E’ da alcuni giorni in distribuzione il primo album omonimo, CD e vinile, de “Il Tempio delle Clessidre”, distribuito dalla Black Widow Records.
Ho da poco pubblicato la recensione di Richard Milella, dettagliata, capillare ed esaustiva:
http://athosenrile.blogspot.com/search/label/Il%20Tempio%20delle%20Clessidre-recensione
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Fornirò pertanto un mio punto di vista più generale, favorito dal fatto che ho conoscenza diretta di parte del gruppo e ho qualche idea di cosa ci sia dietro a questo lavoro, dal punto di vista della sana sofferenza.
Duro impegno non vuol dire obbligatoriamente risultato di qualità, ma… vediamo con calma.
Ho conosciuto Elisa Montaldo, Fabio Gremo e, poco dopo, “Lupo” Galifi, un paio d’anni fa … non ricordo esattamente come. Avevo visto suonare “Il Tempio delle Clessidre” subito dopo i Delirium, a Genova, ed Elisa Montaldo mi era rimasta impressa. Niente da togliere al resto del gruppo, capace oltretutto di presentare un cantante storico del prog italico come Lupo, ma non posso non rilevare un paio di “gigantesche sfumature”, che prescindono dal valore tecnico/compositivo della tastierista:
-Difficile, quasi impossibile trovare una giovane donna amante della musica progressiva (anche nel periodo d’oro si vedevano col contagocce), e quasi mai tastierista(ricordo solo Virginia Scott dei Beggars Opera).
-Difficile, quasi impossibile trovare la suddetta figura con ruolo di leader o co-leader(neanche la Scott lo era).
Ricordo invece che, alla fine dell’intervista che lei e Lupo mi rilasciarono lo scorso anno, Elisa si preoccupò della dimensione dell’articolo, pensando forse che fosse un’esagerazione, uno svelare eccessivo:
Sono contento di non averlo accorciato!
Perché tanta premessa, tante parole di “cappello”?
L’idea che mi sono fatto è che questo primo album del gruppo sia molto di più di un lavoro da relegare a un determinato momento della vita.
Ci leggo dentro un percorso che vale una storia, un punto di arrivo, che mi auguro coincida con una nuova partenza… come il “camminare su di un sentiero circolare… infinito, senza tempo e dimensione”.
So delle fatiche fisiche e psicologiche di Elisa e mi immagino del resto del gruppo, perché portare avanti un progetto, ambizioso nei contenuti e nella forma, è cosa pesantissima, e il tempo limitato a disposizione gioca sempre contro. E già... sempre il tempo!
Immagino anche l’emozione, la soddisfazione e le aspettative di Lupo, rimasto nella storia musicale italiana col Museo Rosembach con l’album di culto “ Zarathustra”, e sicuramente intenzionato a chiudere il loop, quel “cerchio infinito, senza tempo e dimensione”.
Evidenzio anche un elemento che è la prova di quanto sostengo, scrivo e dico in ogni occasione possibile, e cioè che la musica uccide i gap generazionali. Inutile celare la differenza di percorso di vita tra il cantante e il resto della band, ma se il gruppo di lavoro funziona, se si riesce a miscelare esperienza, conoscenza e voglia di musica, condividendo l’obiettivo, le differenze possono trasformarsi in opportunità di miglioramento.
La conoscenza di alcuni particolari può condizionarmi nel giudizio, ma potrebbe anche essere d’aiuto nel completare un quadro che spesso è fatto di elementi immaginari conditi col feeling derivante dall’ascolto.
Ma cosa ci propone “Il Tempio…?”
Parto dai contenuti, dal messaggio generale, dal filo conduttore che rende di fatto l’album un “concept”.
E’ sempre grande lo sforzo di decodificazione dei testi, spesso uno spazio di cui solo l’autore possiede il totale dominio. Probabile che anche in questo caso non esista una chiave di accesso totale, ed è forse un pregio quello di poter creare differenti scenari sullo stesso copione, ma emergono sentimenti, emozioni e situazioni che sembrano la sintesi di una vita, di una storia di un percorso.
Elemento determinante “il tempo” della nostra vita, dimensione senza coordinate precise, spazio entro cui tutto accade, illimitato o ridotto a seconda del momento in cui ci soffermiamo a riflettere.
E in questo luogo senza dimensione conosciuta viviamo la nostra solitudine, per colpe nostre o altrui…
“… senza guardare mai inizio a raccontare
Quel che negli occhi altrui riesco a vedere.
Ma l’incomprensione si impadronisce di me, tutto svanisce in sguardi spenti e nulla più.”
(Insolita parte di me)
Esistono però luoghi e momenti che rappresentano un porto sicuro e in cui regna l’illusione della “facile soluzione”…
“… tutto ciò che ho sempre cercato giace qui nella stanza nascosta;
tutto ciò in cui ho sempre sperato è ad un passo dalla realtà.”
(La stanza nascosta)
Ma l’amarezza del ritorno alla realtà svanirà solo alla fine di quel percorso “circolare” che riporterà al punto di partenza, quando finalmente sarà chiaro che …
“… per fuggire devo credere al vento, alla musica, all’anima”.
(Antidoto mentale)
E tutto verrà vissuto in piena serenità.
La musica… anche questa mi pare il sunto di una lunga strada intrapresa “secoli” prima.
Facile trovare tracce del passato, ma non voglio ricordarle… non sono poi così importanti.
Giusto per inquadrare il curioso che non ha mai sentito “Il Tempio delle Clessidre”, trattasi di album da catalogare in area progressive, con utilizzo dei strumenti conosciuti ( sezione ritmica e chitarre), più un largo uso di tastiere, tra il classico e il rock, il tutto miscelato, da e con, una voce riconoscibile al primo attacco.
Tutti i musicisti sono tecnicamente molto preparati e le differenti culture musicali di provenienza emergono, senza isolarsi, ma fondendosi.
Credo che il risultato sia eccezionale per “l’orecchio dell’amante del prog”, genere che anche grazie a lavori come questo riesce ad occupare sempre più spazi inattaccabili, fregandosene delle mode e … dei tempi.
Eh sì, il tempo che passa, cresce, si innalza e si piega su se stesso, sino al ritorno all’origine.
Molto curati i disegni di copertina che accompagnano visivamente i differenti momenti dell’album.
D’obbligo una scelta di “pancia” tra i dieci brani.
Da brivido l’introduzione (strumentale) che non ti aspetti… “Verso l’alba” la miglior presentazione possibile a ciò che seguirà.
E poi… mi sono innamorato de “La stanza nascosta”, brano intimistico, dai profondi significati, con una trama al piano che non può lasciare indifferenti.
Mi sono perso la prima performance dal vivo, con la presentazione di parte dell’album e ora sono curioso di sapere se questa prima opera de “Il tempio delle Clessidre” potrà colpirmi allo stesso modo quando sarò seduto in platea, lontano dal mio stereo. Io ho pochi dubbi!
Elisa
Montaldo: voce, tastiere, pianoforte, organo, concertina
Fabio Gremo:
basso
Paolo Tixi:
batteria
Stefano Lupo
Galifi: Vove
Giulio
Canepa: chitarre