresse. I prezzi dei biglietti sono troppo alti per le tasche del
pubblico giovanile, l'unico consumatore di questo tipo di musica e un destino
analogo tocca anche ai Soft Machine, ai Pink Floyd, a Donovan e Julie Driscoll.
Nemmeno il tour degli Who raccoglie i risultati sperati in termini d'incasso,
nonostante l'affollamento di ragazzi fuori dai luoghi dove si svolgono i
concerti. Qualche tempo dopo il problema del costo dei biglietti ai concerti,
legato a quello della reale fruibilità della musica da parte dei giovani,
diventerà esplosivo e provocherà grandi mobilitazioni di massa. Nonostante la
non entusiasmante partecipazione di pubblico l'esibizione di Hendrix al
Brancaccio è all'altezza della fama del chitarrista. Sugli spettatori si
riversano le note acide della sua chitarra, ricche di distorsioni armoniche e
di suoni elettronici puri, su un tessuto ritmico solido e aggressivo.
Un'ovazione accoglie le note di Hey
Joe, il brano del suo repertorio più conosciuto dal pubblico italiano,
mentre il chitarrista canta con un accento americano molto marcato mangiandosi
le parole del testo. Il risultato è una cadenza suggestiva e allucinata che
contribuisce all'espressività dell'esibizione. Nei giorni successivi una parte
dei critici italiani ignorerà l'evento, ma non mancheranno i commenti
entusiastici. Tra tutti, però, quello che passerà alla storia sarà il giudizio
dell'inviato del "Messaggero” di
Roma, presentatosi all'appuntamento senza conoscere niente dell'artista. Alcune
righe del suo articolo gli regaleranno l'immortalità tanto da essere ancora oggi
citate come uno dei più clamorosi infortuni del giornalismo musicale italiano.
Sono quelle in cui, volendo forse sintetizzare le sensazioni provate, così
descrive l'esibizione del chitarrista: «Orrore
al Brancaccio... la bruttezza di Jimi Hendrix è tale da superare i comuni
concetti estetici».