E ora di cosa parlo… di Franco Battiato o del modo in cui lo racconta Riccardo Storti?
In queste situazioni risulta estremamente complicato fare
“l’osservatore di chi osserva”, perché “l’oggetto” è una sorta di amico di
famiglia, un buon conoscente, un amico che ti ritrovi alle spalle quando meno
te lo aspetti e senza alcuna richiesta. Accade così con ti accompagna per una
vita da lontano… magari lo incontri per strada e ti viene naturale parlare dei momenti passati insieme, dei
ricordi, degli episodi significativi, di come quella sua canzone di ventisette
o trentasette anni fa fosse nata in coincidenza di un fatto significativo della
tua esistenza… lui è un tuo amico, anche se non lo sa!
Mi lascerò andare e mischierò le carte… Riccardo Storti e
Franco Battiato sono due miei buoni conoscenti -anche se il canale di
comunicazione con il secondo è immaginario, ma vissuto da me come reale- e credo sapranno perdonare il
mio eventuale "fuori tema".
Una vita in cento pagine è obiettivo ambizioso, e forse
sarebbe stato più semplice realizzare una bella biografia di peso -fisico- che,
partendo dai ricordi di infanzia, sapesse inanellare lustri pieni di
testimonianze e frequentazioni di spessore. Altra cosa è sviscerare la storia
di un uomo attraverso la sua opera: per niente facile.
Après Vecchioni arriva Battiato, e Storti, dopo svariati
saggi tra prog e analisi musicali di variegate culture, inventa un contenitore
pieno di sostanza che, attraverso l’esegesi dei testi delle creazioni
dell’artista siciliano, ne racconta il pensiero -complesso- e la sua evoluzione temporale. Le liriche,
ovviamente, non bastano, ma occorre avvicinarsi alla sua cultura e al momento
storico in cui viene rappresentata musicalmente parlando, e per fare ciò, prima
del documentarsi “su Battiato”, occorre una forte preparazione "verso
Battiato”.
Album dopo album Riccardo utilizza un linguaggio semplice, ma ricercato, per svelare grandi misteri.
Il nostro artista non è mai stato immediato nei significati,
anche quando le sua canzoni “bucavano” e si appiccicavano addosso, e ci si ritrovava immersi in qualche tormentone di cui
si capiva poco, anche se non veniva mai in mente di chiedere lumi.
Un Battiato ermetico, criptico, con frasi che facevano
pensare a qualche disegno superiore che solo lui poteva capire, e noi, poveri
ascoltatori, passivi più che mai, posti nella strana situazione di chi accetta
per fede, accontentandoci dell’impatto a pelle.
Non c’è mai tempo a sufficienza per scavare e per capire, e
sarebbe stato utile… sarebbe utile, avere uno Storti per ogni singola
occasione, un fine lettore e propositore di ciò che non è evidente, e che a
maggior ragione sarebbe stato bene far
emergere un tempo, quando non era disponibile la tecnologia attuale, quando non esisteva un mezzo efficace e rapido che potesse permette di arrivare -completamente- preparati ad un nuovo ascolto.
“Nella botte piccola ci
sta il vino buono”, si è sempre detto, e non credo sia inadeguata
l’analogia botte piccola/100 pagine
-fatto di per sé oggettivo- se si riesce a comprendere “il vino buono” che deriva dall’enorme sforzo di ricerca che
Riccardo ha realizzato.
Ricerca sì, ma non basta. Occorre entrare nel personaggio e
trovare la chiave d’accesso per la porta della sua mente, considerando il
periodo storico, gli avvenimenti salienti e l’influenza dei personaggi al
contorno.
Sono passati quarant’anni dall’uscita di Fetus, e il lungo percorso sino ai giorni nostri è analizzato dall’autore con puntiglio e naturalezza,
con l’aggiunta di cronoannotazioni che appaiono quasi indispensabili per fare
completa chiarezza.
L’utilizzo della “Fisiognomica” per spiegare Battiato è cosa
per pochi eletti. Meglio concentrarsi su ciò che si può toccare con mano, e il
mio “toccare con mano” riporta ad una serata estiva, giusto una quarantina
di anni fa, quando, al cospetto di un Battiato inascoltabile e percorso da chissà quale corrente elettrica,
pregavo i miei genitori di portarmi a casa: troppo forte l’impatto per un
ragazzino che amava la “dolcezza” dei Genesis!
Da quel momento in poi un’evoluzione… una crescita che
riguarda tutti gli essere umani, ma che in pochi casi diventa di reale interesse
comune.
Riccardo Storti ci da ora la possibilità di entrare nei
dettagli, di riflettere e di trovare noi stessi in qualche frase che, se non
giustificata, assume connotati folkloristici. Ogni album, ogni canzone, ogni
parola, contiene un mondo che è il frutto della profondità di pensiero di
Battiato, anche se non mi è ancora chiaro se certo ermetismo sia preciso esercizio
intellettuale o spontaneità legata all’unico modo di espressione conosciuto.
Il book da l’opportunità di ricordare, di ripescare brani,
momenti di storia personale intrappolati nella sabbia, e l’effetto domino
porta ad un riascolto che, con l’ausilio della lettura appena conclusa, conduce
verso una nuova visione di ciò che si era assunto in passato con grandi dosi di
superficialità.
Il grande lavoro di Riccardo Storti apre quindi nuovi
orizzonti -perduti?- per chi ha camminato di pari passo assieme a Franco
Battiato, ma forse è altrettanto importante sottolineare l’aspetto didattico
che “Fisiognomica di un cantore”, questo il titolo
del libro, può interessare le nuove generazioni, quei figli che, se
appassionati di musica, troveranno prima o poi Battiato sulla loro strada, e a
questo punto i “segreti potrebbero essere un po’ meno segreti”.
“Fisiognomica di un
cantore”
Franco Battiato in 100 pagine
Casa editrice: Aereostella