Colmo un’altra mia
lacuna raccontando qualcosa
di Suzanne Vega.
Come al solito, il veicolo
per queste mie “scoperte”è la lettura di libri a tema.
Suzanne è uno di
quegli artisti di cui ho sempre sentito parlare senza poterla collegare ad un
brano specifico.
Dopo aver annotato i
nomi dei brani più famosi, si parte alla ricerca in rete ed ecco il solito:”…ah, era lei che
cantava questa canzone!”
“Luka”, che presento a
seguire, è il classico esempio.
Qualche nota su di
lei.
"Nella mia vita sono stata una baby-sitter, ho
portato a spasso i cani, ho lavorato come animatrice di campeggio (insegnavo
canzoni folk e disco dance), come rappresentante di cosmetici per la Avon (per
una settimana circa), fattorina, bibliotecaria.Come costumista della compagnia
teatrale del Barnard College ho lavato gli abiti di scena e ho stirato la
tunica di Dio per i Drammi Storici".
Nel 1982 Suzanne Vega
lavora come segretaria per l’ufficio stampa di una casa editrice; nel tempo
libero si esibisce nei locali del Greenwich Village e, quando può permettersi
il biglietto del pullman e una stanza di motel, in quelli delle cittadine dello
stato di New York e del New Jersey. Armata solo di voce,
chitarra e coraggio: nata in California nel 1959, un’adolescenza irrequieta nel
quartiere portoricano di New York, convertita dalla danza classica al rock da
un concerto di Lou Reed a cui ha assistito quasi per caso a diciannove anni(
"Sognavo di diventare una cantautrice famosa"), racconterà in
seguito, "per potermi prendere le ferie
quando volevo e firmare ingaggi con qualunque college o locale che avesse
voluto rischiare su di me".
L’understatement è
probabilmente una delle chiavi del suo successo: di lì a quattro anni, farà
registrare per due sere di fila il tutto esaurito alla Royal Albert Hall di
Londra.
A forza di
passaparola fra i fan e di recensioni lusinghiere sui giornali locali, si è
conquistata l’attenzione delle major e un contratto con la A&M Records,
e nel 1985 è uscito il suo primo album, "Suzanne Vega" (prodotto da
Lenny Kaye, già chitarrista di Patti Smith): il successo è stato immediato e i
critici l’hanno acclamata come capostipite di una nuova scuola folk femminile e
raffinata.
Il secondo album,
"Solitude Standing" (1987), trainato dal singolo "Luka" (la
storia, raccontata in prima persona, di un bambino vittima di violenze
familiari), scala le classifiche di tutto il mondo. Le canzoni di Suzanne Vega
affascinano per il tono intimista e la potenza emotiva unite all’estrema
sobrietà del suono e della struttura (il suo stile è stato paragonato al
minimalismo di Raymond Carver); eppure sarà la rilettura in chiave dance di
"Tom’s Diner" ad opera di un duo inglese a dare un ulteriore
contributo al successo planetario del singolo pezzo e dell’album.
I successivi tre lp,
"Days of Open Hand" (1990)," 99.9 F°" (1992) e" Nine
Objects of Desire" (1996) non hanno eguagliato la popolarità di
"Solitude Standing"; ma pubblico e critica continuano a riconoscere
Suzanne Vega come una delle autrici più ispirate e influenti della scena
cantautorale americana. Nel 1999 Suzanne Vega ha raccolto nel libro "The
Passionate Eye" racconti più o meno autobiografici, canzoni inedite e
poesie (che spesso legge sul palco nel corso dei suoi concerti: nell’autunno
del 2000 ha tenuto addirittura un breve tour italiano di veri e propri reading
poetici).
"Songs in Red
and Gray", e’ uscito nel settembre del 2001.
Da un intervista di
Paul Zollo.
Non mi piace l’idea
che per essere un poeta devi startene in disparte e non puoi passeggiare per
strada. La poesia dovrebbe essere parte della vita. Si dovrebbe mischiare tutto
assieme.
Una volta ero in
Texas, durante un tour, e la responsabile della casa discografica mi disse: ”Che
ti andrebbe di fare?”, perché avevamo un pomeriggio libero. Io risposi:”Andiamo
a fare shopping”.
E lei:” Oddio, che
sollievo, allora sei una ragazza normale. Credevo fossi una poetessa. Credevo
che fossi una musona, che saresti rimasta in camera tua a guardare fuori dalla
finestra”. Era sollevata.
Sì, probabilmente sono
una poetessa, ma sento davvero il bisognosi stare tra la gente, di osservare le
persone e parlarci costantemente.