Ho visto suonare per
la prima volta dal vivo Paolo Bonfanti a Varazze, il 2 maggio
scorso:
Nella speciale
occasione avevo davanti a me il duo Bonfanti- Treves e il risultato
finale, in termini di qualità e partecipazione, è stato notevole.
A questo proposito
Paolo precisa:
"... lo
spettacolo che hai visto a Varazze non è esattamente quello che ora porto in
giro con la mia band o come solista; con Treves il repertorio è giocoforza
improntato su brani non originali, mentre quando suono a mio nome, la quasi
totalità dei pezzi è di mia composizione (ultimamente con brani anche in
italiano e dialetto genovese)".
Ok, partiamo con
qualche domanda.
Le persone presenti
in piazza Beato Jacopo, a Varazze, non erano di passaggio dopo una mattinata di
sole e spiaggia. Ho l’impressione che il blues, genere di nicchia e
d’importazione, stia vivendo una stagione felice, fatta di pubblico nuovo e di
riscoperte.Cosa pensi in proposito?
Ricomincio a vedere
un po’ di gente intorno ai 20 anni ai concerti ma, nonostante ciò, penso che il
Blues in Italia resti una musica di nicchia; per i musicisti italiani ed anche
europei ed americani è comunque un momento di crisi. A questo si aggiunga il fatto
che il Blues è una musica che in linea di massima ha detto tutto. E’ difficile
sentire qualcosa di “nuovo” nel Blues.
Ho avuto la fortuna
di vedere bluesman esibirsi nel cuore dell’America , ma trovo che i musicisti
italiani che conosco non abbiano minor qualità.
Dal punto di vista
tecnico/strumentale ci sono fior fiore di musicisti qui in Italia; il problema
è semmai più di vocalità e di esatta pronuncia dell’ American English
(specialmente il “gergo” Blues).
Dove sta la
differenza? Perché spesso il “nostro” blues è visto con diffidenza “là, dove
tutto è nato”? E’ la sofferenza l’elemento che fa la differenza?
Secondo me a monte di tutto c’è il problema che esiste, diciamo così, un’ “estetica” blues che vuole che il solista/gruppo sia il più fedele possibile all’/agli originale/i; in questo modo si crea una sorta di “tribute band” blues con musicisti che si vestono allo stesso modo degli americani, usano gli stessi “trucchetti” per coinvolgere il pubblico, etc. etc. La cosa, a mio modestissimo parere, sebbene in qualche modo tenga vivo il genere (se ben suonato) allo stesso modo lo fa rimanere dov’è, non lo fa crescere; ma questa è una cosa che succede anche negli USA, non solo da noi, e succede anche nel rock, p.es.
Ti riporto una frase di un gruppo, i Sonic Youth, che non c’entrano nulla col Blues ma che in qualche maniera hanno capito il problema: “se vuoi fare un tributo, per esempio, a Jimi Hendrix, invece di cercare di rifare i suoi pezzi identici, devi cercare di essere rivoluzionario in campo musicale come lo è stato lui, se ci riesci…questo è il vero atteggiamento da seguire…”
C’è fame di musica e
c’è ovunque voglia di suonare, ma mancano gli spazi. Generalizzando, direi che
difficilmente i gestori delle miriadi di comuni, depositari del “nostro”
denaro, azzardano nel proporre musica che non abbia certezza di gradimento.
Come è possibile rendere reale una giornata come quella che il Raindogs ha
realizzato a Varazze?
Tanti amministratori (di qualunque colore politico, purtroppo) spesso sanno poco o nulla di musica o arte; ecco perché a volte bisogna avere la testa dura come gli organizzatori di Varazze ed insistere. Quando poi vedono i risultati allora si convincono!
Sabato sembrava di
essere a un banchetto self service, con la possibilità di mettere le mani
ovunque, ma perdendo qualche “piatto”, per l’enorme proposta. Ho perso molto. .
Qual è l’artista che secondo te avrei dovuto assolutamente vedere, chi mi consigli di approfondire?
Qual è l’artista che secondo te avrei dovuto assolutamente vedere, chi mi consigli di approfondire?
Tra gli italiani Mauro Ferrarese, il nostro miglior
bluesman acustico; tra gli stranieri non ho dubbi: 9 Below 0! Sono stati
grandiosi! E poi con loro c’era anche il bassista di Rory
Gallagher, Gerry McAvoy!
Passando in Beale
Street si ha la possibilità di vedere lo stesso chitarrista itinerante , che
nello spazio di 2 ore si trova su tre palchi diversi. Avremmo potuto vedere la
stessa cosa a Varazze? C’è questo tipo di solidarietà tra voi musicisti di
blues?
Mi ha colpito una
frase di Fabrizio Poggi che evidenziava come nelle rappresentazioni blues la
differenza tra musicista e spettatore è solo nella posizione, uno di fronte
all’altro. Nel bis dei Nine Belowe Zero alcuni spettatori sono saliti sul
palco e hanno partecipato attivamente. Un musicista ha sempre bisogno del
contatto diretto col pubblico?
Come si fa a vivere
di musica? Visto che il talento e la preparazione non bastano, serve fortuna ?
Saper accettare qualche compromesso? Cos’altro?
Per vivere di
musica in generale bisogna adattarsi a situazioni che molte volte “pagano” poco
dal punto di vista artistico; io ho deciso di continuare a suonare quello che
più mi piaceva; quando ho iniziato (nel 1985) e fino a metà anni ’90 si poteva
pensare di intraprendere una carriera musicale non suonando pop o roba da
classifica; adesso è davvero improponibile, purtroppo.
Cosa significa per un
uomo che decide di intraprendere la via del blues, nascere a Genova, patria di
una miriade di gruppi prog, ma soprattutto di una scuola di cantautori
importantissimi?
Mi racconti una tua
esperienza da lasciare il segno, sulla via del blues?
Un ultima cosa.Quali
progetti hai per futuro?
Da
poco tempo ho una nuova band: un contrabbassista, un fisarmonicista e poi
batteria ed il sottoscritto; l’ultimo album, “Canzoni di Schiena”, è tutto
cantato in italiano e dialetto genovese. Vedremo come e se funzionerà
Dal sito ufficiale di Paolo Bonfanti:
Genovese, classe
1960, ha iniziato a suonare la chitarra nel 1975 con alle spalle studi di
teoria musicale, armonia e pianoforte. Nei primi anni ’80 si è perfezionato con
Armando Corsi e Beppe Gambetta. Nell’estate 1986 ha seguito un corso al Berklee
College of Music di Boston. È laureato al D.A.M.S. di Bologna con una tesi sul
Blues.
Dal 1985 al 1990 è stato il front man di uno dei gruppi più importanti della scena rock-blues italiana, Big Fat Mama, con cui ha inciso tre LPs (l’ultimo un doppio dal vivo), ha suonato nei principali clubs della penisola e nelle più importanti manifestazioni musicali.
Dal 1985 al 1990 è stato il front man di uno dei gruppi più importanti della scena rock-blues italiana, Big Fat Mama, con cui ha inciso tre LPs (l’ultimo un doppio dal vivo), ha suonato nei principali clubs della penisola e nelle più importanti manifestazioni musicali.
Con alcune leggende
del British Blues, come il saxofonista Dick Heckstall-Smith (Colosseum, Alexis
Korner, John Mayall), il batterista Mickey Waller (Jeff Beck, Ron Wood, Rod
Stewart) ed il bassista Bob Brunning (Savoy Brown) ha formato il gruppo
Downtown con il quale si è esibito in Italia ed all’estero.
Ha suonato con Fabio Treves e la sua band, con Red Wine, uno dei più importanti gruppi bluegrass europei, con i quali ha collaborato anche in disco ed ha effettuato un tour negli U.S.A. nel 2002, con Beppe Gambetta (tournée europea nell’estate 1992 con Gene Parsons, ex Byrds). A ciò si sono affiancate un’intensa attività didattica, alcuni articoli e trascrizioni per riviste specializzate, la pubblicazione per la Bèrben di Ancona di un metodo per chitarra country-rock scritto a quattro mani con Beppe Gambetta e vari lavori di produzione artistica (Fabio Treves, La Rosa Tatuata). Del marzo 1994 è la partecipazione (unico musicista italiano) alla rassegna “South by Southwest” ad Austin, Texas.
Ha suonato con Fabio Treves e la sua band, con Red Wine, uno dei più importanti gruppi bluegrass europei, con i quali ha collaborato anche in disco ed ha effettuato un tour negli U.S.A. nel 2002, con Beppe Gambetta (tournée europea nell’estate 1992 con Gene Parsons, ex Byrds). A ciò si sono affiancate un’intensa attività didattica, alcuni articoli e trascrizioni per riviste specializzate, la pubblicazione per la Bèrben di Ancona di un metodo per chitarra country-rock scritto a quattro mani con Beppe Gambetta e vari lavori di produzione artistica (Fabio Treves, La Rosa Tatuata). Del marzo 1994 è la partecipazione (unico musicista italiano) alla rassegna “South by Southwest” ad Austin, Texas.
Dal 1990 si esibisce
con una propria band e come solista e dal 1992 ad oggi ha pubblicato 7 cds e
partecipato come ospite in molti altri altri (Fabio Treves, Red Wine, YoYo
Mundi, La Rosa Tatuata, etc.).
Nel tour di
presentazione del cd GAMBLERS, scritto a quattro mani con il cantautore
newyorkese JONO MANSON (marzo 2003), JOHN POPPER, mitico armonicista dei BLUES
TRAVELER, ha partecipato ad alcuni concerti.
Dal 2002 la band
accompagna regolarmente il grande ROY ROGERS, produttore di JOHN LEE HOOKER nei
suoi tour italiani.
Dal 2004 è membro
della super-band SLOW FEET, insieme con REINHOLD KOHL, fotografo/bassista
bolzanino, ed alcuni grandi del rock italiano come FRANZ DI CIOCCIO, LUCIO
FABBRI (PFM) e VITTORIO DE SCALZI (New Trolls); il primo cd “Elephant Memory” è
del 2007.
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