domenica 28 settembre 2025

“Late for the Sky”, il capolavoro di Jackson Browne compie 51 anni



 “Late for the Sky” è il terzo album di Jackson Browne, pubblicato nel settembre del 1974 per la Asylum

 

Per Jackson Browne il 1974 è l’anno del capolavoro. In lui l’estetica della West Coast trova il proprio poeta, con ancor più intimità e riservatezza rispetto a Neil Young. Dal punto di vista lirico, probabilmente, il disco dell’anno 1974.

Late for the Sky è un progetto che va ben oltre la semplice categoria di "album musicale". È un'esperienza, un viaggio introspettivo nell'animo umano, un'opera che cattura l'essenza della malinconia e della bellezza effimera della vita, e rappresenta un punto di svolta nella sua carriera, consacrando JB come uno dei più importanti cantautori della sua generazione.

La copertina dell'album, ispirata a Magritte, è già di per sé un manifesto: una casa illuminata al crepuscolo, con un'auto parcheggiata di fronte.  Una immagine che sintetizza perfettamente l'atmosfera sospesa e malinconica che pervade tutto il disco. È come se Browne invitasse l’ascoltatore a riflettere sulla fugacità del tempo, sulla bellezza che sfuma e sulle ombre che si allungano.

Le canzoni di Late for the Sky sono vere e proprie poesie in musica, che affrontano temi universali come l'amore, la perdita, la solitudine e la ricerca di un senso. Browne, con la sua voce calda e malinconica, riesce a toccare le corde più profonde dell'animo del fruitore della sua proposta. I suoi testi, ricchi di immagini evocative e di una profonda sensibilità, riflettono le inquietudini e le speranze di un'intera generazione, quella dei figli dei fiori che si trovavano a fare i conti con la dura realtà della vita adulta.

Musicalmente, "Late for the Sky" è un disco impeccabile. Le melodie sono semplici e memorabili, ma al tempo stesso profonde ed evocative. Gli arrangiamenti sono raffinati e mai invadenti, esaltando la bellezza delle canzoni. Ogni strumento ha il suo spazio, contribuendo a creare un'atmosfera intima e coinvolgente.

Non resta che ascoltarlo!

 

Lato A

Late for the Sky – 5:36

Fountain of Sorrow – 6:42

Farther On – 5:17

The Late Show – 5:09 

Lato B

The Road and the Sky – 3:04

For a Dancer – 4:42

Walking Slow – 3:50

Before the Deluge – 6:18




sabato 27 settembre 2025

L'ultimo capolavoro compie 56 Anni: “Abbey Road” dei Beatles, un addio perfetto

 


Il canto del cigno: i Beatles salutano con “Abbey Road”


Sono passati esattamente cinquantasei anni dal giorno in cui l'album Abbey Road dei Beatles arrivò sugli scaffali dei negozi. E ogni anno, il 26 settembre, si rinnova la stessa sensazione agrodolce: l'ammirazione per quello che è considerato l'ultimo, vero capolavoro di gruppo, e il rimpianto per l'epilogo ormai imminente di una band che avrebbe cambiato il mondo.

Nel 1969, la musica era in fermento, ma i Fab Four erano sull'orlo del collasso. Eppure, in un ultimo, straordinario sforzo di collaborazione con il produttore storico George Martin, incisero un disco che unisce la loro capacità di innovare con un ritorno al rigore che mancava dalle registrazioni caotiche del progetto Let It Be.

L'immagine che ci accoglie è una delle più copiate, parodiate e analizzate della storia: John, Ringo, Paul e George che attraversano le strisce pedonali proprio di fronte agli studi di registrazione. Niente titolo, niente nome della band. Non serviva.

Quella foto, scattata in pochi minuti, divenne immediatamente l'emblema di un'epoca. E non mancarono le teorie, soprattutto quella del "Paul è morto", alimentata proprio da presunti "indizi" nella foto (Paul scalzo, la targa dell'auto, l'ordine dei componenti). Oggi sappiamo che era solo un'ottima foto, ma il suo potere mitologico resta intatto.

Il Lato A ci mostra quattro compositori al culmine della loro maturità, capaci di spaziare dal rock più viscerale al pop più raffinato.

  • Si parte con "Come Together" di John Lennon, un brano torbido e potente, ricco di groove e di un sound adulto e bluesy che fece subito capire che i Beatles non erano rimasti bloccati nella psichedelia.
  • Segue "Something" di George Harrison, che per la prima volta si impone come un paroliere e compositore di prim'ordine. Ancora oggi, la sua ballata d'amore è considerata da molti critici e musicisti il gioiello del disco, con un assolo di chitarra di George che è pura poesia.
  • Paul McCartney porta il suo eclettismo con la scherzosa e macabra "Maxwell's Silver Hammer" e la potente "Oh! Darling", dove la sua voce roca e straziante rende omaggio al rock and roll delle origini.
  • A spezzare la tensione e a portare un po' di spensieratezza ci pensa Ringo Starr con "Octopus's Garden". Ispirato da una gita in barca in Sardegna, il brano è una filastrocca marina e sognante che ricorda la leggerezza dei primi Beatles, un momento di quiete e semplicità in mezzo al tumulto creativo
  • Il lato si chiude in modo epico e oscuro con "I Want You (She's So Heavy)" di Lennon, quasi otto minuti di heavy blues ossessivo, che si conclude con un taglio improvviso e drammatico, lasciando l'ascoltatore in sospeso.

Il Lato B è ciò che eleva Abbey Road da grande album a capolavoro concettuale.

  • Si apre con l'ottimismo acustico di "Here Comes the Sun" (l'altra immortale traccia di George Harrison).
  • Segue "Because" di John Lennon, un pezzo etereo e quasi mistico, basato su una progressione di accordi complessa, che mostra le voci di Lennon, McCartney e Harrison unite in uno degli intrecci armonici a tre voci più perfetti mai registrati. Un momento di pura, cristallina bellezza.

Dopo questa pausa armoniosa, si entra nel Medley, una suite di otto frammenti musicali che Paul McCartney e George Martin hanno saputo cucire insieme con una maestria ingegneristica.

Il medley è un viaggio, una vera e propria opera rock in miniatura che affronta temi di stress, denaro, sogni e inevitabile resa. Troviamo all'interno le preoccupazioni finanziarie in "You Never Give Me Your Money", il cambio di tono onirico di "Sun King", fino ad arrivare al finale.

Il disco si chiude con "The End", un momento quasi catartico che presenta l'unico assolo di batteria di Ringo Starr in un disco dei Beatles, seguito dal celebre triello di chitarre tra Harrison, McCartney e Lennon, uniti un'ultima volta in una scarica di rock puro. La frase finale di Paul, prima dell'accordetto nascosto di "Her Majesty", è la conclusione perfetta:

"...And in the end, the love you take is equal to the love you make." (E alla fine, l'amore che prendi è pari all'amore che fai.)

A 56 anni dalla sua uscita, Abbey Road resta un testamento della loro genialità e la prova che, anche quando le tensioni erano al culmine, i Beatles potevano ancora produrre musica eterna. Un addio, seppur involontario, di ineguagliabile perfezione.




venerdì 26 settembre 2025

Un raduno storico: i Genesis si riuniscono per il 50° anniversario di 'The Lamb Lies Down on Broadway'

 

Un raduno storico: a 50 anni dall'uscita di "The Lamb Lies Down on Broadway", i Genesis si riuniscono per celebrare il loro capolavoro con un'esperienza sonora unica


Una serata storica ha visto la quasi totalità della formazione classica dei Genesis riunirsi a Londra per celebrare il 50° anniversario di uno dei loro album più iconici, The Lamb Lies Down on Broadway. Tony Banks, Peter Gabriel, Steve Hackett e Mike Rutherford si sono ritrovati al quartier generale di Dolby a Soho per l'anteprima del nuovo mix Dolby Atmos dell'album. L'unico assente era il batterista Phil Collins, attualmente in convalescenza in Svizzera dopo un intervento chirurgico al ginocchio.

L'evento ha offerto ai fan un'opportunità unica di rivedere insieme quattro quinti della band, che hanno assistito alla riproduzione del loro capolavoro del 1974. Dopo la sessione d'ascolto, il quartetto ha partecipato a un'intervista con il giornalista musicale Alex Petridis del Guardian, discutendo del loro rapporto con l'album e scherzando sulla sua complessa trama.

In un momento di ilarità, Peter Gabriel ha ammesso di "non avere idea" di cosa trattasse la storia dell'album, mentre ci sono state delle bonarie battute con Tony Banks sulla durata degli assoli di tastiera. Il nuovo mix Atmos è stato supervisionato da Gabriel e Banks presso i Real World Studios, e i due hanno espresso la loro soddisfazione per il lavoro svolto. "È stato bello tornare al mixaggio con Tony", ha detto Gabriel, aggiungendo scherzosamente che "non sarebbe mai successo 50 anni fa" che entrambi avrebbero chiesto un suono più moderato. Anche Banks ha espresso il suo entusiasmo: "Mi sembra ancora fresco!".

La Super Deluxe Edition per il 50° anniversario, in uscita il 26 settembre tramite Rhino Music, includerà l'album originale rimasterizzato, il nuovo mix Atmos e, per la prima volta in assoluto, lo spettacolo dal vivo completo registrato allo Shrine Auditorium il 24 gennaio 1975, con l'aggiunta di due bis inediti. La ristampa conterrà anche un libro di 60 pagine con note di copertina, foto esclusive e una replica del programma del tour del 1975.

Questo raduno, a mezzo secolo di distanza, sottolinea non solo l'importanza di un album che ha definito un'epoca, ma anche il legame duraturo tra i membri di una delle band più influenti della storia del rock.


mercoledì 24 settembre 2025

Addio a Danny Thompson, un gigante del basso acustico


 


Danny Thompson R.I.P. Questo annuncio è appena arrivato: 

Il leggendario bassista acustico Danny Thompson è morto pacificamente ieri nella sua casa a Rickmansworth, Regno Unito. Un musicista amato e ammirato da tutti quelli con cui lavorava, il suo corpo di lavoro è senza pari nella qualità e anche nel numero incredibilmente variegato di musicisti con cui ha lavorato. Danny era una forza della natura. Un musicista che ha servito la canzone e che ha arricchito la vita di ogni singola persona che ha incontrato. Ci mancherà tantissimo."

 

Il mondo della musica piange la scomparsa di Danny Thompson, il leggendario bassista acustico che si è spento serenamente ieri nella sua casa di Rickmansworth, nel Regno Unito. Musicista amato e ammirato, Thompson lascia un'eredità artistica ineguagliabile per la sua qualità e per l'incredibile varietà di collaborazioni che hanno segnato la sua carriera.

Danny Thompson non era solo un bassista; era una forza della natura, un artista che ha messo il suo talento al servizio della musica, arricchendo la vita di chiunque incontrasse. La sua versatilità lo ha reso un punto di riferimento in generi musicali diversissimi. È stato un membro fondatore dei leggendari Pentangle, band che ha saputo fondere folk, jazz e blues con una maestria unica. Ma il suo genio non si è fermato qui.

La sua impronta si trova in produzioni iconiche, come la sigla della serie TV Thunderbirds, e in collaborazioni che hanno fatto la storia della musica: ha suonato il basso per Roy Orbison in un tour in cui i Beatles erano ancora la band di supporto. Il suo lavoro ha toccato le vette del jazz al fianco di giganti come Tubby Hayes e Stan Tracey, e ha arricchito il suono di artisti del calibro di Kate Bush, John Martyn, Donovan, Nick Drake e Richard Thompson.

La sua capacità di entrare in sintonia con ogni brano, di "servire la canzone" come amava dire chi lo conosceva, lo ha reso un collaboratore prezioso per musicisti di ogni generazione, dai Blind Boys of Alabama a June Tabor.

Danny Thompson era una persona capace di toccare le vite di chi lo circondava con la sua umanità e il suo talento, e il suo vasto e incredibile corpo di lavoro continuerà a risuonare, testimoniando la grandezza di un artista che ha definito un'epoca.






martedì 23 settembre 2025

Gli Yes annunciano la ristampa di "Fly From Here: Return Trip" con un nuovo mix Atmos

Gli Yes hanno annunciato la ripubblicazione di Fly From Here: Return Trip il 28 novembre, distribuita da Cherry Red Records. L'album del 2018, che ha riunito la storica formazione di Drama del 1980, sarà disponibile in doppio vinile, Blu-ray e CD.

La novità principale di questa ristampa è l'inclusione di un nuovo mix Atmos, curato dal rinomato produttore Richard Whittaker. Noto per il suo lavoro su ristampe di band come The Who, Thin Lizzy e Ultravox, Whittaker offre un'esperienza sonora completamente immersiva.

Fly From Here è stato originariamente il ventesimo album in studio della band, pubblicato nel 2011 con il cantante Benoit David. Nel 2016, la band ha lavorato a una nuova versione con il produttore e cantante Trevor Horn, che ha re-inciso le parti vocali, riportando così la band alla formazione di Drama del 1980.

L'album "Return Trip" è stato lanciato nel 2018 in concomitanza con il cinquantesimo anniversario della band. Trevor Horn ha descritto il progetto come un "atto d'amore", mentre il chitarrista Steve Howe ha commentato: "È fantastico avere la formazione originale dei Drama che suona 'Fly From Here' e molti altri brani a cui Trevor ha contribuito in modo significativo".

L'edizione Blu-ray del 2025 offrirà un'esperienza d'ascolto completa con diverse opzioni audio, tra cui il nuovo mix Atmos, 5.1 Surround, Stereo, e le rispettive versioni strumentali, oltre al mix stereo originale.



Yes: Fly From Here: Return Trip
1. Overture
2. Pt I – We Can Fly
3. Pt II – Sad Night at The Airfield
4. Pt III – Madman at The Screens
5. Pt IV – Bumpy Ride
6. Pt V – We Can Fly Reprise
7. The Man You Always Wanted Me to Be
8. Life on a Film Set
9. Hour of Need
10. Solitaire
11. Don’t Take No for an Answer
12.
Into the Storm

 


 

domenica 21 settembre 2025

Rick e Oliver Wakeman in tour insieme per la prima volta negli Stati Uniti


Rick Wakeman, il leggendario tastierista degli Yes, ha annunciato che farà il suo primo tour insieme a suo figlio, Oliver Wakeman.

Con il nome di Rick Wakeman And Son, il tour si svolgerà negli Stati Uniti a marzo 2026.

Il tour inizialmente previsto per luglio 2025 con la cantante Hayley Sanderson era stato cancellato a causa di un intervento chirurgico di Rick. Purtroppo, a causa di impegni preesistenti, Hayley Sanderson non potrà accompagnarlo nelle nuove date.

Anche se i due musicisti hanno condiviso il palco in passato, in particolare durante l'acclamata esecuzione di "The Myths And Legends of King Arthur..." alla O2 Arena di Londra, non avevano mai fatto un tour insieme prima d'ora.

"È sempre un onore per me condividere il palco con uno dei miei meravigliosi figli," ha dichiarato Rick Wakeman. "E per la prima volta, è un'emozione fare un tour con il mio figlio maggiore Oliver. So che sarà molto speciale, soprattutto se, ogni tanto, mi offrirà la cena!"

Il tour promette un'esperienza unica, con brani che spazieranno dalla loro eredità musicale condivisa fino alle loro più recenti composizioni.


Rick Wakeman e figlio

11 marzo: CT Ridgefield Playhouse *
13 marzo: PA Phoenixville The Colonial Theatre *
14 marzo: L NY Poughkeepsie Bardavon *
15 marzo: NH Derry Tupelo Music Hall *
18 marzo: MO St Louis The Sheldon
20 marzo: IL St Charles Arcada Theatre
21 marzo: OH Kent The Kent Stage
22 marzo: OH Cincinnati Ludlow Garage *
24 marzo: VA Richmond The National *
25 marzo: NJ Englewood Bergen Performing Arts *
26 marzo: Huntington The Paramount
28 marzo: RI Westerly United Theatre
29 marzo: NJ Red Bank The Vogel




sabato 20 settembre 2025

Van der Graaf Generator: l'unico concerto americano del '76 rivive in un filmato inedito


Un tesoro nascosto per gli amanti del rock progressivo: un filmato inedito che documenta l'unico concerto dei Van der Graaf Generator negli Stati Uniti negli anni '70 sarà trasmesso in anteprima su YouTube. Si tratta di un evento unico, che cattura la band nella sua storica esibizione al Beacon Theater di New York del 18 ottobre 1976.

Il film, intitolato "Van der Graaf Generator - NYC '76", è stato realizzato dal biografo della band Jim Christopulos. È il risultato di un lavoro meticoloso: i filmati dello spettacolo, raccolti da diverse fonti, sono stati sincronizzati con l'audio del concerto. Tra i brani eseguiti in quella serata leggendaria, figurano classici come "Lemmings", "Killer" e "Man-Erg", oltre a "Still Life" e "La Rossa", dall'album omonimo uscito in quello stesso anno.

"All'inizio di quest'anno, ho montato il filmato del concerto dei Van der Graaf Generator alla Massey Hall di Toronto del '76", spiega Christopulos. "Quel video è stato molto apprezzato dai fan e ha rappresentato il primo filmato di un concerto live dei Van der Graaf mai visto dell'era 'Record Worldwide'. La band era rimasta colpita dal risultato, e così Peter mi ha affidato delle riprese mute dell'unico concerto americano degli anni '70 al Beacon Theater di New York.

I filmati erano stati donati a Peter anni fa da un fan anonimo e consistevano in brevi clip che andavano da pochi secondi a circa 20 secondi l'una. Insieme a Phil Smart, il mio coautore di 'Van der Graaf Generator - The Book', abbiamo deciso che sarebbe stato fantastico realizzare un cortometraggio arricchito dai commenti della band, trasformandolo in una sorta di mini-documentario."

Peter Hammill ha condiviso il suo entusiasmo: "Quando è arrivato il filmato del concerto alla Massey Hall, la mia mente è tornata alle bobine di Super 8 che mi erano state donate anni fa. Non sapevo bene cosa farne, pensavo che pubblicarle senza audio sarebbe stata solo una curiosità. Essendo un vero e proprio reperto storico, non mi sembrava giusto darlo in pasto a collezionisti privati. Alla fine, l'ho digitalizzato e l'ho inviato a Jim."

Il filmato, della durata di 88 minuti, non si limita al concerto: unisce le riprese dal vivo a spezzoni di interviste con tutti e quattro i membri della band e con i commenti dei fan. David Jackson ha lodato il lavoro di Christopulos, definendolo "brillantemente ricercato e realizzato, con un montaggio e una produzione eccellenti. È un perfetto equilibrio tra contributi rivelatori e segreti mai svelati di chiunque sia stato coinvolto in questo evento epico nella storia dei Van der Graaf. Ci sono così tanti elementi che non mi sarei mai aspettato di vedere o sentire. È sorprendente, commovente e toccante, e offre spunti inimmaginabili su momenti perduti nel passato musicale di tutti i soggetti coinvolti."




venerdì 19 settembre 2025

55 anni fa usciva "After the Gold Rush", di Neil Young


After the Gold Rush è il terzo album in studio di Neil Young, pubblicato il 19 settembre 1970 dalla Reprise Records.

Dopo l’enorme successo di Déjà Vu, Neil Young abbandona Crosby, Stills e Nash, lasciandoli interdetti. Non ci vuole molto per capire che è la scelta giusta: After the Gold Rush è uno dei grandi capolavori di Neil Young, l’anticipatore dello stile e dei temi che avrebbero visto il successo mondiale con Harvest.

I media non capirono immediatamente la portata artistica dell’album, che è stato ed è il punto di riferimento assoluto per chiunque si sia avvicinato alla canzone folk negli ultimi cinquant’anni.

After the Gold Rush è un album che va ben oltre la semplice somma delle sue parti. È un'opera complessa e sfaccettata, che invita l'ascoltatore a un viaggio profondo nell'anima di Neil Young e nei tumulti di un'epoca che stava cambiando.

Le trame musicali di After the Gold Rush sono caratterizzate da una straordinaria varietà di sonorità. Le chitarre acustiche ed elettriche di Young si intrecciano con arrangiamenti orchestrali, strumenti a fiato e percussioni, creando un tappeto sonoro ricco e avvolgente. Questo mix di generi diversi, dal folk al rock, dal country al pop, è uno dei segni distintivi dello stile di Young e conferisce all'album una profondità e una ricchezza uniche.

I testi sono veri e propri poemi, carichi di immagini evocative e di un profondo senso di malinconia. Young affronta temi universali come l'amore, la perdita, la speranza e la paura del futuro, ma anche questioni più specifiche legate al suo tempo. La sua scrittura è caratterizzata da una grande sincerità e da una capacità di evocare emozioni intense.

Oltre ad alcuni brani che diventeranno tra i più famosi della sua produzione, l'album contiene numerose altre gemme nascoste, come "Southern Man", una potente denuncia del razzismo nel Sud degli Stati Uniti, e "Tell Me Why", brano che si interroga a proposito delle difficoltà di crescere e di prendere decisioni difficili.

After the Gold Rush è un album che ha lasciato un'impronta indelebile nella storia della musica e la sua influenza si sente ancora oggi nel lavoro di molti artisti.

È buona cosa consigliare ai giovani di oggi l’ascolto di After the Gold Rush?

Sì, pe svariati motivi… in sintesi!

Per la sua attualità: i temi a affrontati da Young sono ancora oggi estremamente rilevanti.

Per la sua bellezza musicale: la musica di "After the Gold Rush" è un piacere per le orecchie.

Per la sua capacità di evocare emozioni: le canzoni di Young sono in grado di toccare il cuore e l'anima.

"After the Gold Rush" è un album che va ascoltato, riascoltato e riscoperto. È un viaggio introspettivo e sociale che ci invita a riflettere sul nostro mondo e sul nostro posto in esso. È un capolavoro che ha resistito alla prova del tempo e che continuerà a farlo per molti anni a venire.

Non resta che ascoltarlo cliccando sul titolo…

 

Lato 1

Tell Me Why – 2:54 (Neil Young)

After the Gold Rush – 3:45 (Neil Young)

Only Love Can Break Your Heart – 3:05 (Neil Young)

Southern Man – 5:31 (Neil Young)

Till the Morning Comes – 1:17 (Neil Young)

Lato 2

Oh, Lonesome Me – 3:47 (Don Gibson)

Don't Let It Bring You Down – 2:56 (Neil Young)

Birds – 2:34 (Neil Young)

When You Dance I Can Really Love – 4:05 (Neil Young)

I Believe in You – 3:24 (Neil Young)

Cripple Creek Ferry – 1:34 (Neil Young)




mercoledì 17 settembre 2025

L'incredibile performance di Jeff Beck a The Midnight Special


Un archivio online in continua espansione di classici musicali ha pubblicato un'altra perla: la performance completa di Jeff Beck del 1975 del brano "You Know What I Mean" dal suo capolavoro jazz fusion Blow by Blow. La registrazione, tratta dallo show televisivo The Midnight Special, mostra Beck affiancato da un gruppo di musicisti stellari.

Durante l'esibizione, Beck, ospite di Billy Preston, è supportato da una band eccezionale. A fargli compagnia ci sono il pianista Preston, il batterista Ollie Brown, il percussionista Buddy Miles, il tastierista Max Middleton (co-autore del brano) e il bassista Willie Weeks.

Ma la vera chicca per i fan è lo strumento imbracciato dal chitarrista: la leggendaria Gibson Les Paul Oxblood del 1954, la stessa immortalata sulla copertina di Blow by Blow. Questa iconica chitarra è stata venduta all'asta all'inizio dell'anno per una cifra sbalorditiva, superando il milione di sterline. La copertina dell'album, che raffigura Beck con la sua Les Paul, è un ritratto stilizzato dipinto da John Collier, noto per aver creato illustrazioni per album di artisti come Donny Hathaway e Billie Holiday.

Sebbene "You Know What I Mean" non sia entrato nelle classifiche, "Blow by Blow" è diventato un successo incredibile grazie all'ampia diffusione radiofonica di altri brani come "Cause We've Ended as Lovers", "She's a Woman" e "Freeway Jam". L'album ha raggiunto la Top 5 nella classifica di Billboard e ha ottenuto la certificazione di platino nel 1986.




martedì 16 settembre 2025

Due anni fa ci lasciava John Marshall, leggenda dei Soft Machine


Il 16 settembre del 2023, all'età di 82 anni, ci lasciava John Stanley Marshall. 

Batterista inglese, membro fondatore del gruppo jazz rock Nucleus, era nato il 28 agosto 1941. Dal 1972 al 1978 fu il batterista dei Soft Machine, sostituendo Phil Howard.

Marshall era nato a Isleworth, nel Middlesex, e nel corso della sua vita ha suonato con varie band e musicisti jazz e rock.

Dal 1999, ha lavorato con ex co-musicisti dei Soft Machine in diversi progetti legati alla Soft Machine, come SoftWare, SoftWorks e Soft Machine Legacy. Era stato in tour come membro della band, che opera di nuovo sotto il nome di Soft Machine, dal 2015 al 2023.

Mi è capitato di vedere una sua performance da pochi metri, direttamente sul palco, molti anni fa, e di quell’articolo (lettura intera cliccando a questo link: https://athosenrile.blogspot.com/2011/03/ge-prog-festival-2011-1-serata.html) estrapolo la parte relativa alla loro performance.

E poi una chicca video, seppur di pessima qualità, ripresa da pochi passi.

 


Genova: estratto dal commento del 3 aprile 2011 intitolato

“Soft Machine Legacy/Tempio delle Clessidre al Ge-Prog Festival 2011”

 

E viene la volta dei Soft Machine Legacy, una vera eredità del gruppo originario.

Il progetto, nato nel 2004 dopo il re-incontro di Hoog Hopper, Elton Dean, John Marshall e John Etheridge, cambia attori durante il percorso, per la prematura scomparsa di Dean e Hopper, ma con l’entrata di Roy Babbington si ricompongono i 3/5 del gruppo originale, tra il 1975 e il 1978. La ciliegina sulla torta è il fiatista Theo Travis.

Un tuffo tra vecchi ricordi mi porterà a commentare, con un “nuovo amico”, alla fine della performance, che l’unica volta in cui vidi i Soft Machine eravamo nei primi anni ’70, stessa città, Genova, ma era il Teatro Alcione il luogo dell’esibizione.

Li ritrovo dunque dopo una vita e mi viene spontaneo condividere qualche pensiero ad alta voce con una giovane donna, sempre dalla mia postazione privilegiata a lato del palco; osservo tutti quei ragazzi indaffarati, avanti e indietro, tra i cavi elettrici e i piatti della batteria, quasi “insensibili” alla storia della musica che li sta sfiorando (ma ovviamente per loro è un lavoro). Di certo non potrebbero mai capire cosa può provare un uomo “antico” come me, un tempo incantato dalle icone di Marshall e soci, sulle copertine dei vinili, e ora a due passi da loro, con la possibilità di sentirli chiacchierare prima dell’esibizione, o in attesa della chiamata per il bis, con le mani glissanti sulle tastiere non amplificate!

È questo il lato più romantico di tutta la faccenda, probabilmente comune a molti dei presenti.

Non suonano tantissimo i SML, forse un’ora e un quarto, ma … questa è la musica.

Difficile collocarli appieno nell’area prog, ieri come oggi, perché il jazz che ci regalano non lascia spazio ad interpretazione alcuna. E suonare jazz, anche se miscelato e arricchito, può significare dedicarsi solo ad una élite di persone. Leggere l'autobiografia del mitico Bill Bruford per saperne di più.

Resto incantato da tutti. I fraseggi di Etheridge sembrano improvvisazioni, ma non lo sono. Il basso di Babbington è qualcosa che necessita di spartito, ed anche il suono è estremamente preciso. Marshall sembrerebbe il più dimesso, ma da un incredibile saggio di bravura nel corso di un assolo, e poi… che tempi riesce a tenere! Theo Travis sembra capitato per caso sul palco, per il suo modo educato e delicato di muoversi, ma credo sia unico, con complicati passaggi al sax alternati a momenti di estrema dolcezza, all’insegna del flauto traverso.

Tutto bene, al di là delle mie personali aspettative.

In tutta onestà credo che un evento simile avrebbe meritato un tutto esaurito, ma… rileggiamoci il libro di Bruford.





lunedì 15 settembre 2025

Il 15 settembre 2004 ci lasciava Johnny Ramone


Il 15 settembre 2004 moriva a Los Angeles Johnny Ramone, l'uomo che contribuì a costruire il punk rock, mattone su mattone, nota dopo nota. Aveva 55 anni e da tempo combatteva la sua battaglia personale contro il cancro alla prostata. Con la sua scomparsa, se ne andò il terzo membro fondatore di una band che cambiò la musica per sempre.

Mentre i riflettori spesso erano puntati sul carisma di Joey Ramone o sulla follia di Dee Dee, Johnny era la forza motrice, il martello che batteva il tempo. Il suo stile chitarristico era tanto semplice quanto rivoluzionario: una raffica incessante di accordi in "downstroke", suonati con una velocità e una precisione maniacale. Non c'erano assoli, non c'erano fronzoli inutili. Il suo era un muro di suono compatto, un'onda d'urto che ha definito l'estetica del punk.

Johnny non era un virtuoso, ma non ne aveva bisogno. La sua tecnica era funzionale a un unico scopo: creare un'energia viscerale, cruda e implacabile. Ascoltare canzoni come "Blitzkrieg Bop" o "I Wanna Be Sedated" significa captare la sua chitarra che macina senza sosta, spingendo il brano in avanti come un treno merci impazzito. Era la disciplina, la coerenza e la brutalità sonora del punk, il suo cuore pulsante.

Johnny non era solo un musicista; era l'anima e la mente manageriale dei Ramones. Rigido, testardo e con una visione chiara, era lui a tenere saldamente le redini della band, assicurandosi che il loro sound rimanesse fedele alle origini. Le sue posizioni politiche, apertamente conservatrici, lo distinguevano dal resto della scena punk, rendendolo una figura ancora più complessa e controversa, ma sempre autentica.

La sua scomparsa, a soli tre anni di distanza da quella di Joey e due da quella di Dee Dee, segnò la fine di un'epoca. Con la morte di Johnny Ramone, il trio che creò il sound originale scomparve. Ci rimane il loro inestimabile lascito: canzoni da tre minuti che hanno ispirato generazioni di musicisti a prendere in mano una chitarra, a scordarsi le regole e a suonare il rock'n'roll per il puro piacere di farlo. La sua musica continua a vivere in ogni accordo, in ogni pogo, in ogni giovane band che suona con il cuore in mano.

 





Ricordando Richard Wright



Il 15 settembre del 2008 ci lasciava, a 65 anni, Richard Wright, uno dei padri dei Pink Floyd, tastierista e compositore dopo l'uscita dal gruppo di Syd Barrett.
Lo voglio ricordare con un articolo trovato in rete in quei giorni…

"Si è spento ieri Richard Wright, co-fondatore e tastierista dei sempre e per sempre leggendari Pink Floyd, «dopo una breve lotta contro il cancro», così la famiglia, tramite un portavoce, ne ha dato l'annuncio, senza fornire ulteriori particolari, ma chiedendo il rispetto della privacy. Richard William "Rick" Wright (questo il nome completo), era nato a Londra 65 anni fa, unico nella formazione originale della band britannica a non essere originario della provincia.
Da adolescente frequenta brevemente il London College of Music, formandosi alla musica jazz. Ma l'esperienza dura poco e presto si iscrive ad Architettura dove incontra due dei suoi futuri compagni, Roger Waters, autore di tutti gli anni migliori della band, e Nick Mason.
Nel 1963 nascono i Pink Floyd.
Con Waters, Wright e Mason c'è anche Syd Barrett (morto il 7 luglio del 2006, a 60 anni, dopo anni passati a inseguire i fantasmi della propria mente), che in seguito viene sostituito dal raffinato David Gilmour.
Ed è proprio dopo l'uscita di Barrett dal gruppo che Wright ne diviene il compositore melodico, dando l'impronta decisiva ad alcuni fra i brani più famosi come "A Saucerful of Secrets", "Echoes", e "Shine on You Crazy Diamond".
Suoi anche alcuni fra i pezzi di maggior successo commerciale: le due canzoni dell'album "Dark Side of the Moon", del 1973: "The Great Gig in the Sky" e "Us and Them", e "Keep Talking", tratta da "The Division Bell "del 1994.
Impossibile, poi, non ricordare "Sysyphus", dell'album "Ummagumma", del1969, e "Summer '68 ", dell'album " Atom Heart Mother", del 1970.
Durante la registrazione di "The Wall", del 1979 scoppia la bufera: Roger Waters chiede a Wright di andarsene.
La causa è lo scarso rendimento, causato, lo accusa, da un eccessivo uso di cocaina.
Wright smentisce, ma se ne va anche se continua a suonare nei concerti del 1980 e 1981 che promuovono l'album, ma solo come musicista.
L'album successivo, "The Final Cut" (1983), dedicato alla memoria del padre di Waters, morto ad Anzio durante la guerra e ultimo disco della formazione originaria, è l'unico a cui Wright non contribuisce come autore.
Ormai è definitivamente allontanato da gruppo.
Nel 1984 forma un gruppo con Dave Harris, gli Zee.
Ma il primo album, "Identity", è un completo insuccesso.
Nel 1987 viene chiamato da Gilmour per dare una mano durante le session conclusive di "A Momentary Lapse of Reason" e poi formalmente "reintegrato" a pieno titolo come membro del gruppo con l'album "Delicate Sound of Thunder "(1988).
Nell'album successivo, "The Division Bell" (1994), scrive cinque canzoni e canta "Wearing the Inside Out.

Incoraggiato dal decisivo contributo fornito a The Division Bell, nel 1996 Wright pubblica il suo secondo album da solista, "Broken China", in cui tra gli ospiti appaiono talenti come Sinead O'Connor, Pino Palladino e Tim Renwick.


Nel frattempo gli screzi e le battaglie legali per il possesso del nome sembrano aver irrimediabilmente allontanato Waters dagli altri musicisti e sembra quindi un piccolo miracolo vederli di nuovo tutti e quattro, nel luglio del 2005, sul palco del Live 8, in Hyde Park.
L'anno seguente Wright ritorna nello studio di registrazione con Gilmour, per collaborare con lui ancora una volta, al terzo album da solista di quest'ultimo, "On an Island", suonando in due brani.
Erano proprio loro i propiziatori di una possibile, futura reunion dello storico gruppo al completo.
Ma ora ogni sogno è svanito per sempre".




domenica 14 settembre 2025

I Beat (ex King Crimson) in una nuova clip live di 'Thela Hun Ginjeet'

 


Adrian Belew, Danny Carey, Tony Levin e Steve Vai pubblicheranno Beat Live a settembre


I Beat, il supergruppo formato da Adrian Belew, Danny Carey, Tony Levin e Steve Vai, hanno pubblicato un nuovo video live di "Thela Hun Ginjeet", un brano iconico tratto dall'album dei King Crimson del 1981, Discipline. Questa canzone fu il primo dei tre album realizzati dalla formazione di Robert Fripp, Adrian Belew, Tony Levin e Bill Bruford.

Il filmato fa parte del prossimo album live della band, Beat Live – Neon Heat Disease, che uscirà in Blu-ray, vinile e CD tramite InsideOutMusic/Sony il 26 settembre. L'album è già disponibile per il pre-ordine.

"Negli anni Ottanta, Robert Fripp affermò che il quartetto dei King Crimson era forse la migliore band dal vivo al mondo all'epoca", ha commentato Adrian Belew. "Tony, Steve, Danny e io ci impegniamo a onorare questa eredità con ogni singola esibizione che portiamo sul palco".

Anche Steve Vai ha espresso il suo entusiasmo per il brano: "Ascoltavo e adoravo questa canzone quando uscì nei primi anni '80. È una scarica di adrenalina concludere lo show dei Beat con questo pezzo. Fa ballare la gente... in 7/8! Almeno questo è il tempo della mia parte scatenata." E ha aggiunto: "L'intera canzone è un'avventura sfrenata, dal ritmo all'intensità del groove, fino al tema trattato. Dal mio punto di vista, 'Thela Hun Ginjeet' è un capolavoro e sono onorato di suonarla con la band ogni sera."

"Thela Hun Ginjeet" è il terzo brano a essere pubblicato da Beat Live, dopo le versioni di "Frame By Frame" e "Neal And Jack And Me". L'uscita dell'album è stata recentemente celebrata con uno spettacolo unico al celebre Budokan Hall di Tokyo.


Beat: Beat Live tracklist


Beat: Beat Live tracklist

1. Neurotica
2. Neal And Jack And Me
3. Heartbeat
4. Sartori In Tangier
5. Model Man,
6. Dig Me
7. Man With An Open Heart
8. Industry
9. Larks' Tongues In Aspic Part lll
10. Waiting Man
11. The Sheltering Sky
12. Sleepless
13. Frame By Frame
14. Matte Kudasai
15. Elephant Talk
16. Three Of A Perfect Pair
17.
Indiscipline
18. Red
19. Thela Hun Ginjeet





sabato 13 settembre 2025

Steve Morse Band: in arrivo "Triangulation", il primo album dopo sedici anni


 

 La Steve Morse Band pubblicherà a novembre il suo nuovissimo album, "Triangulation"


Steve Morse, il leggendario chitarrista noto per le sue collaborazioni con Flying Colors, Dixie Dregs, Kansas e Deep Purple, ha annunciato il ritorno della Steve Morse Band con un nuovo album in studio intitolato Triangulation. L'album, il primo della band da Out Standing In The Field del 2009, uscirà il 14 novembre tramite Music Theories Recordings.

Morse ha anche condiviso il primo brano estratto da Triangulation, intitolato "Break Through", accompagnato da un video musicale...

Per questo nuovo lavoro, Morse sarà affiancato dai fedeli collaboratori Dave La Rue al basso (Flying Colors, Dixie Dregs) e Van Romaine alla batteria. L'album vanta anche la partecipazione di ospiti d'eccezione come John Petrucci dei Dream Theater, Eric Johnson e il figlio di Steve, Kevin Morse.

"Dave e Van sono stati il fondamento di questo trio, e questa registrazione ne dimostra il motivo", ha dichiarato entusiasta Morse. "Questi ragazzi sono musicisti unici e incredibili anche da soli, e insieme la nostra alchimia è magica. Durante la registrazione dell'album, abbiamo suonato insieme, lavorando sulle parti, improvvisando l'uno con l'altro e collaborando agli arrangiamenti. Portavo un'idea e la ascoltavo all'istante, per poi sentirla migliorata. Abbiamo realizzato questo album insieme, e si sente".

Il titolo dell'album, Triangulation, trae ispirazione dal concetto di navigazione. "Deriva dal concetto di aviatori, navigatori e marinai che guardano due punti per individuarne l'esatta posizione in un momento specifico", spiega Steve. "È un concetto geografico che si applica anche alla vita umana a un livello più ampio, e dato il percorso che Morse ha intrapreso negli ultimi anni, è naturale che abbia intrapreso un percorso di auto-scoperta e riflessione".

A seguire la copertina e la tracklist di Triangulation. La Steve Morse Band sarà in tournée in America a ottobre.

 

Steve Morse Band: Triangulation
1. Break Through
2. Off the Cuff
3. TexUS (ft. Eric Johnson)
4. The Unexpected
5. March of the Nomads
6. Ice Breaker
7. Tumeni Partz
8. Triangulation (ft. John Petrucci)
9. Taken by an Angel (ft.
Kevin Morse)