“Anamorfosi” è la fresca uscita di “Le Maschere di Clara”, band che già sulla carta è facile definire “unica”.
Vediamo perché.
La biografia racconta di tre musicisti che dopo approfonditi studi classici incontrano il rock, elemento che fornisce una garanzia di assoluta qualità tecnica al servizio del ritmo, fatto non sempre scontato in caso di nuovi gruppi.
Il “trio musicale” è situazione comune, ma non è certo usuale l’utilizzo del violino come terzo elemento base, con un compito prettamente melodico, e a memoria non ricordo un solo esempio simile.
Il nome del gruppo ed il titolo dell’album sono anch’essi portatori di messaggi precisi, e nel corso dell’intervista sono evidenziati interessanti particolari che chiariscono gli intenti di questi giovani artisti.
Sulla carta tutto questo é sufficiente per stimolare la giusta curiosità.
E l’ascolto dell’album porta a belle conferme.
La proposta è raffinata, complicata e sicuramente non per palati facili, ma pare di capire che MdC abbiano in mente tutto fuorché degnare di un minimo sguardo l’aspetto commerciale. Le sensazione è di assoluta libertà espressiva, con l’obiettivo ambizioso di creare musica che non abbia paragoni, cercando di soddisfare in primis le esigenze personali, ma traendo enorme piacere dall’accettazione incondizionata riscontrabile in fase live.
Basso/piano e batteria, violino e voce, cinque strumenti capaci di creare pictures coinvolgenti ed inquietanti che lasciano in piena tensione per l’intera durata dell’album.
Ciò che ascolto mi induce a istintive similitudini e a flash back, perché niente come la musica stimola i ricordi, che attraverso di essa restano incancellabili per la vita intera; ascoltare “Anamorfosi” mi ha riportato ad uno dei momenti musicali significativi della mia adolescenza, quando nei primi anni ’70 ebbi la possibilità di vedere i King Crimson nel tour di Larks’ Tongues in Aspic.
La tensione provocata dal violino di David Cross, inserita in un contesto “dosato” alla perfezione, poteva provocare lunghi brividi e un po’ di angoscia, stessa sensazione provata con “Anamorfosi”, anche se i lavori in studio hanno scopi e utilizzi differenti rispetto al concerto.
Le indicazioni che MdC forniscono a seguire, riportano ad una concezione musicale ”visiva”, ad immagini che credo sgorghino a getto continuo, e a mio giudizio non è necessario un posizione mentale precisa per poterle decodificare, essendo più proficuo il lasciarsi andare reinterpretando in modo personale ciò che si capta, piuttosto che sforzarsi di comprendere gli esatti intendimenti di chi propone musica così aschematica, viscerale e lontana da forme tradizionali di espressione.
Anamorfismo significa anche “distorsione”, e conseguente ricerca di un punto preciso per stabilire la verità di cui sempre abbiamo bisogno, ma… Le Maschere di Clara propongono qualcosa di estremamente chiaro, perché limpide sono le idee base e ragguardevoli l’intergrità e la filosofia musicale che li guidano nel percorso. Ora la curiosità è tutta sul versante live, ma, chissà perche, ho la certezza che non ci saranno delusioni.
l’INTERVISTA
Clara è stata indubbiamente una grande musicista e la moglie del compositore Schumann. Le maschere che portava nel “dividersi” tra le cure al marito malato e il caro amico Brahms ci hanno dato l’ispirazione per la scelta del nome.
La vostra è una proposta originale, ma si può fare musica”alternativa”- e soddisfacente- con quattro… cinque… dieci musicisti e rispettivi strumenti. Perché il vostro progetto-molto complesso- prevede tre elementi … c’entra anche qualche sentimento che non ha niente a che vedere con tecnica e professionalità… l’amicizia ad esempio.?
Certo l’amicizia, ma anche il fatto che io (Lorenzo) e Laura siamo fratelli e suoniamo insieme fin da piccoli, rispettivamente al pianoforte e violino. L’essere in tre ci permette di lavorare armonicamente sul concetto di contrappunto Bachiano utilizzando il basso come tappeto armonico tonale e il violino per quanto riguarda la melodia. La voce alla fine si intreccia tra i due strumenti creando una sorta di trio da camera, condito dalla precisione ritmica della batteria.
I vostri studi classici si sono mischiati alla voglia di rock. Esistono delle band o degli album guida, su cui concordate, che vi hanno segnato per la vita?
Per quanto mi riguarda, nel nostro contesto musicale, non esistono band di riferimento, ascolto prevalentemente musica classica per trarre ispirazione. Volendo si potrebbe parlare di alcune band prog degli anni 70, che nel loro fermento musicale hanno utilizzato stilemi prettamente classici. Ma il contesto culturale e sociale degli anni 70 è ben diverso da quello che cerchiamo di proporre noi attualmente. Il rock che rigetto nei miei pezzi arriva da certi gruppi noise, grunge,s toner degli anni novanta. Quello è stato l’ultimo grande periodo rock della sua storia.
Cosa accade -se accade- di magico nei vostri concerti?
L’ultimo giornalista che ha parlato di un nostro live, l’ha descritto come una sorta di trance emotiva nella quale il pubblico era totalmente assorto nell’ascolto dei pezzi, tanto che a tratti il silenzio nella sala stracolma sembrava irreale. Il live è senza ombra di dubbio la nostra essenza, in quel momento possiamo catturare il pubblico e avvolgerlo spingendolo oltre il semplice ascolto.
Non amo le etichette musicali per cui chiedo a voi come vi si può inquadrare in fase di presentazione, per soddisfare l’esigenza di chi si avvicina alla vostra musica, senza averla ancora ascoltata.
Ricerca di nuove forme musicali. Anticonformismo tonale.
Si scrive musica per se stessi, ma nel momento in cui si viene allo scoperto nasce l’esigenza di diffondere il più possibile la propria filosofia musicale. A chi vi rivolgete principalmente, tenuto conto della particolarità della proposta, che richiede impegno compositivo, ma anche concentrazione nell’ascolto?
Abbiamo la fortuna di lavorare con persone che credono in questo progetto e che stanno spingendo affinché si possa aprire un sentiero nell’attuale melma musicale generale. Vista l’affluenza di persone ai nostri concerti e le tante recensioni entusiastiche di questo periodo posso dire che c’è interesse e voglia di spostare i propri orecchi verso nuove terre.
Che tipo di evoluzione rappresenta “Anamorfosi” nel vostro percorso musicale?
L’inizio di un viaggio interiore che non ha fine. Estrapoliamo ogni nostra emozione interna cercando di ridipingerla su enormi tele musicali.
Perché il titolo “Anamorfosi”?
Perché chi ci ascolta deve partire dall’idea di assorbire la nostra musica da un punto “visivo” ben preciso, così da poterla vedere nitida e prospetticamente perfetta.
Cosa pensate dell’attuale businnes che ruota attorno alla musica?
Non mi interessa. Non faccio musica per soldi.
Quanto spazio occupa nei vostri pensieri l’utilizzo di nuova tecnologia in fase creativa?
Preferisco parlare di nuova armonia in fase creativa. Poi lo strumento con la quale si realizza il tutto ha poca importanza.
Provate ad esprime i vostri desideri musicali, da realizzare nei prossimi tre anni.
Tre dischi, uno di questi con orchestra sinfonica. Trecento concerti. Un tour all’estero.
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Immagini di repertorio