Presentare
un album che può vantare importanti collaborazioni è fatto abbastanza usuale, che
riguarda sia nuovi musicisti che quelli che hanno fatto al storia del rock
italiano. Spesso l’incontro è occasionale mentre a volte è il risultato di una
ricerca precisa. Avere la possibilità di poter contare su artisti del calibro
di Dave Weckl e Mike Stern non può che impreziosire il “momento musicale”che si decide
di proporre, ma a giudicare da questo “Riding
Giants”, non ci sono ne
voglie ne necessità che possano indurre i due”giganti” a ergersi, uscendo dal
contesto per affermare il loro talento. Il gioco di squadra è al contrario palese, e Cristiano Parato pare tenga saldamente nelle mani
le redini del gioco.
Virtuoso del basso, nelle righe a seguire si
“scopre un po’”, spaziando su vari aspetti relativi al pianeta musica e non
solo al mondo “Parato”.
Dodici brani
strumentali infarciti di funky, jazz, tempi dispari e… melodia. Le eccelse doti
tecniche dei singoli restano in primo piano, ma esiste uno scenario superiore, orchestrale, che aiuta a dosare i vari
componenti con una risultate di incredibile effetto.
Parato
“parla” attraverso i suoni e utilizza il basso elettrico per raccontare le sue
storie e per soddisfare la propria e altrui voglie di ritmo. Ogni episodio si
distingue dal precedente anche se si ha quasi l’impressione di trovarsi di
fronte ad un concept album, affermazione azzardata quando si tratta di musica
strumentale, ma in fase di realizzazione è probabile che si consolidi il legame
tra “pezzi” che, pur privi di liriche, dimostrano un unico filo conduttore
ideale.
La sezione
fiati, unitamente agli archi, contribuisce a donare la sensazione di musica “matura”, che non significa
ne vecchia ne profilo affine, ma
completa, quasi ridondante, capace di diventare modello da seguire.
L’album si
sviluppa melodicamente in crescendo e
quando si arriva a C DREAM,
ultima traccia, si tocca mio giudizio un
punto altissimo, un brano capace di “smuovere” i sentimenti più reconditi, dopo
che il funky spinto è riuscito a provocare altri tipi di scossone.
Varietà di
suoni, talento, trame aritmiche e, mi ripeto, straordinario senso melodico.
Davvero un
album godibile.
L’INTERVISTA
Partiamo dalla fine, cronologicamente
parlando, e cioè dal 2011, anno in cui alcuni importanti incontri hanno dato
nuovi impulsi al tuo lavoro. Come è stato l’impatto con Dave Weckl e Mike Stern, e quanto sono stati determinanti nella
realizzazione di “Riding Giants”?
L’impatto è stato notevole, sia dal punto di vista musicale, che
da quello umano; ho incontrato due grandi persone, disponibili, sensibili e
ovviamente esageratamente professionali. Il progetto “Riding Giants” è nato il
giorno in cui Mike e Dave mi hanno dato la loro disponibilità. Ovviamente la
gran parte dei brani esisteva già, ma le stesure definitive e gli arrangiamenti
sono stati condizionati dalla loro
presenza. Un brano in particolare, “Escape Plane”, l’ho scritto appositamente
per loro, e ho provato grande soddisfazione quando Mike Stern dopo le
registrazioni a New York, mi disse che era il suo brano preferito. Pensa che il primo titolo, era “X Stern”.
Quali sono i musicisti e i generi musicali che, sin dal momento della tua primaria
formazione, ti hanno guidato sino al momento attuale?
Musicalmente sono nato ascoltando i Beatles, infatti quando il
mio primo insegnante mi chiese chi fosse il mio bassista preferito, io dissi
Paul McCartney, ma sinceramente credo che a quattordici anni conoscessi solo
lui, che comunque considero un grande. Il gruppo che più di tutti ha segnato il
mio cammino musicale sono stati i Police e ovviamente Sting, ma il bassista che
maggiormente a condizionato la mia formazione è stato Jaco Pastorius. Ovviamente negli anni ho
studiato altri bassisti come Marcus Miller, Stanley Clarke, Michael Manring, e
ascoltato altri gruppi come Weather Report, Electrik Band, Yellow Jackets, Yes,
Toto e tanti altri.
Nell’immaginario comune il basso elettrico ha una
funzione ben precisa e cioè quella di costituire il 50 % della sezione ritmica.
Mi è capitato più volte di sentire il “tuo” strumento usato in modi differenti,
non ultimo con lo scopo di essere l’unico accompagnamento di una-splendida-
voce. Che cos’è per te “il basso”, e da chi sei rimasto … incantato nel vederlo
suonare?
Il basso per me è il mio migliore amico, mi diverte, mi fa stare
bene ed è stato fido compagno negli anni difficili dell’adolescenza, quando lo
studio del mio strumento mi impegnava e mi dava la voglia e la possibilità di
sognare, e secondo me i sogni sono fondamentali per la vita di ognuno di noi. A
parte questa visione nostalgica e romantica, credo che il basso più di altri
strumenti, riesce a rappresentare il mio carattere, è incisivo, ritmico,
preciso e melodico. Lo adoro.
Che cosa rappresenta per te una performance live?
Meglio studio o palco?
Di solito si sente sovente parlare di “animale da palco”, io
invece mi considero un animale da studio. Adoro lavorare in studio, perché sono
maniacale nella ricerca del suono, nella scelta delle corde, del set up del
basso e ovviamente mi piace lavorare sugli arrangiamenti e sui mix. Suonare dal
vivo ovviamente è più emozionante, è la vera prova del nove e di solito tira
fuori il meglio dagli interpreti, ma lavorare in studio è altrettanto
impegnativo e gratificante.
Vorrei un tuo giudizio relativo al web: cosa toglie
e cosa da ai musicisti, che siano già affermati o in cerca di visibilità?
Le tecnologie attuali e il web ti permettono una grande facilità
di comunicazione e di scambio tra i musicisti di tutto il mondo, e questo è un
grande pregio, ma di fatto internet ha ucciso il mercato musicale tradizionale
imponendo un sistema di diffusione meno qualitativo, meno affascinante e anche
penalizzante dal punto di vista economico.
Nel comunicato ufficiale di “Riding Giants”, si
evidenzia un mix di ingredienti, tra Latin, funky e fusion, probabilmente il tuo
DNA musicale. Esistono altri “spazi musicali” che ami perlustrare, magari in
momenti di … relax?
In questa
vita così frenetica, il tempo per il relax e l’ascolto della musica, è sempre più
sacrificato, ma quando riesco, io ascolto di tutto, soprattutto cose diverse
dalle mie; posso passare da un brano pop ad uno sinfonico, dipende dal mio
stato d’animo. Quando ascolto la musica, per me è importante carpire quello che
l’artista voleva far succedere di preciso quando ha composto e arrangiato il
brano. Ogni artista parte da un’idea e spera che alla fine questa venga
rappresentata, a volte anche solo da un riff o un suono in particolare, ma
quello sarà il messaggio, quella cosa che deve colpire, entrare nella testa e
non uscirne più.
Cosa significa suonare con miti
musicali? Più facile, per la loro professionalità o complicato, per il ruolo
che ricoprono?
Vedi, se
solo quattro o cinque anni fa mi avessero detto che nel breve avrei fatto due
dischi con Scott Henderson, Lele Melotti, Mike Stern e Dave Weckl, avrei riso
pensando che sarebbe stato più facile vincere alla lotteria. Quando ti avvicini
a musicisti di questa caratura, subito provi una sensazione di inferiorità e
soggezione, ma poi quando vedi che loro ti ascoltano, ti seguono, credono in
te, allora tutto cambia, perché ti rendi conto che sono persone normalissime,
che amano confrontarsi accettando, pur essendo all’apice della carriera, nuove
sfide. Credo che il segreto di chi ha sfondato, ovviamente parlando di artisti
seri, sia quello di aver sempre coltivato la creatività e la curiosità senza
mai sentirsi arrivati. Lavorare con loro è ovviamente più semplice, ogni cosa
che fanno non è mai scontata ed è sempre in armonia con la situazione in cui si
trovano.
Cosa rappresenta per te un testo
musicale? Qual è il tuo rapporto, in generale, con le liriche?
Nella
prima fase della mia carriera musicale sono stato autore di testi musicali,
amavo scrivere perché mi dava la possibilità di esprimere tutto quello avevo
dentro ma, ad essere sincero, ora quando scrivo una bella melodia, che venga
suonata da me, o da un altro strumento, a me fa provare la stessa sensazione di
ascoltare un testo cantato. Credo che per la gente il testo sia più immediato,
ma una bella melodia suonata bene, a volte può essere molto più efficace, anche
perché, pur avendo a disposizione più parole che note, i testi oggi giorno,
sono monotoni e scontati.
Mi dai un tuo giudizio su i Talent
Show? Sono davvero una scappatoia?
Lo show
business esiste da quando l’arte ha iniziato a monetizzare, ma la differenza è che
negli anni 50, 60, 70, la caratura degli artisti era ben diversa. Fare il
musicista, era un’esigenza, era un bisogno espressivo dell’artista, poi
sicuramente il prodotto e il personaggio venivano sfruttati al massimo, ma il
talento e le capacità per esprimerlo, venivano prima di tutto. Ora è tutto
diverso, prima si crea uno show, poi si cercano i partecipanti, e poi forse tra
tutti, qualche talento lo si scova
anche, ma è tutto troppo preparato e artefatto, alla fine non riesci più a
capire quanto il talento sia vero, o semplicemente creato a tavolino come certi
atleti, che poi al primo stop o al primo vero esame si dimostrano fragili come
castelli di carte. Io credo nello studio, nella gavetta, nel sacrificio, ma
soprattutto nel fatto di amare e coltivare una passione senza pensare al
successo. Non ho mai smesso di fare musica vivendo a volte anche momenti di
sconforto, ma ora mi trovo a suonare con alcuni tra i migliori musicisti al
mondo, quindi credo che la mia costante voglia di crescere e migliorare stia
dando i suoi frutti.
Prova ad esprime un desiderio
musicale da realizzarsi entro il 2015.
Ho appena
terminato un lavoro molto impegnativo, quindi in questo e momento per me è
difficile pensare a un nuovo progetto discografico. Ora vorrei concentrarmi
sulla promozione, curando oltre all’aspetto mediatico, anche l’aspetto
dell’esibizioni live. Il mio desiderio
più grande sarebbe quello di suonare dal vivo con gli ospiti del mio ultimo CD,
e credo sia fattibile come era già successo con Scott Henderson nel 2010.
Cristiano Parato nasce musicalmente nella
metà degli anni ottanta, quando inizia a suonare il basso elettrico all’età di
quattordici anni, seguito da Marco Gallesi ex bassista degli “ Arti mestieri. La composizione e l’arrangiamento lo
hanno sempre affascinato. Nel 2009, grazie alla collaborazione con il grande
chitarrista americano Scott Henderson e il batterista Lele Melotti, nasce “Ostinato Bass”, dove Cristiano Parato
oltre ad essere compositore e arrangiatore, si cimenta in diverse tecniche
creando uno stile accattivante ed elegante. Segue un anno dedicato
principalmente al discorso live tra cui spiccano esibizioni con lo stesso Scott
Henderson e con il chitarrista Dominic Miller ( chitarrista di Sting da oltre
vent’anni). Nel 2011 Cristiano ha la fortuna di conoscere uno dei più grandi
batteristi al mondo, Dave Weckl, e il
mito della chitarra elettrica Mike Stern. Ne scaturisce una felicissima
collaborazione da cui nasce “Riding
Giants”, elegante produzione in cui i dodici nuovi brani evidenziano la
crescita tecnica, musicale e compositiva dell’artista nostrano. Un evento senza
precendenti in quanto in una produzione
discografica italiana Mike Stern & Dave
Weckl non avevano mai suonato insieme. Un album dalle sonorità importanti, dove
oltre al suono potente e raffinato del basso troviamo un Weckl che riesce ancora una volta a stupire i suoi
fan con pregevoli e deliziosi interventi, precisi, ma mai invasivi, lasciando il doveroso spazio alla band di Parato. Una
bella e costante sezione di fiati
contribuisce alla realizzazione di questo capolavoro arricchito dalla presenza
di Mike Stern: la ciliegina sulla torta! Le parole per Mike non servono a
nulla, meglio ascoltarlo e restare in silenzio... con lui si deve fare così!
INFO
SITO:
DISTRIBUZIONE:
Track list
RIDING GIANTS
Mr WITTY
ESCAPE PLANE
WITH ON HER HANDBAG
SLYLY
THE COLLISION
BLODIE
GIVE SOUL
TWO WINGS
DEVIL IN LOVE
ART OF CHANGE
C DREAM