Anche questa estate
sta per terminare e vorrei fare un resoconto personale. Accanto alla routine,
tipica del periodo, per molti versi più piacevole di quella invernale, mi sono
accadute alcune cose che non potrò mai dimenticare, e quindi degne di essere raccontate,
a modo mio. Molte riguardano la musica e i concerti che ho avuto occasione di
vedere.
Immagino che non
tutti possano capire come un concerto riesca ad assumere significati così
elevati, ma credo che per me ogni singola performance sia l'occasione per
venire a contatto con un mondo davvero esclusivo, e in quei momenti la musica
diventa un elemento dentro all'evento.
Il primo episodio della mia
"estate da raccontare" riguarda il concerto all'arena di Verona,
l'11 giugno, con protagonisti "The Who",
ovvero i miei inizi nel preadolescenza e, dopo quanto ho visto, il presente.
A rendere il tutto ancora
più memorabile, la presenza del mio piccolo, di dieci anni, con me per una
serie di circostanze, o forse per un segno del destino.
A seguire, un insieme di foto e filmati che riguardano quel giorno, una miscela del tutto personale, quindi poco interessante dal punto di vista musicale, ma forse capace di ricreare l'atmosfera di quel giorno.
A seguire, un insieme di foto e filmati che riguardano quel giorno, una miscela del tutto personale, quindi poco interessante dal punto di vista musicale, ma forse capace di ricreare l'atmosfera di quel giorno.
Subito dopo il mio
commento del post concerto, già pubblicato su altri siti.
Nei prossimi giorni
proseguirò con la mia storia estiva.
Mercoledì,13-06-2007
Lunedì ho assistito al concerto degli Who, all’Arena di Verona.
Se retoricamente mi
venisse chiesto come è andato il concerto, ed io rispondessi con la rigida
successione degli eventi, descriverei un disastro.
In realtà ho
assistito, forse, al miglior concerto tra i tanti a cui ho partecipato.
La mia affermazione
ha bisogno di un po’ di preparazione, ed e’ comunque rivolta a chi come me
valuta l’insieme, al di la dei tecnicismi esasperati che certi miti sono
in grado di fornire sul palco.
Ho iniziato a pensare
a questo evento molti mesi fa, prima ancora che i biglietti fossero in vendita.
Lo idealizzavo come
forte sollecitazione di memoria e cuore.
Non avevo ancora
dieci anni quando dal registratore a bobine dei miei genitori comparve, tra le
altre cose, Substitute.
A quell’età
iniziavano i miei primi pruriti musicali, e gli Who, così come molti altri
gruppi, non mi hanno più abbandonato, avvolgendo la mia immaginazione con
musiche e drammi variegati.
Questa condizione mi
ha spinto a comprare due biglietti ricercando i migliori posti possibili,
all’apertura delle vendite on line.
Due biglietti senza
sapere se a distanza di mesi sarei riuscito a spostarmi, due biglietti senza
sapere a chi fosse destinato il secondo, ma con la speranza della
partecipazione di un familiare, per poter condividere l’esperienza.
Per una serie di
circostanze, alla fine ho chiesto a mio figlio che ha quasi dieci anni… la
storia si ripete.
Lui sa già chi era
Keith Moon, per colpa mia, e dopo aver visto alcuni filmati che lo riguardano
lo ha soprannominato il batterista
pazzo.
Comunque accetta di
seguirmi, anche se ho la sensazione che voglia farmi un favore.
Poco importa, penso,
saprà rivalutare col tempo questa esperienza, qualunque cosa accada.
Arriviamo a Verona
col sole e ci avviciniamo al luogo dell’evento perannusare l’atmosfera.
Appena possibile
entriamo, e sono forse le 20.
Mentre un trio di
rockettari americani si esibisce, mi guardo attorno e l’emozione sale.
Non vedo nessun altro
bimbo in giro e faccio notare al mio piccolo quanto sia fortunato: chissà se
condivide!
Il cielo rumoreggia,
ma sembra ancora sereno e alle 21 .15 The
Who iniziano.
Le prime gocce
arrivano con Substitute, e
siamo solo al secondo pezzo.
Ci copriamo con
ombrelli e k-way, immaginando che il problema sia solo nostro e che il palco
coperto assicuri la protezione adeguata, ma non é così, ed il vento completa
l’opera: lo stato di sicurezza viene a mancare.
Alla quinta canzone i
riflettori si spengono e Pete si congeda dicendo qualcosa del tipo: ”Di
solito siete voi a bagnarvi e non io!”.
Ed è il
diluvio.
Ripariamo tutti nei
meandri dell’Arena, delusi e quasi certi della sospensione.
Cerco le parole per
giustificarmi davanti mio figlio, ma non servono, lui si sta divertendo
lo stesso.
Dopo forse un ora
i movimenti nei cunicoli fanno capire che si rientra.
La maggior parte del
pubblico e’ rimasta sulle gradinate, in speranzosa attesa.
Qualcuno dal palco ci
dice che lo spettacolo riprenderà, mentre si asciugano strumenti e pavimento.
Un sospiro di
sollievo.
The Who
rientrano e ripartono le immagini di sottofondo, quelle proiezioni che
purtroppo non ho potuto godere appieno per mancanza di visibilità.
Si riparte con Behind Blues Eyes, ma …. ecco
il dramma di Roger.
La voceè sparita,
nascosta dal freddo e dall’acqua di questa sera maledetta.
Daltrey smette di
cantare e impreca, mentre gli altri lo guardano attonito.
Non e’ il capriccio
di un divo, ma l’impossibilità di dare il meglio di sè davanti al tuo pubblico,
un pubblico che aspetta da quarant’anni anni.
Si ritirano e dopo
poco Pete si ripresenta sconsolato sul palco, accompagnato da uno pseudo
traduttore:
“Roger non ce la
fa, la voce è andata via, siamo veramente dispiaciuti...”
E’ il dramma per
tutti ora.
Ma uno spiraglio si
apre e Towsend ci chiede di aspettare ancora qualche minuto.
E continua a piovere.
Ormai siamo tutti in
piedi e si guarda il palco con difficoltà, nel mio caso tra le aperture
lasciate dagli ombrelli.
Rientrano sotto un
coro di applausi e urla e l’alchimia si compie.
La scaletta non e’
più quella originale, ma si propongono i pezzi storici e Pete prende in mano il
gruppo… da tutti i punti di vista.
Roger continua a
scusarsi, ma non e’ certo da un episodio sfortunato che si traggono giudizi e
la sua immagine non subisce appannamenti, anzi si fortifica.
Cantiamo tutti con
lui e cerchiamo di compensare le sue carenze .
Ma chi mi impressiona
é Townshend.
E’ fantastico dal
punto di vista della ritmica, ma anche i suoi a-solo entusiasmano.
Ma la domanda e’: ”Da
dove arriva tutta quell’energia?!”.
Il braccio rotea come
quarant’anni anni fa, e le sue posizioni sono uniche .
Riconoscerei la sua
ombra fornita di chitarra ovunque…
I pezzi si
susseguono, My generation,
Magic Bus, Won’t Get Fooled
Again, Baba O’Riley, e
io realizzo che mi riapproprio di un pezzo di storia.
E’ un concerto
travagliato dove ho trovato tutti gli ingredienti, dove non c’e’ stata
solo musica, ma una piccola tragedia , nel posto migliore possibile.
E’ un momento in cui
ho rivisto amici, solidarietà per le tragedie personali, voglia di andare
avanti a qualunque costo, con migliaia di persone che hanno spinto sul palco
uomini, forse schiacciati per un attimo dalla delusione.
Mi immaginarla così,
senza pensare al businnes, senza riflettere sulle pressioni che i promoter
avranno esercitato.
Su quel palco c’erano
dei mostri di bravura ed esperienza, uomini in difficoltà, e noi che pendevamo
dalle loro labbra abbiamo contribuito alla realizzazione di un grande concerto.
Gguardando il mio
figlioletto stanco, dopo averlo sentito urlare ”uuuuu ariu uu uu”, ho
immaginato di passargli il testimone, anche se spero di poterlo custodire
assieme a lui, ancora per un po’.
Lo spettacolo finisce
senza bis .
Si esce con
compostezza dall’Arena e ci si tuffa sui banchetti di maglie contraffatte,
tanto da prolungare il sogno.
E l’acqua continua a
cadere incessantemente.
Come al solito sei un grande scrittore..complimenti per un attimo mi hai fatto sentire le tue sensazioni qunati ti trovi davanti ad un gruppo che per tè è storia..
RispondiEliminaa me è successo anche se sono giovane con Neil Young dal vivo..
ancora complimeti ed alla prox!!
Pino