Oggi do spazio ad un
musicista....
che
ho sempre collegato a Woodstock , per una performance coinvolgente,che ho
rispolverato nel filmato a seguire.
Country
Joe McDonald (Elmonte ,California,
1 gennaio 1942) è un cantautore americano impegnato, esponente di spicco della
contestazione alla guerra del Vietnam.
Viene
immortalato dalla canzone "I feel like
i am fixin to die rag", presente nella colonna sonora del
film sul festival di Woodstock, e che lui cantò persino all'udienza sui fatti
di Chicago del 1968.
La
sua fama sfiorisce presto anche se manterrà alta sino ai giorni nostri, la
memoria di quegli anni, attraverso continue tourneè specialmente in club, ma
anche davanti a platee più grandi, soprattutto in Europa.
Ripropongo
un'intervista del 2005 , dove racconta qualcosa di quei
giorni.
"Venite,
uomini grandi e forti, lo Zio Sam ha ancora bisogno del vostro aiuto, si è cacciato
in un grosso guaio, laggiù
in Vietnam":
e giù mezzo milione di persone a cantare e battere le mani contro l'intervento
militare americano, in un tripudio di pace, amore e musica.
Quella
di Country Joe Mc Donald, con la sua "I feel like I'm fixin' to die
rag", rimane una delle memorabili performance di Woodstock, il festival
della contro-cultura tenuto dal 21 al 23 agosto 1969.
Cosa
ricorda di Woodstock?
L'inizio
e la fine, con le esibizioni di Richie Havens e Jimi Hendrix che ho seguito dal
palco. E poi la gente, oltre mezzo milione di persone: quello fu il vero
spettacolo, furono loro, non gli organizzatori, a creare la dimensione
dell'evento.
Cos'è
rimasto dello spirito di allora?
Qualcosa
che si respira nei piccoli concerti, e non nei mega show da stadi. Certi
spettacoli all'aperto, non tutti, ricordano un po' il clima di Woodstock.
"We
can change the world" cantavano i giovani di allora. Lo crede ancora?
La musica può aggregare persone, convogliare opinioni e quindi portare cambiamenti. È sempre stato così e lo sarà sempre. Perché la musica è una forma d'arte magica, la si fa con niente e la si può trasmettere ovunque.
La musica può aggregare persone, convogliare opinioni e quindi portare cambiamenti. È sempre stato così e lo sarà sempre. Perché la musica è una forma d'arte magica, la si fa con niente e la si può trasmettere ovunque.
Nixon
e il Vietnam, Bush e l'Iraq: ci sono analogie quarant'anni dopo?
Parecchie: sono entrambi egocentrici, bugiardi, lontani dalla gente comune e, quel che più conta, pericolosi.
Parecchie: sono entrambi egocentrici, bugiardi, lontani dalla gente comune e, quel che più conta, pericolosi.
Cosa
pensa del rinnovato impegno politico di artisti come Springsteen, REM, Crosby
& Nash?
Senza essere
irrispettoso verso nessuno, credo che prima di esprimere un'opinione politica
bisogna saper bene ciò di cui si sta parlando. Personaggi come Joe Hill o
Victor Jara hanno pagato sulla propria pelle le scelte compiute: è facile
invece schierarsi se si rischia poco o nulla.
"Support the troops"è la sua ultima
canzone sulla guerra in Iraq.
Volevo scrivere un
pezzo ironico, tipo I feel like I'm fixin'to die rag, e per un anno mi è
frullato in testa "chicken hawk", espressione americana per dire
quando si vuole una cosa, in questo caso la guerra, senza averla mai fatta
veramente.
Stesso
sarcasmo del Vietnam?
Non risparmio nulla a
Bush e dico che questa guerra non è stata fatta in mio nome e che è una
vergogna.
Si
è mai sentito un reduce?
Artisticamente,
potrebbe anche essere un merito. Politicamente invece no, perché sarebbe un
errore mitizzare il passato: gli anni '60 sono stati importanti, ma non bisogna
dimenticare che le condizioni di vita delle donne e dei neri erano allora ben
peggiori di adesso.
A
Woodstock lei incitò la folla a urlare un colossale "vaffan...".
Fu un atto
liberatorio e al tempo stesso di frustrazione verso il sistema. Ancora oggi è
considerata un'espressione trasgressiva e quasi blasfema, figuratevi
quarant'anni fa. Roba da Guinness dei primati: il più grande "vaffa"
della storia.
Lei
fu chiamato Joseph in onore di Stalin. Le è mai pesato questo nome?
Se
mi avessero chiamato Richard, in onore di Nixon, mi sarebbe andata peggio.
Intervista
di Paolo Battifora – IL SECOLO XIX – 20/03/2005
Ascoltiamolo
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