Chemako è una neonata blues band che
esordisce con un album omonimo. La novità risiede solo nel progetto, giacché i
componenti del gruppo sono musicisti di lungo corso e consolidata esperienza.
Parlo di Stefano Bertolotti, Gianfranco
“French” Scala e Roberto Re-negli
ultimi anni i Chicken Mambo di Fabrizio Poggi- e di Marcello Milanese, ormai in pianta stabile dopo la registrazione in
studio.
L’intervista a seguire li ha visti coinvolti tutti, e l’idea
generale che ne deriva è quindi la più completa
possibile.
Come quasi sempre mi accade, l’ascolto prolungato non ha
fatto che confermare l’impressione da primo impatto, situazione estremamente soddisfacente se a
guidare l’istinto è la musica blues.
Dice Marcello Milanese
nel corso dello scambio di battute.” … in USA ho
imparato che non bisogna guardarsi indietro, bisogna guardarsi dentro…”, frase
utilizzata per spiegare che il blues non appartiene ad una regione, ma a tutti, uomini e donne sensibili, magari
lontani migliaia di chilometri dal Mississippi.
Le gioie e i dolori non sono patrimonio di determinate zone
della terra, è vero, ma quel “guardarsi
dentro”, che unisce le persone virtuose, può sfociare in una poesia, in un
quadro, in una scultura, in una canzone o… nel blues, che non tutti sanno
definire, e che è molto di più di una melodia con tre accordi, ma una filosofia
di vita. Potenzialmente siamo tutti “uomini di blues”, ma spesso ignoriamo che
esiste una categoria capace di raggrupparci, indistintamente, ed è quindi la
più universale possibile.
Nelle undici tracce di “Chemako” ho ritrovato tutto questo… i
miei viaggi in America e il mio mood quotidiano, sulle rive del torrente
Letimbro.
Nel suo bilancio di vita George
Harrison cantava che “…tutte le cose devono andare avanti,
tutte le cose devono morire...”, e non è casuale che l’unico brano preso in prestito sia proprio “All Tinghs Must Pass”, messaggio drammatico e al contempo colmo di speranza.
tutte le cose devono morire...”, e non è casuale che l’unico brano preso in prestito sia proprio “All Tinghs Must Pass”, messaggio drammatico e al contempo colmo di speranza.
Il blues che ci propone Chemako è di grande valore, dal punto
di vista tecnico-musicale. Artisti talentuosi che si uniscono a ospiti di
prestigio non possono che raggiungere l’obiettivo del prodotto di qualità, e
cito la texana Debbi Walton, perché
la collaborazione proseguirà nel corso dell’estate, per quanto riguarda la fase
live. Ma alla piena soddisfazione, di chi propone e di chi ascolta, si arriva
quando il momento della creazione e del “ricevimento” portano verso lo
“scossone”, che può essere una semplice riflessione o il lasciarsi andare alle
emozioni, il piangere o il ridere, il ricordare o il cercare di dimenticare. L’album
è pieno zeppo di queste situazioni che ti spingono a reagire, e credo che solo
la musica e i suoi contenuti sappiano toccare i nervi scoperti. Tutto appare misurato, quasi
sussurrato, a tratti intimistico, con un variare di vocalist che diventa
elemento caratterizzante del singolo brano (piacevole sorpresa-per me- la timbrica di Milanese). Il virtuosismo tecnico si nasconde
per servire la causa comune, perché non c’è bisogno di un assolo, almeno in
studio, per raccontare la serenità, poca, e il disagio, moltissimo, con cui
dobbiamo convivere.
L’album Chemako propone una visione pragmatica della nostra
vita, con tante pillole di dolcezza e caute
sollecitazioni ad andare avanti, in un mondo in cui a volte appare impossibile
vivere.
Molto curato l’art
work che riassume lo spirito dell’album nel contrasto tra immagini -forse-
padane, e flash texani.
Alle tracce audio sono stati uniti due video, uno che
riprende il brano di apertura, “Red Diamond Train”, e “Come
Away with me”, testimonianza del felice rapporto Fellini-Masina.
Prosegue il dialogo e l’amicizia col regista Francesco Paolo Paladino, che ha
condiviso con i tre ex C.M. un bel
periodo texano, a fine 2010.
La produzione è di “French” Scala e la maggioranza dei testi
di Gianni Rava.
Un esordio che sa di “rilascio
impetuoso dopo grande accumulo”. Ma forse la vita regala così tanti spunti
che noi tutti, uomini e donne di blues,
potremmo scrivere ogni giorno un libro o una canzone da condividere!
L’INTERVISTA
Premessa: il progetto Chemako nasce da un’idea di French con la
collaborazione di Stefano e Roberto. Durante la lavorazione del cd abbiamo
incontrato Marcello il quale, al termine della produzione, è entrato
stabilmente nel gruppo come quarto Chemako. Per questo motivo, nonostante la
sua presenza nel cd sia solo parziale, Marcello è coinvolto al 100% e darà il
suo contributo come tutti noi a questa intervista.
L’inizio di ogni nuovo
progetto presenta sempre linee guida e obiettivi minimi da raggiungere.
Raccontatemi i vostri.
French- La linea guida (che, secondo me, è anche l’obiettivo
minimo da raggiungere) è suonare insieme e divertirsi. Dalla partenza, insieme,
sul furgone, alla cena prima del concerto, alla musica che condividiamo sul
palco, al dopo serata mentre si chiacchiera e si beve l’ultima birra.
Marcello- personalmente, facendo parte dei Chemako,
sento di poter fare buona musica, voglio trovare un pubblico che ci apprezzi
per quel che siamo e che possiamo dare, fare dischi onesti e... tornare al più
presto negli Stati Uniti e in tutta Europa in tour.
Siete gli autori di quasi tutti i brani,
vostra è la produzione e il mixaggio. Potremmo definire tutto questo il
risultato dell’esperienza di anni di lavoro, oppure il… venire allo scoperto
con materiale che era già pronto e aspettava solo la situazione giusta per “esplodere”?
French- La produzione di Chemako è mia mentre le canzoni presenti
nel disco sono nate man mano che Gianni Rava (l’autore di otto degli undici
brani presenti nel disco) scriveva i testi. Alcune canzoni, tipo Lost my way e Tears for breakfast, risalgono
ad aprile 2011, mentre Save the moon
e Maintenance free sono state scritte
addirittura a settembre, in piena fase di registrazione. Avendo delle idee
musicali è stato decisamente facile poterle sviluppare con l’apporto di due
musicisti come Roberto e Stefano. Ci conosciamo ormai da quattro anni e il
nostro suono e lo stile musicale si sono consolidati nel tempo; oggi l’intesa è
grande sia in studio che nelle situazioni live. L’ingresso nella band di
Marcello, l’apporto della sua voce e della sua chitarra sono stati la classica
ciliegina sulla torta. L’elemento fondamentale che mancava in Chemako!
Marcello- Un grande disse che la musica è nell'aria e
i musicisti non fanno altro che suonarla: se davvero è così noi quattro, ora,
siamo le parti di un'unica grande calamita da canzoni volanti... o forse le
canzoni sono dentro di noi e hanno bisogno del giusto concime.
Perché la scelta di
utilizzare “All Things Must Pass” di George Harrison? Motivi legati al
messaggio o all’artista?
Roberto- A entrambi. George Harrison è uno dei geni della musica
del 20° secolo, un artista sensibile e ispirato che merita un piccolo tributo
come questa nostra personale interpretazione. Come avrai notato l’abbiamo
voluta rendere più intimista e dolce dell’originale; questo per enfatizzare la
positività del concetto di cambiamento che è insito nel messaggio. Niente è
immutabile, la staticità equivale alla morte degli stimoli vitali, siamo in un
viaggio in cui ogni tappa è diversa dalla precedente e allo stesso tempo
arricchita dalle precedenti esperienze. E’ il concetto di evoluzione che sta
alla base dell’Universo.
Ho notato anche che
avete proseguito la collaborazione con Francesco Paolo Paladino, che vi aveva
seguito in America nell’ultima esperienza con Fabrizio Poggi. Da dove è nata
l’idea?
Tutti- L’idea è nata dall’amicizia che ci lega a Francesco,
dalla sua generosità e disponibilità. E’ un regista di grande talento, un genio
nel suo genere, e siccome amiamo la sua compagnia abbiamo voluto rinnovarla
anche in questo nostro primo lavoro.
Come nasce
l’abbinamento tra i due video compresi nel CD, quello legato al brano “Red Diamond Train” e il felliniano “Come Away with me”?
French- Il primo è una personale interpretazione di Francesco di Red Diamond Train, mentre il secondo è un
omaggio a Giulietta Masina, all’amore che la legava a Federico Fellini
realizzato da Maria Assunta Karini.
L’art work è molto
curato, così come il sito. Pare proprio che nel progetto ci siano tutti gli
ingredienti, anche quelli meno musicali che non tutti amano. Che cosa pensate
dell’arte del comunicare e della visibilità conseguente?
Roberto- Anche se mi occupo personalmente del sito
-in quanto le architetture web sono uno dei settori in cui mi muovo con
maggiore passione ed assiduità- questo è il risultato di un lavoro di gruppo,
dove tutti mettono in gioco le proprie proposte e nessuno prevarica gli altri.
L’art work del cd ad esempio nasce da un’idea di French. Io credo molto nella
comunicazione, la rete ha creato una rivoluzione nei mezzi e nei modi, ma i
concetti di base sono gli stessi di sempre. Il nostro principale obiettivo è
fare musica che soddisfi noi e chi ci ascolta, ma ogni forma di arte è comunque
mezzo di “espressione” e “comunicazione”. E viceversa. L’importante, come dice
Marcello, è avere contenuti da comunicare e su cui attirare l’attenzione.
Insomma in poche parole speriamo di aver creato una bella confezione per un
bell’oggetto.
Leggendo le presenze
musicali nei differenti brani si evidenziano numerose collaborazioni. Quanto è
importante per voi creare un ambiente quasi familiare nell’ambito del vostro
lavoro?
Marcello-
Alla prima session in studio mi sono sentito
subito a mio agio: non avevo mai interpretato canzoni inedite non scritte da
me, ma sono entrato immediatamente nel “mood” grazie alle splendide personalità
di Teto, Bob e French; le indicazioni
per registrare non sono state strettamente musicali, ma emozionali, e questo mi
ha permesso di dare il massimo... e quindi di essere accolto nella band
ufficialmente. E' incredibile la sinergia che si è creata da subito... infatti
presentiamo già dal vivo brani che abbiamo composto noi quattro insieme!
Come e quando si
realizza la collaborazione con Debbi Walton?
Stefano- Sono quasi dieci anni che collaboro con
musicisti texani, con i quali ho avuto la fortuna e il piacere di fare tournée
in Europa e in Texas. Durante queste esperienze si conoscono moltissime persone
e con alcune di queste a volte si approfondisce una collaborazione basata anche
sull’amicizia. Debbi è una di queste ed è per questo che lo scorso anno ha
deciso di registrare il suo nuovo cd proprio nel nostro studio (Ultrasound
Records – Belgioioso). Questo disco è attualmente in lavorazione ed uscirà
verso la fine della primavera. Per promuoverlo abbiamo organizzato un tour
nella prima metà di luglio di cui presto potremo comunicare tutte le date. Mentre era in studio le abbiamo proposto di cantare un nostro pezzo, Let it burn wild, per Chemako.
Le è subito piaciuto, ed è stata felice di
interpretarla con la sua splendida voce.
Ho ascoltato, per il
momento, una sola volta l’album, come sempre prima della formulazione delle
domande, per far lavorare anche l’istinto. Potrò quindi sbagliare, ma ho colto
un blues quasi… riflessivo, adatto a creare vere immagini di vita attorno al
Mississippi, lo stesso mood che ho provato quando sono stato in quelle zone.
Sono molto lontano dalla verità?
Roberto- Athos, conosco bene la tua sensibilità e mi
fa piacere che già il primo ascolto evochi in te sensazioni legate ad ambienti
e luoghi specifici. La musica è sogno e deve tirare fuori i nostri sentimenti;
ma questi sentimenti sono soggettivi in quanto legati alle nostre personali
esperienze, per questo mi aspetto che a qualcun altro la musica di Chemako
possa evocare le colline piacentine o le coste pugliesi o addirittura le
pianure della Mongolia. Certo è che questo disco nasce anche dalla intensa
esperienza che French, Stefano ed io abbiamo vissuto come Chicken Mambo nel
settembre 2010 in Texas, quindi il Sud degli Stati Uniti è parecchio coinvolto.
Se aggiungi anche le esperienze live fatte con Guy Davis e le collaborazioni
discografiche nei dischi di Fabrizio Poggi con Eric Bibb, i Blind Boys of
Alabama, Flaco Jimenez e molti altri puoi stare tranquillo che le tue
percezioni non sono così lontane dalla verità. Il tutto poi è stato comunque
condito con una varietà di ingredienti che ognuno di noi ha preso dal proprio
repertorio di esperienze.
Marcello- per quel che mi riguarda il Blues è
storicamente antropocentrico e quindi riflessivo, ma non strettamente legato al
Mississippi o agli Stati Uniti: questa musica è il linguaggio che ho imparato
per raccontare la mia (e ora dei Chemako) storia. Quando sono stato in tour in
USA ho imparato che non bisogna guardarsi indietro, bisogna guardarsi dentro.
La domanda finale è
sempre rivolta al futuro. Che cosa sperate di trovare dietro l’angolo e cosa
avete pianificato per lanciare “Chemako”?
Marcello- suonare dal vivo, suonare dal vivo e suonare
dal vivo... poi andare in studio a registrare e ricominciare dal punto primo.
Roberto- Marcello ha sintetizzato il concetto.
Vogliamo far sentire la nostra musica, vorremmo principalmente dedicarci a
suonare il più possibile in giro in maniera onesta e trasparente, pronti a
raccogliere apprezzamenti ma anche ad accettare critiche. Non siamo dei grandi
calcolatori, ci lasciamo molto condurre dall’istinto. Se credi veramente in
quello che fai ci sarà sempre qualcuno che lo capirà, e a quel punto avremo
aggiunto un piccolo mattone alle nostre vite.
Dimenticavo, perché
avete scelto questo nome?
French- Chemako è il nome Hunkpapa (indiani
d’America) di Ken Parker, il personaggio di un bellissimo fumetto creato dalla
fantasia di Giancarlo Berardi e dalle matite di Ivo Milazzo.
Note biografiche ...
Quattro
musicisti provenienti da esperienze e culture musicali differenti convergenti
in una sinergia esplosiva ed avvincente che li rende una delle band più
apprezzate nel panorama blues italiano - ma non solo.
Gianfranco "French" Scala con la sua chitarra trova nella sezione ritmica formata nel 1993 da Roberto Re (basso) e Stefano Bertolotti (batteria) un terreno fertile su cui coltivare il suo accattivante ed espressivo stile chitarristico. Ne risulta un sound puro ed essenziale, senza fronzoli ma con una grande forza coinvolgente. L'arrivo di Marcello Milanese, bluesman genuino di provata esperienza, completa il quartetto. La sua voce calda e profonda e la sua inseparabile chitarra si integrano con immediata naturalezza nella formazione.
Chemako non è un semplice insieme di quattro musicisti quanto piuttosto un unico organismo musicale che ha accompagnato con grande soddisfazione alcuni giganti della musica americana tra cui Guy Davis, Flaco Jimenez, Eric Bibb e che vanta collaborazioni discografiche con i Blind Boys of Alabama e Charlie Musselwhite.
Gianfranco "French" Scala con la sua chitarra trova nella sezione ritmica formata nel 1993 da Roberto Re (basso) e Stefano Bertolotti (batteria) un terreno fertile su cui coltivare il suo accattivante ed espressivo stile chitarristico. Ne risulta un sound puro ed essenziale, senza fronzoli ma con una grande forza coinvolgente. L'arrivo di Marcello Milanese, bluesman genuino di provata esperienza, completa il quartetto. La sua voce calda e profonda e la sua inseparabile chitarra si integrano con immediata naturalezza nella formazione.
Chemako non è un semplice insieme di quattro musicisti quanto piuttosto un unico organismo musicale che ha accompagnato con grande soddisfazione alcuni giganti della musica americana tra cui Guy Davis, Flaco Jimenez, Eric Bibb e che vanta collaborazioni discografiche con i Blind Boys of Alabama e Charlie Musselwhite.
Note su Debbi Walton…
Nel mese di luglio 2012 Chemako accompagnerà in tour Debbi Walton, cantante texana, che racchiude nella sua splendida voce la malinconia coinvolgente del blues ed è in grado di graffiare l'anima di chi l'ascolta con splendide ballate originali o tratte dal repertorio dei grandi della musica folk e soul del Texas.
Nata da una mamma sedicenne, la Walton è cresciuta ascoltando Otis Redding e Bob Dylan, Sam Cooke e Jimmy Reed, Ray Charles e Leonard Cohen.
Oggi ha una voce
potente ed allo stesso tempo delicata che l'ha fatta paragonare a Etta James e
Bonnie Raitt.
Ad Austin, sempre in Texas, ha ricevuto parecchi riconoscimenti per le sue infuocate performance dal vivo, per le sue opere discografiche, e per il suo costante impegno in aiuto ai bimbi in difficoltà.
La band per questo tour vede alla chitarra Donnie Price, famoso musicista texano che ha suonato il basso con gente come Willie Nelson, Billy Joe Shaver, Ryan Bingham e Tish Hinojosa, più un prestigioso e rodato trio tutto italiano composto da Gianfranco Scala alla chitarra, Roberto Re al basso e Stefano Bertolotti alla batteria. I tre musicisti vantano una lunga esperienza sui palchi europei e Texani, sui quali hanno accompagnato artisti come Flaco Jimenez, Guy Davis, Ponty Bone e Floyd Domino.
Ad Austin, sempre in Texas, ha ricevuto parecchi riconoscimenti per le sue infuocate performance dal vivo, per le sue opere discografiche, e per il suo costante impegno in aiuto ai bimbi in difficoltà.
La band per questo tour vede alla chitarra Donnie Price, famoso musicista texano che ha suonato il basso con gente come Willie Nelson, Billy Joe Shaver, Ryan Bingham e Tish Hinojosa, più un prestigioso e rodato trio tutto italiano composto da Gianfranco Scala alla chitarra, Roberto Re al basso e Stefano Bertolotti alla batteria. I tre musicisti vantano una lunga esperienza sui palchi europei e Texani, sui quali hanno accompagnato artisti come Flaco Jimenez, Guy Davis, Ponty Bone e Floyd Domino.